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«SAVOY - Taj Mahal» la recensione di Rockol

Taj Mahal omaggia l'epoca delle Big Band e la sua infanzia

Il musicista ripropone alcuni standard legati al jazz e allo swing: Ellington e Gershwin, su tutti

Recensione del 11 mag 2023 a cura di Paolo Panzeri

Voto 7.5/10

La recensione

Se si siete avvezzi a frequentare le cose del blues il nome Taj Mahal lo associate immediatamente a un maestro delle dodici battute senza pensare neppure per un attimo al mitico mausoleo sito in Agra, India, una delle meraviglie architettoniche del nostro mondo. Se siete avvezzi all'ascolto della musica del quasi 81enne Henry Saint Clair Fredericks sapete anche che il musicista in questione non ha limitato il suo campo d'azione al blues. Da lì è partito per esplorare le radici popolari della musica africana, quelle della musica americana, e poi il soul, il funky, il cajun, lo zydeco, il jazz che suonava il padre e pure lo swing. Proprio all'epoca d'oro dello swing è dedicato "Savoy", il nuovo album di Taj Mahal che prende il nome dal Savoy Ballroom. Un locale di musica da ballo del quartiere newyorkese nero di Harlem che aprì i battenti nel 1926 per chiuderli nel 1958. In quel luogo vi suonarono big band celeberrime come quelle guidate dai leggendari Benny Goodman e Count Basie, anche se il vero Signore della sala era Chick Webb che, nella seconda metà degli anni Trenta, arruolò come cantante una giovane Ella Fitzgerald.

Standard jazz by Taj Mahal

I quattordici brani di "Savoy" sono altrettanti standard jazz. A partire dalla iniziale "Stompin' at the Savoy" composta nel 1933 da Edgar Sampson e dedicata proprio a quella che sulla copertina dell'album viene definita 'la sala da ballo più bella del mondo' oppure alla classicissima "Summer time" composta da George Gershwin negli anni Trenta per il musical 'Porgy and Bess'. O ancora a "Sweet Georgia Brown" che nel 1952 venne adottata dalla meravigliosa squadra di pallacanestro degli Harlem Globetrotters. Tra gli autori dei brani presenti in "Savoy": Duke Ellington ("I'm Just a Lucky So-and-So", "Mood indigo", "Do Nothing till You Hear from Me"), Louis Jordan ("Is You Is or Is You Ain't My Baby", "Caldonia") e ancora Gershwin ("Lady, Be Good"). I brani sono tutti cantati dalla ruvida e intrigante voce di Taj Mahal, tranne che nella godibilissima “Baby It’s Cold Outside” in cui condivide il microfono con la valente coetanea cantante folk blues Maria Muldaur.

Gioia, ricordo e affetto

"Savoy" è un progetto a cui Taj Mahal pensava da tempo e teneva molto: fu infatti in quella sala da ballo che i suoi genitori si conobbero nel 1938. Quella omaggiata in questo album è la musica che il piccolo Henry ascoltava da bambino, era la colonna sonora di tutta una generazione di afroamericani fiera dello scintillante talento di altri afroamericani nell'America di quasi un secolo fa. La rivisitazione di Taj Mahal di questi brani, che negli anni sono stati proposti da decine e decine di altri artisti, non è pedissequa. Al contrario, ha nella relativa originalità un suo valore. Insomma, ascoltando "Savoy" non si viene trasportati nella Harlem degli anni Trenta a gustarsi le battaglie tra Big Band per il titolo della migliore del reame, piuttosto si viene condotti nella Savoy Ballroom tutta personale di Taj Mahal dove gioia, ricordo e affetto prevalgono e prevarranno sempre su qualsiasi arrangiamento.

Tracklist

01. Stompin' At The Savoy (03:43)
02. I'm Just A Lucky So-And-So (03:23)
03. Gee Baby Ain't I Good To You (03:51)
04. Summer Time (02:48)
05. Mood Indigo (04:09)
06. Is You Is Or Is You Ain't My Baby (04:36)
07. Do Nothin' Till You Hear From Me (05:05)
08. Sweet Georgia Brown (03:18)
09. Baby It's Cold Outside (04:31)
10. Lady Be Good (03:52)
11. Baby Won't You Please Come Home (03:25)
12. Caldonia (03:32)
13. Killer Joe (04:09)
14. One For My Baby (And One More For The Road) (08:08)
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