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«TWILIGHT OVERRIDE - Jeff Tweedy» la recensione di Rockol

Jeff Tweedy, la libertà di perdersi in un disco

"Twilight Override", gigantesco lavoro solista del leader dei Wilco

Recensione del 30 set 2025

Voto 8/10

La recensione

Come funziona una canzone e di cosa ha bisogno?
Ascoltando “Twilight Override”, il nuovo gigantesco album di Jeff Tweedy, mi è tornata in mente una delle scene più belle e significative di “A Complete Unknown”, in cui Pete Seeger cerca di dare una lezione a un giovane Bob Dylan: “A good song, a really good song... It can get the job done without the frills, electric guitar or drums.” “Yeah, but sometimes they sound good”, gli risponde Dylan, che è già oltre i rigidi schemi del folk.
“Twilight Override” è il nuovo, ambizioso album triplo del leader dei Wilco: se è vero che una buona canzone può farcela anche senza orpelli, è altrettanto vero che il suono – l’arrangiamento, le scelte strumentali e il paesaggio sonoro che viene creato – è una parte integrante e fondamentale della storia che si racconta. Soprattutto se a raccontarla è uno dei migliori narratori americani contemporanei.

Un disco triplo nel 2025?

Nel 2025, pubblicare un album triplo è quasi un atto di ribellione. Come ha dichiarato Tweedy al New York Times: “È controintuitivo. Ma offre a un certo tipo di ascoltatore una ricompensa. E poi va contro una cultura che è diventata sempre più veloce e superficiale.” È un concetto chiave per capire “Twilight Override”, un disco che si prende tempo e lo restituisce, nato da un viaggio in macchina con i propri figli (che sono la band con cui suona Tweedy da solista) ascoltando un altro triplo album, “Sandinista!” dei Clash, e immaginandome una versione Americana – nel senso di genere musicale. Un “Sad-inista”, come l’ha definito.
Per la cronaca, nella sua logica di scardinare le regole, Tweedy ha realizzato un videoclip di due ore in cui ascolta il disco viaggiando in macchina, proprio come è nato.

L’idea del triplo album permette di dare spazio e aria alle canzoni, alle storie, ai suoni e agli arrangiamenti. Ma mentre l’album dei Clash oscillava tra lo sperimentale e il dispersivo, quello di Tweedy ha una coerenza interna che non sorprende, se si conosce la sua storia. Tweedy aveva pensato di intitolarlo “Triple Rainbow” o “Tons of Time”: giochi di parole che dicono molto sul tono dell’album, sospeso tra l’ironia dolceamara e il desiderio di spaesare. Il precedente “Love Is the King” (2020) era un rifugio casalingo durante la pandemia; “Twilight Override” è il suo opposto, un disco nato in giro, prendendo strade secondarie.

Il suono come racconto

I Wilco, almeno in studio, ultimamente sembrano più formali, meno sperimentali. Tweedy da solista si muove con una libertà che gli consente di giocare davvero con le canzoni: costruirle, smontarle e ribaltarle. In “How It Ends”, ad esempio, parte da una ballata tradizionale e finisce in un assolo dissonante di chitarra, attraversato da archi inquieti. “Parking Lot” è uno spoken word emozionante su una base di chitarre acustiche, violini e feedback appena accennati che creano una tensione sonora e narrativa costante. È l’arte della destrutturazione, ma senza manierismi: ogni rottura è funzionale all’emozione.
La produzione è minimale, pulita, ma mai banale: è una scelta di stile precisa. Tweedy – come ci aveva raccontato parlando di “Cousin” – vuole evitare la musica che “suona come se stessa”, che ripete formule e si accontenta di essere riconoscibile. “Twilight Override” è tutto tranne che prevedibile – a patto di dare la giusta attenzione ai dettagli.

Io, te, chi?

Dal punto di vista lirico, è uno degli album più intensi della sua carriera. In “Parking Lot” – uno dei capolavori del disco – gioca con un sé stesso alternativo, una persona appassionata di macchine che vive nei parcheggi: un narratore che è lui e qualcun altro allo stesso tempo.
La linea tra autobiografia e finzione è sottile, continuamente attraversata: “Sviscerarmi davanti agli sconosciuti, lasciare che tutte le emozioni più crude vengano fuori a ondate, rendermi ridicolo con le mie stesse parole: è esattamente ciò che ho sempre voluto fare nella vita.”, ha raccontato al New York Times. Ed è proprio ciò che fa in queste 35 canzoni.

Lou Reed e la libertà

“Lou Reed Was My Babysitter” è un tributo commovente a un padrino spirituale, che poi è il padrino di chiunque ascolti rock. Tweedy non imita Lou, ma ne evoca la lezione: scrivere canzoni non per piacere, ma per urgenza. “Rock’n’roll is dead but the dead don’t die”, canta.
Uno dei momenti più alti è“Feel Free”, una non-canzone di sette minuti in cui una sola strofa si ripete come un mantra – “Feel free, make a record with your friends”, dice Tweedy. Ed è proprio questo il senso ultimo di questo lavoro. Sentirsi liberi.
“Twilight Override” non è fatto per essere ascoltato o ridotto a playlist: il patto con l’ascoltatore è quello di chiedere attenzione e dare in cambio di emozioni e profondità. È il suono di un artista che non ha più niente da dimostrare, che si sente libero – appunto – e prova a trasmettere a noi questa libertà.

Tracklist

#1
01. One Tiny Flower (06:20)
03. Parking Lot (03:53)
04. Forever Never Ends (03:11)
05. Love Is For Love (05:06)
06. Mirror (03:38)
07. Secret Door (03:14)
08. Betrayed (03:52)
09. Sign of Life (02:45)
10. Throwaway Lines (03:02)

#2
02. Out in the Dark (03:33)
03. Better Song (03:33)
04. New Orleans (04:36)
07. Blank Baby (02:54)
08. No One's Moving On (04:16)
09. Feel Free (07:07)

#3
02. Amar Bharati (02:25)
03. Wedding Cake (01:51)
05. Ain't It a Shame (03:47)
06. Twilight Override (03:17)
07. Too Real (03:36)
09. Saddest Eyes (03:19)
10. Cry Baby Cry (04:02)
11. Enough (03:35)
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