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«O MONOLITH - Squid» la recensione di Rockol

Squid: un viaggio psichedelico, bucolico e pastorale

“O Monolith” è un disco che non offre punti di riferimento: è questa la sua forza.

Recensione del 19 giu 2023 a cura di Claudio Cabona

Voto 7/10

La recensione

Non ci sono più ambientazioni distopiche e urbane come nel disco d’esordio “Bright Green Field”, ma luoghi rurali, pastorali e bucolici dove la frenesia del suono arriva come una tromba d’aria. E questo è avvenuto perché il secondo disco della band britannica è stato lavorato nei lussuosi studi Real World di Peter Gabriel nel Wiltshire, immersi nella campagna: “O Monolith” è un disco in cui gli Squid mischiano ancora jazz, rock, psichedelia e rumori ambientali, costruendo un suono potente e inafferrabile, come una folata di vento improvvisa. “C’è un tema ricorrente che riguarda il rapporto tra le persone e l’ambiente”, sottolinea la band. Poi gli Squid proseguono: ci sono allusioni al mondo in cui ci siamo immersi, all’emergenza ambientale, al ruolo della domesticità e allo sfasamento che si prova quando si è lontani per molto tempo”.

Elementi di musica folk britannica sono stati naturalmente inseriti in alcune canzoni e sono state incluse registrazioni ambientali dell’area circostante lo studio. Prodotto dal collaboratore di lunga data Dan Carey, l’uomo dietro alcuni degli album più importanti della nuova scena post punk, da Fontaines D.C. ai Black Midi, e mixato da John McEntire dei Tortoise, il loro secondo progetto discografico è un'evocazione musicale dell’ambiente, della domesticità e del folklore. “Si avverte un senso di conversazione aperta, di musica fatta da amici”, dice il gruppo. “O Monolith” mantiene lo spirito inquieto ed enigmatico degli Squid, ed è il riflesso della crescita di un gruppo che guarda sempre al futuro. È un album strano, vivo, con infinite possibili interpretazioni dei suoi misteri interni, che merita di essere esplorato come un fondale marino o una foresta. Non tutto è digeribile con semplicità: spesso la band, non tanto mossa da un virtuosismo fine a se stesso, ma più da un’idea totale di libertà sonora, si concede balzi musicali non semplici per l’ascoltatore.

A rendere più morbidi alcuni passaggi c’è il cantato del batterista Ollie Judge che si allontana dal quasi raschiato di “Bright Green Field” per approdare a un timbro più melodico. Quella degli Squid è musica frammentata, in bilico fra fruizione e sperimentazione, che sfocia in suite strumentali, in un’elettronica sghemba, in un jazz caldo e a volte gelido: i cinque inglesi si sono staccati di dosso l’etichetta post-punk, per giungere a qualche cosa di personale, non autoreferenziale, e che soprattutto non si vuole porre alcun limite. Chi li descrive come una delle migliori band della scena rock Uk, ha ragione, ma non sono per tutti.

Tracklist

01. Swing (In A Dream) (04:29)
02. Devil’s Den (03:05)
03. Siphon Song (05:58)
04. Undergrowth (06:35)
05. The Blades (06:28)
06. After The Flash (05:34)
07. Green Light (04:23)
08. If You Had Seen The Bull’s Swimming Attempts You Would Have Stayed Away (05:14)
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