X Factor, eliminato Gabriele Esposito. Negli inediti vince l'inglese e il già sentito

Si è conclusa la quinta puntata dal vivo di X Factor, undicesima edizione, in cui concorrenti hanno presentato i loro i brani inediti. Sono andati al ballottaggio Gabriele Esposito, dopo la prima manche, e Rita Bellanza, dopo la seconda manche, quella delle cover. La Bellanza si salva nuovamente ed esce Esposito. Tensioni trai i giudici sulla votazione finale con Fedez (mentore dell'eliminato Esposito), che accusa Agnelli per la sua decisione: "Sei solo uno stronzo paraculo".
Parliamo degli inediti, quindi. 4 canzoni in inglese su 8 non sono troppe? Possono funzionare quelle di Maneskin, Nigiotti e Radice. Ma molta, troppa roba che riprende modelli troppo noti, senza infamia e senza lode. Ecco alcune impressioni, brano per brano
Maneskin - “Chosen” - Damiano David, Ethan Torchio, Thomas Raggi, Victoria De Angelis, prodotto da Maneskin
L'introduzione in cui la band si presenta è insopportabile, ma in linea con l'attidudine arrogante della band. Un rock un po’ funky, molto crossover stile anni ’90. L'inglese è un optional (sembra una cover di “Prisencolinensinainciusol”) ed è molto già sentita, nel suo genere. Ma funziona: ben eseguita e piacevole, con un buon tiro e buona melodia.
Enrico Nigiotti: “L’amore è” - Enrico Nigiotti, prodotto da Enrico Brun
Un brano cantautorale, minimale e basato su un giro di chitarra e percussioni, che danno un tono nu-folk. Ha il limite di essere un po’ già sentito: (“L’amore è solo carte da scoprire” ricorda molto il “"L'amore è solo carte da decifrare” di Fossati), ma è tra i pezzi migliori. L'esperienza si sente.
Samuel Storm “The story” - Samuel Storm, Rory Di Benedetto, Rosario Canale, prodotto da Fausto Cogliati
Pop soul, minimale e ritmato in partenza, poi sale sul crescendo, accennando pure una parte rap. Piacevole, ma anche qua nulla di nuovo.
Lorenzo Licitra “In The Name of Love” - Ashley Walls/Fortunato Zampaglione, prodotto da Enrico Brun e Fortunato Zampaglione
Originariamente scritta dalla cantante country della Georgia Ashley Walls, adattato da Fortunato Zampaglione. Pop con un grande ritornello e con aperture potenti per esaltare la voce di Licitra (però effettata, e parecchio, nella versione di studio che abbiamo sentito). Sembra un pezzo da Eurovision, che recita: “Love is all we need, in the name of love”. Che originalità…
Rita Bellanza - “Le parole che non dico mai” - Levante, Antonio Filippelli, Alice Bisi
Inizia piano e voce, poi si apre, con un crescendo. La scrittura e la firma di Levante è evidente: a tratti sembra di sentirla cantare. Una canzone senza ritornello, meno immediata delle altre. Probabilmente non basterà a far cambiare direzione alla traiettoria discendente della Bellanza, in calo netto da quando sono iniziati i live.
Ros "Rumore" -Camilla Giannelli, Lorenzo Periuzzi, Kevin Rossetti - prodotto da Rodrigo D’Erasmo e Manuel Agnelli
Riff secchi e ritmi geometrici, sul modello di Franz Ferdinand & Co. Ricorda anche un certo rock anni ‘90: una canzone un po’ urlata, chitarre fragorose e con diversi cambi di tempo - un collega, agli ascolti di questa mattina lo ha definito: “gli Skunk Anansie suonati dai Prozac +”. Non era un complimento…
Gabriele Esposito - “Limits” - Gabriele Esposito, Lorenzo Arciero - Giacomo Pontecorvo, Francesco Pisciotta - prodotto da Fausto Cogliati
Un po' Ed Sheeran, un po' Shawn Mendes, con ritmiche elettroniche su una canzone originariamente scritta su chitarra acustica. Pure troppo. I modelli sono inarrivabili, e la canzone scivola via…
Andrea Radice "Lascia che sia" - Pietro Foglietti/Andrea Radice, prodotto da Ioska Versari
Scritta assieme a Piero Foglietti (Della scuola de L’Officina della Musica e delle Parole di Alberto Salerno, marito della Maionchi, mentore di Radice). A metà tra cantautorato e pop: bella la produzione, con una base sonora che valorizza la voce calda di Radice. La più originale (e difficile) del mazzo.