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Che fine ha fatto Tom Waits?

Assente da più di un decennio: le ultime mosse del cantautore, che stasera torna alla TV Italiana
Che fine ha fatto Tom Waits?

Un doloroso senso di rassegnazione è ormai da molto, troppo tempo l’emozione che prevale nell’animo dei fan di Tom Waits. Sono infatti trascorsi quasi quattordici anni da “Bad as Me”, l’ultimo (ottimo) album pubblicato dal geniale artista californiano, che dopo il 21ottobre 2011 ha cessato di mettere a disposizione del pubblico canzoni nuove, quasi avesse raggiunto il livello di saturazione rispetto alla routine album-tour-interviste o, Dio non voglia, smarrito le sue capacità creative. E sedici sono addirittura le primavere passate dal suo ultimo tour, denominato “Glitter and Doom”, che risale al 2008.
Ciò non significa che l’uomo di Pomona se ne sia stato con le mani in mano o abbia detto addio al mondo là fuori - stasera, a sorpresa, torna a cantare per “Ultima fermata”, docuserie  Rai 3 (qua il video in anteprima e il racconto di Luigi Montebello).

La musica registrata

Ma dopo l’ultimo tour e l’album più recente non mancano infatti testimonianze del suo talento artistico nei vari campi in cui Tom ha voluto continuare a esercitarlo. Tra questi vi è quello della musica registrata e pubblicata, come dimostrano “Shenandoah”, il traditional corsaro realizzato insieme a Keith Richards per il progetto “Son of Rogues: Pirate Ballads, Sea Songs & Chanteys” (2013); le cover di “The Soul of a Man” e “John the Revelator”, che vedono Waits accompagnato alle percussioni dal figlio Casey contribuire a God Don’t Never Change: Songs of Blind Willie Johnson” (2016), album-tributo al seminale cantante e chitarrista gospel-soul nato nel 1897; e pure la versione di “Bella Ciao” regalata nel 2018 al vecchio collaboratore Marc Ribot per la sua raccolta di canzoni di protesta “Songs of Resistance (1942-2018)”. Tutti brani non originali, insomma, che Tom ha connotato con l’inconfondibile timbro della sua voce. Voce che si sente anche nei sei pezzi, registrati peraltro diversi anni prima, del quadruplo album autocelebrativo dei Replacements “Dead Man’s Pop(2019).

Le performance

Non esattamente un profluvio di incisioni, bisogna dire, come pure sparuto risulta il numero delle esibizioni seguite al “Glitter and Doom Tour” del 2008: l’interpretazione al pianoforte della poesia di Lawrence Ferlinghetti “Coney Island of the Mind” alla cerimonia del premio letterario Litquake’s Barbary Coast svoltasi all’Herbst Theater di San Francisco il 2 ottobre 2010; le quattro canzoni del proprio repertorio cantate e suonate al Waldorf Astoria Hotel di New York in occasione dell’accoglimento nella Rock & Roll Hall of Fame del 20 gennaio 2011; il duetto con Mick Jagger sulle note di Little Red Rooster” durante il concerto dei Rolling Stones all’Oracle Arena di Oakland, California, il 5 maggio 2013; i ben dieci brani del proprio canzoniere con cui allo Shoreline Amphitheatre della californiana Mountain View il 27 ottobre di quello stesso anno ha onorato l’invito recapitatogli da Neil Young, animatore da sempre dei concerti di beneficenza della Bridge School.

Dopo di allora Tom è salito sul palco in tre sole ulteriori occasioni: l’11 settembre 2017, alla Lagunitas Brewery di Petaluma, sempre in California, quando ha fatto il coro a Mavis Staples che cantava “Respect Yourself” degli Staple Singers; il 18 marzo 2022, sul palcoscenico del Troubadour ‒ il locale dove cinquant’anni prima era stato notato dal fondatore della Elektra/Asylum David Geffen ‒, a celebrare con una band scalcagnata l’amico fraterno Chuck E. Weiss, scomparso da qualche mese, con una canzone scritta a quattro mani da quest’ultimo e da Tom: It Rains on Me”; e infine, ancora per commemorare la scomparsa di un amico ‒ il produttore e arrangiatore Hal Willner ‒, al St Ann’s Warehouse di Brooklyn, dove il 20 luglio 2022, a fianco di grandi artisti quali Bono, Elvis Costello e Michael Stipe, ha cantato tre canzoni, compresa quella che ha dato il nome all’evento: “I’ll Be Seeing You”, resa celebre da Frank Sinatra.

Il catalogo

Se dunque Waits sembra aver tirato i remi in barca sia per quanto riguarda la composizione, o perlomeno la pubblicazione, di nuovi brani originali sia per quanto attiene all’esibirsi in concerti a suo nome, vi è un settore del ‘fare musica’ che in questi ultimi anni ha visto lui e la moglie e collaboratrice Kathleen Brennan molto attivi: quello della rimasterizzazione e, più raramente, del remix o del riarrangiamento delle canzoni del suo/loro catalogo. Nel 2017 sono quindi stati rimasterizzati in versione digitale, in vinile e in CD sei dei dischi usciti per la Anti-/Epitaph, e, tra questi, “Real Gone” (2004) è stato anche rimixato. Nel 2018 è stato il triplo CD “Orphans” (2006) a essere a sua volta rimasterizzato, laddove i tre dischi che lo compongono ‒ “Brawlers”, “Bawlers” e “Bastards” ‒ sono stati resi disponibili all’acquisto anche singolarmente, volendo pure in vinile colorato (come sarebbe poi accaduto in tutti i remastering successivi). Sempre nel 2018 sono state pubblicate le versioni rimasterizzate dei dischi usciti negli anni Settanta per l’etichetta Elektra/Asylum, mentre nel 2022, in concomitanza col ventesimo anniversario degli album “Alice” e “BloodMoney”, sono state diffuse due versioni digitali di tali dischi contenenti ognuna cinque canzoni dal vivo. Nel luglio dell’anno seguente è stata finalmente la volta della rimasterizzazione delle opere uscite tra il 1983 e il 1992 per la Island e qui parliamo di cinque capolavori: Swordifishtrombones, “Rain Dogs”, “Franks Wild Years”, “The Black Rider” e “BoneMachine”. Nell’agosto 2024, per i venticinque anni di “Mule Variations”, viene trasmessa sulle piattaforme digitali una nuova versione di “Get Behind the Mulecon qualche cambiamento al testo e cantata col solo accompagnamento di un piano elettrico Wurlitzer. Si tratta di fatto della prima volta che Tom, a tredici anni da “Bad as Me”, registra e divulga la sua musica, anche se non siamo di fronte a  un brano originale inedito e dobbiamo accontentarci del nuovo arrangiamento di una vecchia canzone. Meglio che niente, però, anche perché il pezzo verrà distribuito in vinile il prossimo 12 aprile nell’ambito del “Record Store Day”.

La non-latitanza e il lavoro con il cinema

Se Tom Waits dal 2008 non è più andato in tour e dal 2011 non ha più scritto e pubblicato materiale fresco, è pure vero che chi lo segue e ammira anche come attore non può accusarlo di latitanza. Limitandoci agli ultimi sedici anni, infatti, l’artista americano ha lavorato per registi del calibro di Terry Gilliam, Francis Ford Coppola, Ethan e Joel Coen, PaulThomas Anderson e Jim Jarmush in ben diciotto film: live action e animati, corto- e lungometraggi, per il cinema e per la televisione, in parti cameo e da protagonista, in carne e ossa o come narratore.

Quello di voce narrante risulta in effetti un ruolo che ha visto Waits sempre piuttosto richiesto, circostanza di cui nessuno può stupirsi, considerato che abbiamo a che fare con una delle voci più iconiche della contemporaneità. Se passiamo al setaccio l’intera sua carriera, riconosciamo il suo inconfondibile timbro vocale già nel cortometraggio thriller GreasyLake (1988), mentre l’anno seguente lo si ascolta nel ruolo del radio dj Tad T. Taylor in Mistery Train di Jarmusch (1989) e nel ’97 nel documentario Guy Maddin: Waiting for Twilight. È sua la voce di Captain Hook in Shrek 2 (2004), così come pure quella della rondine gigante Virgil nel cortometraggio animato The Monster of Nix (2011) e, nel medesimo anno, quella narrante che illustra le scene introduttive dell’horror coppoliano Twixt. Tom torna al film d’animazione sia nel 2014, quando doppia il personaggio di Lloyd nell’episodio dei Simpson Homer Goes to Prep School, sia nel 2018, interpretando Captain Millipede, narratore del cortometraggio “The Moons Milk”, sia ancora nel 2021, sempre come voce narrante, nella serie animata tv “Ultra City Smiths”. E ancora tra qualche mese, nel film d’animazione stop motion “Wildwood”, lo sentiremo far parlare un personaggio di nome Sterling Fox.

Non stupisce quindi che le corde vocali del poliedrico artista californiano siano state scelte anche per accompagnare la puntata della docu-serie “Il fattore umano” che verrà messa in onda su RAI 3 alle 23:10 del 25 febbraio.
Nessuno suona come Tom Waits.

Tiberio Snaidero è autore di "L’arte di essere Tom Waits", volume pubblicato da VoloLibero lo scorso anno, di cui Rockol ha pubblicato l'introduzione, che si può leggere qua.

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