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«AUTOMATIC - Lumineers» la recensione di Rockol

I Lumineers regalano emozioni andando oltre il pop

Il nuovo album del duo americano è una raccolta di brani essenziali tanto quanto intensi e caldi

Recensione del 02 mar 2025 a cura di Luca Trambusti

Voto 7.5/10

La recensione

Sono 20 anni che Wesley Schultz (voce solista, chitarra) e Jeremiah Fraites (batteria, percussioni, pianoforte), ovvero i Lumineers, scrivono canzoni insieme. Due decenni sono un lungo periodo, sia a livello creativo che umano. Dopo un tale lasso di tempo le persone si conoscono, si legano creando un’inscindibile unità. Venti anni sono tanti anche a livello umano e le vite di Wesley (1982) e Jeremiah (1986, che vive a Torino con la moglie), si sono evolute, sono diventati padri e il loro “vivere” ha portato differenti prospettive, nuove visioni e, da artisti e compositori, tutto questo è entrato nella loro musica, nella scrittura.

Con tali premesse, a distanza di tre anni dal precedente lavoro (“Brightside” gennaio 2022) il duo americano pubblica il nuovo, quinto, album “Automation”, undici brani che fotografano i due uomini / artisti a questo punto della loro vita e della loro carriera.

Il primo aggettivo che si può usare per “sintetizzare” l’album è: intenso, perché tutte le canzoni lo sono, in forma e misura diversa ma lo sono.

Curiosamente l’inizio (il primo singolo “Same Old Song” - il cui acronimo è “SOS”) e la conclusiva “So Long” si congiungono: sono i due brani più “completi”, due ballate full band che apparentemente alleggeriscono i toni, sono più “solari”, in particolare “So Long” è l’anima più “pop” del disco, con il concetto di pop che rifugge dal banale.

In mezzo però ci sono tanti brani che si “asciugano” dal punto di vista musicale facendo emergere l’intensità di questo disco. Canzoni voce e piano (come “Ativan”, “Better Day”, “Automatic”, la strumentale e breve “Sunflowers”) o voce e chitarra acustica (tipo “You’re All I Got”, “Keys on the Table”) sono delicati racconti, brani riflessivi, dominati dalle melodie, abbinati a scarni arrangiamenti, ma esaltanti dal punto di vista emotivo. Ma anche brani più corali (“Asshole” o “Plasticine”), segnati da arrangiamenti più “ricchi” dal punto di vista sonoro lasciano intatta la volontà passionale delle composizioni.

Il nuovo album della band americana è “dominato” da questo spirito intenso che si estende anche sulla parte lirica delle canzoni. Queste sono finestre sul mondo, guardano alla realtà con gli occhi di due uomini adulti, lo fanno con un senso poetico ma anche con una dose di ironia che a volte lascia spazio al drammatico (“Mi venderesti/Alla prima occasione?/Sei tutto ciò che ho” cantano in “Keys on the table”) o alla contrapposizione tra speranza e realtà (“Gli adolescenti guidano le crociate/Senatori, insider trading/Le luci blu tengono svegli gli occhi rossi/ Gli adolescenti guidano la parata” da “Better Day“). C’è poi uno sguardo critico sul mondo farmacologico nella drammatica “Ativan”, che prende il titolo da un ansiolitico a base di benzodiazepine (“Se non posso renderti felice/allora nessuno può farlo/Allora nessuno può, il tuo dolce Ativan”).

Anche in questo aspetto l’album ha una densa sostanza e forza, pur senza essere depressivo, anzi tutt’altro, diventando riflessivo.

“Automatic” ci consegna due artisti maturi, capaci, con una musica intensa, piena di sostanza e creativamente ricca, di raggiungere le vette del successo e della popolarità, viaggiando nelle parti alte delle classifiche e tra i numeri degli streaming, quasi fossero una “qualunque” pop band.

Certo a loro favore hanno giocato brani di grande impatto come “Oh Hey” su tutti, ma anche “Ophelia” o “Gloria”, canzoni facilmente memorizzabili ma ricche di contenuto. Ecco, forse in questo “Automatic” manca un brano simile (quello che più gli si avvicina può essere “So Long”) ma vive invece di una grande solidità e unità di fondo. Anche se tutto è rallentato, riflessivo. Per questo e altro il nuovo lavoro dei Lumineers è un album “d’ascolto”, a cui dedicare tempo e attenzione, uno di quei dischi da assorbire comodamente seduti in poltrona ritagliandosi il tempo necessario, facendosi conquistare dalle atmosfere delle undici tracce che lo compongono.

Tracklist

01. Same Old Song (02:54)
02. Asshole (03:03)
03. Strings (00:34)
04. Automatic (02:58)
05. You're All I Got (03:22)
06. Plasticine (02:50)
07. Ativan (03:42)
08. Keys on the Table (03:56)
09. Better Day (02:57)
10. Sunflowers (01:20)
11. So Long (04:58)

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