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«IO NESSUNO - Centomilacarie» la recensione di Rockol

"Io nessuno" è il romanzo di formazione di Centomilacarie

Una scrittura viscerale, un'interpretazione sgraziata: il talento varesino guarda (troppo) a Blanco.

Recensione del 12 mar 2025 a cura di Mattia Marzi

Voto 6/10

La recensione

Dentro l’universo di Centomilacarie convivono cantautorato, uno spirito rock’n’roll e un’attitudine che a qualcuno - è un eufemismo - potrebbe ricordare quella del primissimo Blanco, con quella scrittura viscerale e quell’interpretazione sgraziata che dopo il successo dell’enfant terrible di “Notti in bianco” sono diventate un trend. Non è un caso, forse, che lo scorso anno Mace abbia scelto Centomilacarie come una delle due voci di “Non mi riconoscono”, uno dei brani del suo album “Maya”, accanto a Salmo: quattro anni fa a cantare insieme al rapper sardo “La canzone nostra”, che fece vincere al produttore milanese sei Dischi di platino, c’era lo stesso Blanco. Quando nel febbraio dello scorso anno è uscita “Non mi riconosco”, arrivata a più di 10 milioni di ascolti su Spotify, Simone Colamussi - questo il vero nome del cantautore, classe 2004, nato a Varese: di quello d’arte dice che gli piaceva «l’idea di avere un nome che quasi desse fastidio, quasi cacofonico, ma che non ti dimentichi» - aveva già pubblicato l’Ep “Neanche anch’io”, con il quale aveva raccolto i primi pezzi pubblicati sulle piattaforme direttamente dalla sua cameretta di provincia. “Io nessuno”, l’album d’esordio sulla lunga distanza, è il romanzo di formazione di Centomilacarie.

La nuova scommessa di Maciste Dischi, l’etichetta che ha reso fenomeni pop Gazzelle e Fulminacci, si racconta attraverso quelle che non sembrano neppure canzoni, ma bozzetti, sfoghi, raptus, incisi inseguendo l’istantaneità di un’emozione o di un’inquietudine. Ad aiutarlo a dare una forma ai brani, tra pop, urban, indie, elettronica, ci hanno pensato produttori come okgiorgio (già al fianco dei Pinguini Tattici Nucleari e di Rose Villain), Estremo (Madame, Izi), Pablo America, Kyv, Francesco Massidda, Swan e Daniele Capoferri.

I pezzi catturano con un linguaggio crudo e poetico la sua attitudine: ci sono prime volte, fughe, smarrimenti, angosce, esistenzialismo. Sullo sfondo, i colori - grigi - di una provincia che emerge nei suoi dettagli più brutali e concreti: «Vengo da dove non arrivano i taxi / ma questa qua vuole venire a trovarmi / dice che i regionali sono romantici / da me la gente si butta sui binari», canta Centomilacarie in “Tg1”. Sì, lo spettro di Blanco farà pure capolino troppo spesso nei dieci brani - “Pupille”, “Parquet” e soprattutto “Chi ama non esiste”, con tanto di falsetto - ma quantomeno nelle storie che Centomilacarie racconta c’è una genuinità, una verità. La sua. Quella di «un provinciale» che da ragazzino osservava il fratello giocare a Final Fantasy e rimaneva «ore ad ascoltare la colonna sonora», che da bambino ha «preso lezioni di violino» e che durante il lockdown ha «imparato da autodidatta a strimpellare chitarra e pianoforte», finché non ha «scoperto che sopra quelle melodie potevo cantare delle parole» e ha iniziato a scrivere testi per «l’esigenza di raccontare il contesto in cui vivevo, la provincia».

«Punto una calibro al cielo / mi sta sfidando questo scemo / sono una stella anch’io e lo giuro su Dio», rivendica in “Subaru”. Forse è un po’ presto per dirlo. Il talento sicuramente c’è, ma è ancora acerbo, grezzo: bisogna nutrirlo. E indirizzarlo, magari, verso strade più originali.

Tracklist

01. pupille (02:49)
02. subaru (03:01)
03. solite cose (03:00)
04. notte vodka (02:25)
05. quasi nuda (02:45)
06. tg1 (02:46)
07. parquet (03:31)
08. chi ama non esiste (03:11)
09. figli degli dei (03:00)
10. i soldati della noia (04:23)
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