Quando, nel 1998, la gente mi fermava per chiedermi: “Ma davvero porti James Brown ad Asti?”, rispondevo puntua-le: “Sempre che non lo arrestino prima”. Vita oltre i limiti della follia, quella di James, che ha dormito più notti in carcere che a casa sua. Leggendaria la fuga attraverso Georgia e North Carolina, nel 1988, inseguito da dieci macchine della polizia e fermato solo da ventitré colpi di pistola che hanno forato le gomme del suo pick-up. Sei anni da scontare al South Carolina’s State Park Correctional Centre, poi ridotti a due per buona condotta e per aver trasformato il coro della cappella del carcere in una poderosa formazione gospel.
Prima di Asti, avevo già incassato almeno due delusioni: al Sistina di Roma nel 1988 e a Montecarlo nel 1992. Concerti fiacchi, davanti a una platea semivuota. Ad Asti andrà molto meglio come affluenza, ma niente di immortale come qualità. Lo rivedrò per l’ultima volta nel 1999, a Milano. Vestito da James Brown in acido – completo color ciliegia, stivaletti di serpente a punta, pantaloni con la zip abbassata e probabile aggiunta di cotone negli slip, medaglione stile Tor Vergata, orologio al polso grande come quelli da muro – gigione come ai tempi d’oro, tra improbabili ricostruzioni autobiografiche (“appena nato, ho smesso di respirare e ho ripreso due ore dopo, per questo sono diverso dagli altri”), smargiassate assortite (“Wojtyla è un mio grande amico”), divertenti concessioni all’autoironia (“un tempo chiedevo che gli organizzatori mi procurassero due ragazze sotto i ventuno anni e una parrucchiera, oggi mi accontento della parrucchiera”) e punzecchiature (“l’altra sera mi sono esibito a Nizza, in Francia. Tra il pubblico ho riconosciuto Mick Jagger e l’ho invitato sul palco, ma lui ha rifiutato. Lo capisco: è troppo piccolo di statura al mio confronto”).
Gli chiedo come abbia fatto a tornare in forma così velocemente. “Vita morigerata, niente alcol, cibo sano e molto sesso.” La sera, dopo l’ennesimo concertino pacchiano e tirato via di chi sa di aver fatto la storia e di poter vivere di rendita, mi fa entrare in camerino. Dentro c’è una ragazza dai capelli rossi, avvenente e appariscente. James Brown mi dà la scaletta del concerto che gli avevo chiesto e poi si toglie la camicia. Sotto ha una pancera che comprime. Quando se la toglie, emerge una pancia da balenottero. Altro che vita morigerata, niente alcol e cibo sano. Era solo una pancera. Piccoli trucchi da star. Come la parrucca di Tina Turner.
(Leggi le puntate precedenti: Nick Cave, Shakira, Rita Marley, Fabrizio De André, Vinicio Capossela, Robert Plant, Nico, Pupo)
Il testo qui sopra è tratto, per gentile concessione dell'editore e dell'autore, da "Pleased to meet you - Spigolature pop", il libro di Massimo Cotto pubblicato da VoloLibero, che presenta "duecento artisti ritratti con un flash, con uno scatto rubato".