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«DINASTIA - Co'sang» la recensione di Rockol

Co’Sang: un ritorno in grande stile e senza nostalgia

L'album è candidato ai Rockol Awards 2024

Recensione del 16 dic 2024 a cura di Claudio Cabona

Voto 7/10

La recensione

Fino al 5 gennaio, ripubblichiamo le recensioni dei dischi candidati ai Rockol Awards 2024 nella categoria "Miglior album italiano": è possibile votare qua.  
Qua invece le candidature per i migliori live.

L’ultimo album dei Co’Sang, ovvero il secondo, risale al 2009. Si tratta di “Vita bona”. Uscì prima dell’arrivo dello streaming, dell’esplosione mainstream del rap, prima ancora della consacrazione di Napoli come una delle città capitali della scena hip hop, e non solo: quest’ultimo è un processo a cui Ntò e Luchè, con le loro canzoni, hanno contribuito in modo decisivo, diventando, nel tempo, delle icone. Nell’anno delle reunion, dopo quella dei Club Dogo e dei CCCP, è arrivata anche quella dei Co’Sang. E, ascoltando “Dinastia”, possiamo dirlo con certezza: è tutt’altro che nostalgica. Sgombriamo, però, subito il campo da ogni equivoco: “Chi more pe' mme” del 2005 e “Vita bona” del 2009 hanno un immaginario unico e irripetibile in cui la “poesia cruda” del duo è al servizio di un racconto diretto e senza filtri della strada, del quartiere e delle sue dinamiche.

Crimine, riscatto, amore, vittoria, sconfitta, denuncia sociale: i primi due album dei Co’Sang sono un tuffo nella realtà, ma allo stesso tempo hanno un grandissimo fascino cinematografico. “Dinastia” invece sposta la telecamera dall’asfalto al cuore dei suoi protagonisti: è un disco che, al netto di qualche eccezione come “Comme na fede”, una bellissima lettera a un ragazzo di strada, indaga più su dinamiche personali e sentimentali. Ma non per questo è meno interessante, è però qualche cosa di diverso rispetto ai primi due capitoli. Il consiglio, se non siete napoletani o non conoscete il dialetto in modo profondo, è quello di ascoltare il disco con i testi tradotti: li potete trovare su Genius. E noterete subito quante barre profonde, magiche e di vita sa regalare “Dinastia”, che rimane sì intriso di tanto (e forse un po’ troppo) ego-trip rispetto al passato, ma che spesso è filtrato da un’amarezza e da un male di vivere che rendono tutto più vero. Le immagini evocate sono tante, scorrono come se si guardasse da un finestrino mentre si è sul treno.

Anche la musica ha un suo ruolo, molto importante: i riferimenti, le ispirazioni e i campionamenti sono diversi e per la maggior parte azzeccati. Uno di quelli che salta subito all’orecchio è “Love it or hate it” di The Game con 50 Cent, un ponte utile a creare un dialogo in barre tra i Co’Sang e i Club Dogo, tra gli ospiti di prestigio del progetto. A loro si aggiungono: Liberato, Marracash e Geolier. La traccia con quest’ultimo, in uno scambio di sangue tra generazioni di napoletani, non è all’altezza: “Perdre ‘a capa” è un brano d’amore leggero, che poteva, invece, lasciare spazio a un banger serrato e potente che avrebbe reso merito alla storia rap di tutti i protagonisti. Il pezzo con Liberato, “Sbagli e te ne vai”, criticato da alcuni fan troppo severi, invece è uno dei pezzi più riusciti di “Dinastia” perché osa, e lo fa con raffinatezza, cultura e bellezza. In definitiva “Dinastia” è un album assolutamente godibile e brillante, che permette alle nuove generazioni di riscoprire alcuni dei pilastri della scena hip hop, e a quelle nuove di vederne e comprenderne l’evoluzione.

Tracklist

01. Nu creature int’o munno (02:30)
02. Carne e ossa (02:34)
03. Nun è mai fernut (02:47)
04. Cchiù tiempo (feat. Club Dogo) (03:23)
05. Sbagli e te ne vai (feat. LIBERATO) (03:54)
06. Nu cuofn ‘e sord (02:51)
07. Carnicero (feat. Marracash) (03:55)
08. O primm post (03:50)
09. Vincente (03:21)
10. Perdere ‘a capa (feat. Geolier) (03:40)
11. Comme na fede (02:34)
12. Dinastia (02:51)
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