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«BAND ON THE RUN - Wings» la recensione di Rockol

Paul McCartney & Wings, è questo il loro miglior album?

I 50 anni di "Band on the Run"

Recensione del 05 dic 2023 a cura di Luca Perasi

Voto 8/10

La recensione

È davvero "Band on the Run" il miglior disco di Paul McCartney? Ai fan l’ardua sentenza: certo, rimane il suo album più venduto, più acclamato dalla critica e più celebrato. Per la sua influenza sulla cultura popolare, "Band on the Run" è ancor oggi l’unica produzione di McCartney in qualche modo paragonabile, seppur lontanamente, a quelle con i Beatles.

Il perché è presto spiegato: il percorso che porta alla sua realizzazione segue lo schema di quelle avventure in cui l’eroe (McCartney) supera una serie di ostacoli; allora improvvisa, si adatta e risolve la situazione. L’eroe ne è stato anche il narratore lungo questi decenni, e ha ammantato di ulteriore fascino una storia incredibile.

Una storia che comincia in Scozia, nel luglio 1973, quando Paul e gli Wings provano in vista dell’album. Ecco il primo intoppo: alle prese con un riff che trova ostico, il chitarrista Henry McCullough – bluesman di razza – si scontra con McCartney. In capo a qualche minuto, Henry prende armi e bagagli e lascia il gruppo.

Lagos, dove la casa discografica EMI ha uno studio di proprietà, è la località prescelta per le incisioni. La partenza per l’Africa è fissata per la fine di agosto. Paul ha deciso che suonerà lui la chitarra solista. Il batterista Denny Seiwell non ne è entusiasta, la dinamica “live in studio” ne verrebbe penalizzata. Quando l’automobile che deve portarlo all’aeroporto si presenta davanti a casa sua, Seiwell telefona a Macca: anche lui lascia.

È solo l’inizio, perché in Nigeria, dove Paul arriva con Linda, Denny Laine e il fonico Geoff Emerick, se ne vedono delle belle. La EMI usa modi poco simpatici per impedire all’ex batterista dei Cream Ginger Baker di insistere con McCartney per utilizzare i suoi studi all’avanguardia. Di contro, la sala della EMI non spicca per modernità: microfoni vecchiotti, niente pannelli divisori (anche Paul mette mano a costruirli) e un banco a otto piste con forti limitazioni tecniche: i gruppi africani, infatti, ne usano di solito solo quattro perché non sovraincidono.

In più, l’umidità è spaventosa, McCartney patisce persino un ricovero in ospedale e l’ambiente è ostico. Quando Fela Kuti lo vede a un suo concerto lo accusa di voler “rubare” la musica africana. Un quotidiano locale titola sinistramente: “Vacci piano, questa città è maledetta.” Ultimo ma non ultimo, una sera Paul e Linda vengono derubati del mangianastri con le demo delle canzoni. Secondo McCartney, sarebbe stato necessario ricordarle a memoria. Ma il furto avviene dopo due settimane, a brani già incisi. È Paul a suonare la batteria, e otterrà persino le lodi di Keith Moon.

Tornati a Londra, in ottobre gli Wings terminano le incisioni agli AIR Studios, con un ultimo problema da risolvere: vista l’umidità di Lagos, i nastri si sono ossidati e rischiano di essere inutilizzabili. Emerick ne fa al volo una copia di sicurezza e salva tutto.

L’album esce il 7 dicembre 1973, e sulle prime stenta un po’: non c’è un singolo a trainarlo. È il reparto marketing della EMI a cambiarne le sorti: da un lato, inserendo nella versione americana dell’album “Helen Wheels” (Top 10 su "Billboard" poco prima), dall’altro lanciando due singoli, “Jet” e “Band on the Run”, che diventano million seller e che spingono "Band on the Run" al n. 1 delle charts nella primavera-estate del 1974. L’album rimarrà in classifica quasi ininterrottamente per tre anni.

Le nove canzoni del disco spaziano con disinvoltura attraverso molti generi e stili, come tipico di McCartney: gli echi progressive della tricefala “Band on the Run” (che fornisce la cornice al disco, con la sua storia di carcerati in fuga, un tema che trovò un corrispettivo cinematografico in "Papillon", uscito nelle sale lo stesso mese), il pop radiofonico di “Jet”, il tocco esotico delle acustiche “Bluebird” e “Mamunia”, il ritmo trottante di “Mrs. Vandebilt”, il rock-blues di “Let Me Roll It”, la dolcezza melodica di “No Words”, il pastiche cubista di “Picasso’s Last Words” (scritta da Paul alla presenza dell’attore Dustin Hoffman, che definì l’esperienza uno dei grandi eventi della sua vita), i toni apocalittici di “1985”.

All’epoca della sua uscita, "Band on the Run" mise d'accordo critica e pubblico forse al di là dei suoi effettivi meriti. La sua qualità principale è la coesione: ottime idee musicali e testi poetici, dedicati in gran parte all’idea della libertà, a farne quasi un concept. Potente e dai toni fantastici, a cinquant’anni dalla sua pubblicazione "Band on the Run" rimane fondamentale per il racconto della storia del pop degli anni Settanta. E così il suo autore.

Tracklist

01. Band On The Run - 2010 Remaster (05:13)
02. Jet - 2010 Remaster (04:08)
03. Bluebird - Remastered 2010 (03:23)
04. Mrs Vandebilt - 2010 Remaster (04:39)
05. Let Me Roll It - 2010 Remaster (04:49)
06. Mamunia - Remastered 2010 (04:50)
07. No Words - Remastered 2010 (02:35)
08. Picasso’s Last Words (Drink to Me) - Remastered 2010 (05:48)
09. Nineteen Hundred And Eighty Five - 2010 Remaster (05:31)
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