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«SONGWRITER - Johnny Cash» la recensione di Rockol

Johnny Cash, magnifico "Songwriter" della canzone americana

"Songwriter" è il 72esimo album in studio dell'uomo in nero

Recensione del 06 lug 2024 a cura di Paolo Panzeri

Voto 7.5/10

La recensione

Johnny Cash ci ha lasciato il 12 settembre 2003, oltre venti anni fa. 'The man in black', questo il suo soprannome, negli Stati Uniti era una leggenda sin da quando era ancora in vita. Un grande interprete e autore che a partire dalla metà degli anni Cinquanta ha inciso alcuni brani che fanno parte a grande diritto del miglior canzoniere della musica americana. Se vogliamo stare al gioco delle classificazioni utili a semplificare ma spesso anche a confondere – vale sempre l'adagio che la musica si divide in due: quella buona e quella che non lo è -, Cash è sempre stato archiviato nella sezione dedicata al country, in realtà era molto affine anche al rock'n'roll e nella sua musica non mancavano altre sfumature. La sua stella splende per decenni, ma si eclissa negli anni Ottanta. I principali motivi di questo calo di popolarità vanno ricercati nel naturale ricambio generazionale che lo vede allora figurare come un vetusto simbolo della musica dei padri legato ad una serie quasi infinita di problematiche di natura fisica che non lo abbandonarono fino alla morte. Quando ormai la nave pareva inabissarsi senza alcuna possibilità di cambiare il proprio destino, compare all'orizzonte un Deus ex Machina sotto le sembianze di Rick Rubin. Questi, Re Mida della produzione, ha una grande intuizione: fargli interpretare in chiave acustica cover e classici del suo repertorio. Nel 1994 esce "American Recordings", il primo di sei album (gli ultimi due usciti postumi) della serie 'American'. Da quel momento in poi la carismatica voce di Johnny Cash torna ad essere riscoperta, onorata e riverita come si conviene anche da un pubblico più giovane.

Appena prima di Rick Rubin

Ora, a dieci anni dall'ultima uscita postuma di Cash, "Out Among the Stars", disco perduto relativo a una sua produzione collocabile negli anni che vanno dal 1981 al 1984, il periodo più basso della sua carriera, esce "Songwriter", il suo 72esimo album in studio. Le demo delle canzoni incluse in questo nuovo disco risalgono all'inizio del 1993, ma la loro scrittura spazia in un arco temporale molto più ampio, alcuni brani vennero composti infatti negli anni Settanta e una, "Sing It Pretty, Sue", era già stata pubblicata in un suo album del 1962. All'epoca queste registrazioni vennero accantonate poiché appena dopo averle incise Cash incontrò Rick Rubin e si imbarcò nell'avventura "American Recordings". L'idea di realizzare "Songwriter" è da ascriversi a John Carter Cash, figlio di Johnny e June Carter Cash, che ha seguito ciò che gli comandava il cuore, come a lui sempre consigliato dal padre. Aiutato da David “Fergie” Ferguson - e dalla tecnologia - John Carter Cash ha ridotto quelle registrazioni d'archivio alla sola voce e chitarra di Johnny invitando, in un secondo tempo dei musicisti, alcuni di questi avevano suonato in passato con Cash e quindi erano a conoscenza di quale genere di sensibilità possedeva l'uomo in nero, a suonarci sopra.

Un grande songwriter

Il titolo dell'album, "Songwriter", sintetizza l'intento perseguito da John Carter Cash nella realizzazione di questo progetto, ovvero riuscire a regalare, prima di tutto, nuova attenzione alle capacità di scrittura del padre, alla sua qualità di autore che anche Bob Dylan riconosceva come tra le migliori della musica americana. L'obiettivo si può dire perfettamente raggiunto, quello che si ascolta in questo disco è un Johnny Cash 'classico', quello che generazioni di americani hanno amato come musicista e come uomo per la sua capacità di mostrare sinceramente la propria anima, che si tratti di parlare dell'amore verso l'amata June Carter ("I Love You Tonite", "Poor Valley Girl"), dei suoi dolori fisici ("Drive On") oppure della sua lotta contro le dipendenze ("Like A Soldier").

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