
Ho letto che John Flansburgh è risultato terzo in un sondaggio sulle personalità più amate dai giovani americani.
«Continuiamo a essere inseriti in quei sondaggi, il che secondo me la dice lunga su come sono fatti. Probabilmente i nostri fans sono anche fans di quel tipo di sondaggio. Penso che qualcuno di loro abbia inviato una massa spropositata di voti tramite computer. Oppure, per una coincidenza impensabile, il campione ha selezionato tutti i nostri estimatori».
Nel vostro ultimo disco c’è una sola canzone nuova, "Doctor Worm". Sembra il più breve "musical" del mondo.
«Ha, ha, grazie, è una bella definizione. Ci piacciono le canzoni che raccontano storie, che cominciano e finiscono. E che dipingono un ritratto di un personaggio. Ci hanno detto che l’argomento è oscuro. Per me è estremamente chiara. C’è un personaggio che ha una fantasia su se stesso. Un tipo che fa una vita molto ordinaria, e ha una fantasia del tutto comune».
Ordinario? "Sono il dottor Verme, non sono davvero un dottore ma sono davvero un verme, suono la batteria anche se non ho le mani?"
«Sì. Tutti noi ci inventiamo un personaggio, un alter ego fantastico...».
E’ vero che volete fare un disco di canzoni per bambini?
«E’ un progetto. Per ora abbiamo raggiunto solo una decisione sul titolo. Sarà il vocabolo più forte che esista nella mente di un bambino. Si tratta della parola "No"».
C’è qualcuno che invidi per i testi delle canzoni?
«Mi piace la gente che dice cose complicate in modo semplice. Credo che molto del successo di Bob Dylan a suo tempo sia dipeso da questo, con i suoi "inni" più famosi. Mi viene in mente anche Bonnie Raitt. Ma gli autori country sono ancora meglio. Forse però il massimo sono i Residents, in "The simple song"».
Effettivamente... "Noi siamo semplici, voi siete semplici, anche la vita è semplice"...
«Esattamente. Intendono davvero quello che dicono».
Vi hanno paragonati ai Residents per il tipo di approccio alla musica, e tu in passato hai detto che loro vi hanno influenzati.
«E’ un paragone che mi fa piacere, ma credo che le due cose vadano separate. Sicuramente ho ascoltato molto i Residents, ma ovviamente ci sono notevoli differenze formali. Probabilmente qualcuno ha fatto questa associazione perché non capita spesso di sentire testi come i nostri, immagino».
Anni fa siete riusciti a raggiungere una fetta di pubblico che difficilmente vi avrebbe scoperti, grazie a un video su Mtv.
«Pura fortuna. Un video che non costò quasi niente nell’86. Era così diverso dagli altri che Mtv metteva in onda, che la gente ne rimase affascinata».
Pensi che anni fa ci fosse più spazio per proposte alternative come le vostre?
«No. Anzi, i video che costano poco hanno qualche possibilità in più oggi, dopo che c’è stata la moda delle "indies". "Doctor Worm" comunque non andrà su Mtv».
Come è cambiata la musica da quando avete cominciato?
«Per noi non è cambiata poi molto. Abbiamo un pubblico più vasto, e dei fans più giovani. Difficile capire come mai. Una possibilità è che le nostre canzoni, che sono state utilizzate per dei cartoni animati, siano in sintonia con l’immaginazione dei bambini. In second’ordine, penso che sia uno di quei casi in cui i ragazzi non rifiutano quello che ascoltano i loro genitori. Molti quattordicenni ci dicono: "Abbiamo scoperto i vostri dischi tra quelli di papà". Non è il tipo di cosa che ti aspetteresti. Pensavamo succedesse solo ai Beatles. Devono essere delle famiglie molto particolari».
Vi aspettavate, quando avete cominciato di diventare una cult-band?
«In effetti la parola "cult" sottintende una religione, il che, pensando a noi, è assolutamente imbarazzante. Per di più siamo assolutamente privi di carisma. Insomma, dovremmo essere l’opposto di un "cult". Comunque, va bene così».
Dopo tanti anni, tu e John Flansburgh non vi date sui nervi? Che tipo di rapporto avete?
«Matrimoniale. Ci conosciamo benissimo. Non siamo come Jagger e Richards, ma siamo in una fase del nostro rapporto in cui abbiamo ancora così tanto in comune che sappiamo che non troveremo altri con stesse biografie ed esperienze. TMBG è un marchio, una piccola ditta messa su da noi, e ne siamo orgogliosi. Come dire? Ci piacciamo tanto».
Cosa ha significato l'ingresso nel gruppo di Tony Maimone, proveniente dai Pere Ubu?
«Lo conosciamo da anni, era un nostro vicino di casa di Brooklyn. Quando eravamo teenagers c’era questo tipo che faceva parte di una band, davvero simpatico, e quindi è stato molto facile accoglierlo tra noi. I Pere Ubu erano un gruppo espressionista, che suonava quello che sentiva. E’ stato prezioso per noi, che abbiamo un’impostazione più formalistica».
Dove pensate di essere tra dieci anni?
«Credo che faremo quello che abbiamo fatto in questi ultimi venti, cercando di trasformarlo in un mestiere. Flansburgh ha già in programma di lavorare con altra gente».
E tu?
«Per ora no. C’è una differenza legata anche al nostro essere strumentisti. Io vivo le canzoni che scriviamo in modo paradossalmente personale, e non credo che qualcuno le possa condividere con me meglio di John. Non si può mai dire, certo, ma dopo aver detto che sono sposato con Flansburgh non posso pensare a qualcuno da portarmi in camera da letto. Poi ho bisogno di più tempo per fare progetti».
Me ne diresti un altro, oltre a quello delle canzoni per bambini?
«Sto pensando a un disco di inni per gli Stati degli Usa. Non sarebbe male farne uno anche per tutti gli stati del mondo. Qualcosa che sia tipico di una regione e dei suoi abitanti senza cadere negli stereotipi. Difficilissimo».
Cosa scriveresti dell’Italia?
«Ecco, l’Italia è un buon esempio di condanna agli stereotipi. Quando sono arrivato a Roma, ho trovato una città incasinatissima, molto moderna e indaffarata, più dell’idea che ne abbiamo noi americani. Viceversa Milano, descrittami come esteticamente povera, mi è sembrata interessante. Evidentemente gli "uffici stampa" di Roma lavorano meglio di quelli di Milano».
Ipotesi interessante... Per concludere: cosa pensi che succederà alla musica nei prossimi anni?
«Non dovresti chiederlo a noi, non abbiamo venduto così tanti dischi. Arriverà davvero un nuovo glam-rock? Chi lo sponsorizza? Sarebbe divertente ritrovarsi in qualche movimento musicale alla moda, ma non abbiamo idea di cosa la gente troverà "figo" fra un paio di mesi. Quindi siamo condannati a fare quello che ci viene in mente, a modo nostro».