
Gli spalti, stasera, sono affollatissimi: ci sono molte famiglie – tante con bambini ancora piccolissimi – ad attendere il lussuoso divertissement di Lorenzo Cherubini in arte Jovanotti. Tante sono anche le persone sopra gli “anta”, a dimostrare, semmai ce ne fosse stato il caso, la transgenerazionalità del pubblico dell'artista di origini toscane. Stasera, per lui, niente scaletta: solo una lunga, interminabile jam session, accompagnato dai suoi preparatissimi musicisti: inutile dire che l'attesa sia tanta, vista anche l'aura di mistero che da più di un mese avvolge questo (quasi) secret gig. David Holmes e i suoi scendono dal palco alle 23 e 10, il Collettivo fa il suo ingresso sulla ribalta poco più di un quarto d'ora dopo. Il set si apre col solo Jovanotti alle prese con i turntable, dai quali si stacca poco dopo per prendere il microfono. Sullo sfondo, una sezione ritmica in grande spolvero, quasi troppo per dei suoni non eccessivamente definiti (almeno all'inizio): i tredici elementi, tuttavia, trovano presto la misura e non faticano ad entrare nel groove. Lorenzo si scatena: salta, balla, dirige – a modo suo – l'orchestra, canta, omaggia i Buena Vista Social Club, imbraccia la chitarra. Dopo un lungo assolo di chitarra, sul palco sale il cubano Ramon, al violino, aggiungendo un po' di colore: improvvisamente, però, uno scroscio violento di pioggia fa fuggire dal parterre i fan meno determinati. Sotto il palco, però, nulla sembra cambiare: le mani restano alzate, l'entusiasmo resta alle stelle. Una veloce presentazione del Collettivo, e poi via, si ritorna nel concerto, riaperto da un solo del virtuoso Giovanni Allevi al piano. L'attacco è affidato al singolone “A vida”, dilatato all'inverosimile, che non manca di fare presa. Presenti, seppure in sordina, derive rock in “Panamericana”, che mette per la prima volta la chitarra in (quasi primo piano). All'accenno di “Ja sei namorar” dei Tribalistas, il pubblico offre i primi segni di squilibrio: una robusta sessantenne sotto la nostra postazione improvvisa una samba rischiando di rotolare tre gradini più sotto. Durante l'esecuzione del brano, Lorenzo chiosa: “Non sono di nessuno, tutto il mondo mi appartiene”. Segue, in chiusura, una ripresa di “A vida”: Jovanotti lascia al suo percussionista la parte vocale solista, riservandosi i cori, che però risultano piuttosto stonati. Ma il piatto forte è una versione molto spinta de “L'ombelico del mondo”, proprio sul finale: tra il pubblico trenini, battimani, cori e quant'altro. E qui – dopo un ringraziamento all'organizzazione di Arezzo Wave - si chiude l'unica esibizione del Collettivo (e di Jovanotti) per quest'estate…
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