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Domanda: Quando si riformeranno i Clash? Risposta: Mai!

Un irresistibile trascinatore, ecco cos’è Joe Strummer. Se tutti i libri che si occupano della storia del rock non ospitassero la sua foto, se non lo avessi mai visto in faccia, penseresti di trovarti di fronte uno di quelli che sciolgono le cime degli ormeggi prima che i ferries prendano il largo per traghettare persone e cose da una sponda all’altra della Manica. Joe Strummer è gentile fino alla cerimonia, capace di parlare da persona quasi raffinata e di esplodere in una serie di urla contagiose un attimo dopo, di alternare grosse verità a piccole e grandi bugie, il tutto per amore di spacconaggine e rock’n’roll. Però è il ‘caldo’ che ti trasmette che ti resta addosso quando lo saluti (sta tornando a Londra per assistere alla prima del film sui Clash, anche se durante l’intervista ha giurato che non ci va e che il passato non gli interessa) e che ti fa pensare per un attimo quanto bisogno ci sarebbe di più persone così. Fuori dal controllo e dagli schemi, rissosi, irascibili, scostanti, ma capaci di stupirti con una frase o con un gesto. Strummer è emozione allo stato puro, inutile pensare di poterlo controllare: ha già deciso lui – anche per te – dove si va…

Allora, come ti trovi a fare tutte queste interviste in pochi giorni?
Sta diventando una cosa folle, un po’ come essere seduto sul divanetto dello psicanalista. Un posto dove la gente normale va per un’ora a settimana, mentre io sono seduto su questi divanetti da una settimana. Cambiano i divanetti, ma io sono sempre qui a parlare. Giuro, nella vita normale mi sembra di essere una persona normale, ma adesso inizio a sentirmi quasi come un animale.

Hai scoperto qualcosa in più su te stesso?
Sì, molte cose. La prima è quanto cazzo sono idiota! La seconda che non so assolutamente niente, che significa niente di niente. E ho scoperto che odio davvero il passato con grande passione. Il passato continua a prendermi per una spalla, e cerca di trascinarmi indietro. C’è soltanto una cosa che la gente normale vuole sapere: quando si riformerà il gruppo? Ho anche scoperto che abbiamo fatto un buon disco, comunque…
A questo punto Strummer si alza per un brindisi con i suoi discografici, e quando si rimette seduto decide che sarà lui stesso a farsi le domande sui Clash.
Ok, facciamo così, mi faccio le domande da solo:Quando si riformeranno i Clash? Risposta: mai. Domanda: Perché no? Risposta: Perché riunire i Clash significherebbe ammettere che siamo artisticamente finiti. Che senso ha riprendere in mano quella musica, replicarla per come è? Io amo la musica dei Clash, sono orgoglioso di quello che abbiamo fatto e di dove siamo arrivati, così come del film “Rude boy” fatto con Tom Walker. Però riunire i Clash sarebbe una stronzata, perché quella storia è finita. La gente deve capire che il passato è passato, e che non lo puoi riportare a vivere. Un’altra ragione per cui riformarsi sarebbe sbagliato sta nel fatto che i Clash erano la perfetta espressione di un tempo e di un contesto ben preciso, dato dalla rivoluzione punk. Eravamo forti nel rappresentare quello, ma oggi cosa rappresenteremmo? Saremmo come una balena arenata sulla sabbia! Le balene devono stare sott’acqua, e non annaspare a riva. Lasciate il passato dov’è, per favore! (in italiano) Non ti sposi di nuovo con la tua prima moglie, se sei uno scrittore non scrivi due volte il tuo primo romanzo… io voglio andare avanti. Non siete tutti eccitati dall’idea del nuovo millennio? Bene, e allora andiamo a vedere com’è questo ventunesimo secolo che inizia tra 5 minuti… inutile pensare al passato. Del resto il 20esimo secolo è stato un disastro completo, se si eccettua qualche buon film e qualche buon disco. Guerre, gente che si ammazza per motivi religiosi pensando che Dio voglia vedere gente che si accoltella. Cosa credete, che Dio vi farà entrare in Paradiso ancora sporchi di sangue? Poveri idioti…

E cosa ti è piaciuto di film e musica?
Fondamentalmente i Simpsons. Credo che si possa buttare tutto il secolo nel cesso eccezion fatta per i Simpsons. Propongo un brindisi a loro! Ok, eccovi una nuova domanda: Dove hai trovato i Mescaleros? Ehi, se sto facendo delle domande sbagliate, che non vi interessano, ditemelo, così le cambio subito…

Veramente vorrei sapere ancora qualcosa sul tuo passato…
Ah-ha, sei un tipo coraggioso, non c’è che dire… Hai voglia di un pugno? Dai, chiedi quello che vuoi…

Cosa mi dici del film sui Clash intitolato “Westway to the world”, che presentano stasera a Londra?
Che non ci sarò, perché sono in Italia…ha, ha. No, seriamente, è un documentario girato da una persona che se ne intende, Don Letts, la prima persona che ha portato il reggae tra i punk e per me merita un grande rispetto. E’ un documentario per il quale ci ha stato chiesto di rilasciare qualche intervista: il risultato è molto emozionante, almeno per me, mi sembra un film molto bello e contiene una parte molto forte, in cui compare Topper Headon (batterista del gruppo) che chiede scusa per aver mandato tutto a puttane con la storia della sua dipendenza da eroina. Ho parlato con lui due giorni fa al telefono, e mi ha detto che era impegnato a venirne fuori. Credo che sia la battaglia più dura che un uomo possa intraprendere. Spero che il film verrà trasmesso in tv, anche se in Inghilterra a nessuno frega niente. Non siamo mai stati considerati un granché da chi gestisce i media, al punto che abbiamo fatto un film nel ’78 o ’79, intitolato “Rude boy”, che non è mai stato trasmesso in tv in Inghilterra, mentre è andato in onda in Germania e in Francia e persino in Italia. Da noi piaci soltanto quando sei morto.

In ogni caso complimenti per il tuo nuovo disco, è molto bello…
Ti ringrazio, anche perché, nonostante io sia convinto di aver fatto del mio meglio, in realtà non ho nessuna certezza al riguardo. Forse tra un anno potrò dirti che cosa ne penso, ma adesso veramente non saprei.

Quando hai iniziato a pensare al disco nuovo?
Quando ho incontrato Richard Norris dei Grid: quattro anni fa ho iniziato a pensare che sarebbe stato ora di fare qualcosa. Lui viene dalla dance e dall’acid, io dal punk, così abbiamo pensato che sarebbe stato difficile fonderci per fare qualcosa insieme. Tre canzoni del nostro progetto comune sono finite su questo album: si tratta di “Yalla yalla”, “Sandpaper blues” e “Diggin’ the new”. Ho cercato di arrivare a questo disco per quattro anni: c’è una canzone, “Forbidden city”, che ho scritto quasi 10 anni fa, dopo i fatti di Tiennamen, e che mi sono tenuto dentro fino ad adesso.

Perché c’è voluto tanto tempo per fare un disco?
Non lo so, non lo so… se lo sapessi, probabilmente saremmo qui a bere champagne…

Cosa ci dici della canzone “Road to rock’n’roll”?
L’avevo scritta per Johnny Cash. Si era sparsa la voce che stesse preparando un nuovo album, e tutti i compositori hanno fatto a gara per dargli un pezzo. L’ho scritta e l’ho fatta ascoltare a mia moglie per farmi bello. Quando ho incontrato Johnny mi ha detto: «Ho sentito la tua canzone, ma mi ha veramente confuso, ragazzo». Così non ha voluto cantarla. Quando ho sentito l’album ho pensato – ma non l’ho detto a nessuno - che la mia canzone era molto meglio di tutta quella merda! Il mio disco è stato molto faticoso da fare, ma adesso mi sento bene…e poi sono contento di averlo realizzato con una serie di collaboratori, perché credo che si lavori meglio in team. Ne approfitto per ringraziare anche Richard Flack, il tecnico del suono di questo album: gli abbiamo rovinato la vita e non lo abbiamo neanche ringraziato.

Sei un fan della scena dance oppure vai nei club a ballare?
Vado soltanto ai Festival a ballare, perché per i club mi sento troppo vecchio e non vorrei rovinare l’atmosfera. Ma ai Festival ci ritroviamo tutti noi, i vecchi e i nuovi ribelli, anche se lo spirito dei Festival inglesi sta cambiando, perché molti pensano soltanto a fare soldi. Per fortuna ci sono ancora diverse realtà underground dove è possibile divertirsi per davvero.

Quella dei Festival è una tradizione molto affermata in Inghilterra…
Certo, dipende dal fatto che siamo dei repressi e viviamo in uno stato di polizia. Tu non puoi renderti conto delle condizioni in cui viviamo. Tu qui puoi bere un caffè, o una birra o un brandy alle due del mattino, ma per noi è fantascienza.

Che ricordi hai del periodo in cui hai suonato con i Pogues?
La cosa più bella era essere sul palco con loro e sentire spandersi nell’aria quel suono fatto di organetti, mandole, fisarmoniche, tutto acustico. Altro che l’elettronica! Potevi sentire sulla tua pelle l’aria smossa da quei suoni, un vento capace di farti roteare. Molte volte ho pensato che mi sarebbe piaciuto lasciarmi andare e buttarmi dal palco. Stare sul palco con loro ti fa provare sensazioni strane: ti sembra che sia la sala intera a girare.

Il tuo nuovo disco ha delle sonorità molto ampie, con tante influenze…
E’ vero, ma era questo il suono che volevamo ottenere. Un suono onesto, che contenesse molti riferimenti ad altre culture.

E che novità ci sono per quanto riguarda il tuo rapporto con il cinema?
Mi sono lasciato convincere a fare una parte in un film di un regista francese, F.J. Ossang, non molto famoso, ma sono sicuro che lo diventerà. E’ venuto a cercarmi a Londra per chiedermi di fare una parte nel suo film, nonostante io gli avessi detto più volte al telefono che non volevo avere più niente a che fare con il cinema. Mi ha aspettato seduto al bar sotto casa mia, e quando sono arrivato non ha smesso di parlarmi per un attimo… un flusso di cultura che non avevo mai sentito prima! Sapeva tutto, su pittori, scrittori, scultori, musicisti... Così mi sono lasciato convincere e siamo finiti nel deserto a nord del Cile, un posto veramente lontano da qualsiasi cosa io conoscessi: non ha mai piovuto, lì! Non è certo il posto dove porteresti tua moglie in vacanza…oltre la fine del mondo! Me lo ricordo ancora benissimo, nonostante sia stato lì un anno fa. C’è una città che si chiama Iqueque che sono sicuro diventerà la New York del futuro. Mi piacerebbe vivere lì, adesso.

E invece dove vivi?
A trecento miglia a ovest di Londra, in campagna, in un posto dove ci sono soltanto agricoltori e si beve sidro.

Come è stato il concerto dei Mescaleros a Bologna?
Ah, questa è divertente, te la racconto… la notte prima di Bologna abbiamo suonato in Germania, a Monaco, sempre come supporter degli Offspring. Be’, ci hanno tirato i sassi! E perfino una musicassetta con la sua bella custodia è arrivata sulle labbra del nostro bassista facendolo sanguinare, mentre noi ci siamo messi tutti a ridere! In ogni caso ho dovuto dare una lezione ai punk di Monaco, che evidentemente pensano che gli inventori del punk siano gli Offspring. Mi sono avvicinato a quelli delle prime file e senza essere violento o agitato ho detto: «Idioti senza cervello, figli di papà, vi avrò prima o poi, non vi preoccupate, dovessi inseguirvi fino in capo al mondo!», e così quelli si sono allontanati. Poi sono saliti gli Offspring, e dopo una canzone si sono fermati e hanno detto al pubblico: «Voi non sapete chi è Joe Strummer! Non sapete che lui è il primo original gangster? Non suoneremo più per voi, a meno che non urliate tutti insieme “We love Joe Strummer”». E così noi eravamo in camerino e all’improvviso abbiamo sentito questo enorme coro di “We love Joe Strummer” durare qualche minuto. Dopodiché gli Offspring hanno ripreso a suonare. Per tornare alla tua domanda, le cose a Bologna sono andate molto bene, ed è stato un bel contrasto con la serata precedente. Mentre venivamo in pullman a Bologna, abbiamo ascoltato la cassetta che ci hanno tirato sul palco: è di un gruppo che si chiama Lit e sono davvero bravi! Certo che il mondo è strano…

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