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«HEAVEN :X: HELL - Sum 41» la recensione di Rockol

I Sum 41 mostrano due facce della stessa medaglia per dire addio

La band chiude la sua carriera con un doppio album che racchiude luce e oscurità della sua musica

Recensione del 10 apr 2024 a cura di Elena Palmieri

Voto 7.5/10

La recensione

"Stare nei Sum 41 dal 1996 ci ha regalato alcuni dei migliori momenti della nostra vita. Saremo per sempre grati ai nostri fan vecchi e nuovi, che ci hanno sostenuto in ogni modo. È difficile esprimere l'amore e il rispetto che abbiamo per tutti voi e volevamo che ne veniste a conoscenza da noi. I Sum 41 si scioglieranno". Con questo messaggio affidato ai social lo scorso anno, Deryck Whibley e soci hanno annunciato la fine dei giochi per la band canadese, in attività da quasi tre decenni ed esplosi all'inizio degli anni Duemila grazie soprattutto all'album di successo "All killer no filler", trainato dai singoli "Fat lip" e "In too deep". Con la frenesia e la velocità del pop-punk scoppiato in quel periodo, unite all'aggressività di influenze metal, i Sum 41 hanno costruito il proprio suono e plasmato la propria immagine che ancora oggi lega a loro una nutrita schiera di fan. In omaggio a queste due anime che costituiscono la sua musica, la formazione orginaria dell'Ajax ha deciso di pubblicare come ultimo lavoro prima di sciogliersi il doppio album "Heaven :x: Hell", composto da una parte ispirata alle radici pop punk del gruppo e da una più heavy.

Verso lo scioglimento

Quando i Sum 41 hanno annunciato il loro scioglimento, avevano già in canna un nuovo album e in programma un tour mondiale. Come spiegato in diverse occasioni dal frontman della band, il risultato del nuovo lavoro in studio di registrazione aveva le carte in regola per racchiudere l'essenza propria del gruppo e per definire il suo percorso, tanto da riaccendere in Deryck Whibley l'idea di mettere la parola "fine" a questa lunga e più che decorosa avventura. Un anno dopo aver dato alle stampe il settimo album della formazione canadese, "Order in decline", presentato dal vivo anche in Italia (qui il nostro racconto del concerto milanese del 2020, uno degli ultimi prima del lockdown), con l'inizio della pandemia i Sum 41 hanno iniziato a gettare le basi per un nuovo disco. Per casualità e un processo di lavoro molto naturale, la band si è trovata con in mano talmente tante buone canzoni da voler realizzare un doppio album, che alla fine si è anche rivelato il prodotto migliore per concludere la propria attività discografica.

"Heaven :x: Hell": due facce della stessa medaglia

Con un titolo che è una sorta di omaggio ai Black Sabbath, ma che con semplicità racconta inoltre la duplice natura dei Sum 41, il nuovo "Heaven :x: Hell" racchiude la luce e l'oscurità della musica della band, rappresentandone quindi anche l'intero viaggio. Per aprire le danze del loro ultimo valzer, perché alla fine i circle pit dei loro concerti sono un po' una sorta di ballo, Whibley e compagni hanno pubblicato “Landmines”, primo estratto dal disco finale. È una canzone pop punk vecchia scuola, che nel complesso trascina poi la prima parte di "Heaven :x: Hell", scandendo sulla batteria ruffiana di Frank Zummo e sugli accattivanti coretti di "Oh-oh-whoa, oh-whoa-oh" una sorta di riflessione sul tema della rottura: "I'm not right without you, is that so wrong? / I can't help but walk through your landmines", recita il ritornello.

Il fulcro della seconda parte del disco, quella più metal, è arrivato con il secondo singolo, “Rise up”. Introdotto dall'irruenza delle chitarre come mitragliatrici per mano di Dave Baksh e Tom Thacker, a cui fanno eco le slanciate linee di basso di Jason McCaslin, il brano si appoggia sulle sonorità più dure esplorate dai Sum 41, avvicinandosi ai loro lavori recenti. Nella musica e nel testo della canzone, emergono così la voglia di rivalsa e generosità proprie del gruppo: "Cause I know you never thought that this would be how it ends / I told you I'd rise up", sbraita il frontman su un ritmo lanciato a tutta velocità.

Come a rivelare due facce della stessa medaglia, "Heaven :x: Hell" è a tutti gli effetti un doppio progetto, con due anime distinte e due diversi concept musicali, ben definiti tra loro. Ma che nel complesso rappresenta un'unità. Per questi motivi, è un lavoro che funziona

"Heaven" è il lato del disco che porta l'ascoltatore a divertirsi, come se fossimo ancora in mezzo al pit di un concerto di inizio anni Duemila e il tempo non fosse mai passato, ma che inevitabilmente lo è. Tra la foga della batteria, come per esempio in "Waiting on a twist of fate" in cui ci prende gioco degli "scherzi del destino", arriva anche lo svago di chitarre più rock and roll. "I can't wait", "Time won't wait" giungono poi a ricordarci chi sono i Sum 41 che hanno raccolto consensi con irriverenza e sarcasmo. Mentre "Future primitive" è uno degli slanci più coinvolgenti, in pieno stile della band, che ci ricorda anche il suo punto di vista meno banale: "We've all been cheated, but you call it free / The social disease is just getting to me / I don't want to waste, so I'm". Se "Dopamine" è il brano che più si avvicina ai motivetti più piacioni del revival del pop-punk che ha preso piede negli ultimi anni, pur mantendendo una decorosa profondità ("Is it in my head cause I just can't let my demons go?"), "Johnny Libertine" è la giusta dose di velocità che onora la storia dei Sum 41 prima di lasciare a "Radio Silence", una traccia che tende a ricordarci l'intimità di ballad e hit come "With me",  il compito di chiudere la prima parte dell'album.

"Preparasi a Salire", con un titolo italiano che sottolinea il forte legame tra la band e il nostro Paese, apre poi la seconda parte dell'ultimo album dei Sum 41. La voce di Whibley sembra sospesa su questo minuto di calma apparente, prima di darsi alla furia di "Hell". La chitarra strozzata di "Stranger in these times", in cui il frontman svela i suoi timori con franchezza e onestà ("I'm feeling claustrophobic / Not sure if I can take it / Hoping no one knows it / That I'm just trying to fake it / I'm about to blow it / My feet and hands are shaking / I think that I'm about to tear this place apart), la cattiveria di "House of liars" contro tutti "for every goddamn thing", e lo slancio un po' alla Metallica di "You wanted war", fanno luce sulla cupezza più cruda della band e sul suo impegno a non tirarsi indietro dal dire la sua o mostrarsi. In questo clima arriva quindi la rilettura di "Paint it black" dei Rolling Stones, fino al 2012 più volte suonata live dai Sum 41 e prima cover a finire in un loro album in studio. Dopo questo omaggio a una delle loro canzoni preferite, Deryck Whibley e soci ci salutano con la presa di coscienza che "Time won't wait, I’ll push to the limit, I won't waste a minute" di "It’s all me", e un brano che sa di conclusione fin dal titolo, "How the end begins", in cui l'intimità torna nelle corde del gruppo per affermare: "Now it's the end, we can't get it back / Why doesn't anything good ever last? / I gave it all I could give, only to question if / This is how the end begins and I should've known".

La fine dei Sum 41, come ci piacciono

Se è vero che, come recita l'ultima traccia, i Sum 41 hanno "dato tutto quello che potevano dare" e che "I don't wanna believe / That maybe this is the end", come recitano i primi versi di "Landmines", per i fan la fine del gruppo non può che arrivare con dignità grazie a "Heaven :x: Hell". Perché, in conclusione, è un disco che chiude una storia senza lasciare l'amore in bocca, ma con onorabilità. Il nuovo e ultimo album della band, infatti, sa restituire la band come il pubblico si aspetta di sentire, e lo fa con generosità, offrendo un quadro completo di chi sono i Sum 41 attraverso venti canzoni, per oltre 55 minuti di musica, che rappresentano ogni elemento e aspetto che la formaziona canadese ha maturato, esplorato e ricercato di sé durante i suoi quasi trent'anni di onorata carriera. E ora un'ultima corsa in giro per il mondo che, con un concerto previsto anche in Italia per il 9 luglio 2024 all'Ippodromo SNAI San Siro di Milano (dove sullo stesso palco, nello stesso giorno, si esibiranno anche i Simple Plan ed Avril Lavigne - ex moglie di Deryck Whibley, per dovere di cronaca rosa), calerà il sipario sulla storia dei Sum 41 a gennaio del prossimo anno con due date alla Scotiabank Arena di Toronto.

Tracklist

01. Waiting On a Twist of Fate (02:47)
02. Landmines (02:56)
03. I Can’t Wait (02:06)
04. Time Won’t Wait (02:31)
05. Future Primitive (02:12)
06. Dopamine (03:07)
07. Not Quite Myself (02:54)
08. Bad Mistake (03:03)
09. Johnny Libertine (01:35)
10. Radio Silence (03:23)
11. Preparasi a salire (01:09)
12. Rise Up (03:17)
13. Stranger in These Times (02:57)
14. I Don’t Need Anyone (03:10)
15. Over the Edge (03:09)
16. House of Liars (03:06)
17. You Wanted War (03:32)
18. Paint It Black (02:43)
19. It’s All Me (02:19)
20. How the End Begins (03:16)
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