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Sanremo, Calabrese (Giuria di qualità): ai discografici non importa chi vince

Sanremo, Calabrese (Giuria di qualità): ai discografici non importa chi vince

"In queste situazioni conta la comunicazione e lo spettacolo, lo spazio che si riesce ottenere sui media a partire dal Festival. Sanremo è verticalmente generatore di spazi all'esterno; sarà questo spazio che determinerà il successo e l'efficacia di un brano”. Non lascia nulla all'immaginazione, Omar Calabrese. Il semiologo e docente universitario, membro della 'giuria di qualità', non esita a dire quello che pensa sui contenuti e sui meccanismi del Festival. “I giornalisti danno un'importanza esagerata al risultato, laddove i discografici non ne danno. Se le case discografiche fossero così interessate al voto farebbero pressione su di noi giurati, e posso giurare che non ci ha cagati nessuno. Intervistato da Rockol al termine di una conferenza stampa in cui si è scatenato un'inutile dibattito sui meccanismi di voto (vedi news), Calabrese commenta i contenuti di ciò che ha ascoltato finora.

“In passato si poteva parlare di un genere sanremese, ora invece il Festival propone diversi generi, più vicini a ciò che va nella società, dalla musica dei centri sociali alla disco alla musica melodica più tradizionale, con un livello qualitativo superiore”, spiega. Ciò non significa, però, che la musica del Festival sia diventata rappresentativa di quella che effettivamente si ascolta in Italia: “E' la trasmissione più classicamente nazional popolare che esista, vale soprattutto per mia zia, per la portinaia che non per i ragazzini che poi vivono la musica. Bisognerebbe valutare gli ascolti suddivisi per generazioni, e forse lo si capirebbe meglio. In gara c'è qualche testo o qualche interprete per il pubblico giovane, come Sottotono, Quintorigo e Bluvertigo, Ma sono fenomeni che trovano nel Festival una passerella occasionale. Sono diretti all'esterno, il loro pubblico è fuori di qui”.

Quanto al tanto vituperato meccanismo di votazione, Calabrese spiega il suo metro di giudizio personale, che parte da una premessa non sempre condivisa in ambito musicale: “Non è vero che la canzone sia qualcosa che prelude all'interprete. E' l'esecuzione che la fa vivere”, precisa il semiologo. “Qualcuno, su questa base, ha tentato di risollevare le sorti di Gianni Bella, dicendo che quella canzone era per Celentano. Ma se l'avesse cantata Celentano sarebbe stata un'altra canzone, non quella che dovevamo votare. Per questo motivo, personalmente ho ripartito il mio voto in tre parti, valutando separatamente musica, testo e interpretazione. In alcuni casi, però, un po' tutti ci siamo fatti prendere da alcuni elementi esterni. E' il caso dei i Gazosa, che sono stati premiati soprattutto per la ventata di freschezza che hanno portato al Festival”.

Rockol è a Sanremo: per vedere e ascoltare le interviste realizzate ai protagonisti del Festival, cliccate qui:
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