
E’ toccato agli oltre 25mila del Monza Rock Festival salutare i Litfiba in quella che è stata l’ultima esibizione del gruppo fiorentino con Piero Pelù alla voce. Più che un addio tra vecchi compagni di strada – Piero Pelù e Ghigo Renzulli si sono praticamente ignorati per tutto il tempo – è stato un arrivederci a presto, visto che entrambi hanno in mente nuove strade e nuovi progetti. Un saluto neanche troppo commosso, quindi, e del resto il pubblico, se era emozionato per l’evento, è riuscito a nasconderlo molto bene: non un coro, non uno striscione di rimpianto (come forse sarebbe stato tipico del pubblico calcistico), ma piuttosto la voglia di celebrare il concerto come festa, facendo finta che non stia succedendo niente. E del resto, del vecchio cuore Litfiba nella scaletta presentata a Monza rimane ben poco: quello del gruppo fiorentino è a tutti gli effetti un concerto pop, arrichito soltanto dalle chitarre sature di Ghigo Renzulli e del dimissionario Roberto Terzani. Il materiale è accuratamente selezionato dagli album commercialmente più fortunati del gruppo (da “El diablo” al più recente “Infinito”) e, a giudicare dall’accoglienza riservata ai singoli brani, si direbbe che anche nel pubblico si è verificato ormai quel ricambio generazionale a cui i Litfiba hanno lavorato per diversi anni. Bando alle nostalgie, allora, tanto l’importante, come dice Pelù, è che “lo spettacolo deve ancora cominciare”. L’ultimo spettacolo dei Litfiba con Pelù parte con “Imparerò”, introdotta dai saluti di Piero: «Questa non è la fine, ma soltanto l’inizio di una nuova storia: è una festa», dice, forse senza un’eccessiva finezza nei confronti del taciturno e defilato Renzulli. I due non si guardano neanche, mentre scorrono le note di “Prendi in mano i tuoi anni” – dedicata da Pelù a Pantani («è un grande anche se si droga, anzi è ancora più grande perché così è un po’ rock’n’roll…») – e poi di “Vivere il mio tempo”, un po’ sottotono rispetto alla versione su disco. Seguono “Il mio corpo che cambia”, il saluto zingaro di “Lacio drom”, quello al rock satanico – un po’ scontatello ormai, visto che Pelù cita rock e diavolo da quasi un decennio – di “El diablo”, e poi ancora “Sparami”. «E adesso un tributo a tutte le belle figliole che ci sono qui a Monza», dice Piero introducendo “Regina di cuori”, mentre il concerto si conclude con “Spirito”. «Grazie, per ora», dice Pelù, e il gruppo scompare per riapparire dopo poco. Si riparte con una versione rock di “Mascherina”, si passa attraverso “Lo spettacolo” e si chiude con la versione più sciatta mai ascoltata di “Ritmo 2”: la sensazione è che Pelù sia ormai quasi una macchietta, anche se il suo dominio del palco è stato assoluto. Renzulli sembra aver sofferto un po’ della situazione, e dice un solo “ciao” in chiusura di concerto che si mescola alle urla di Pelù. «Arrivederci a presto», dice Piero e si butta tra il pubblico, mentre Ghigo sottilizza con un: «Anzi, a prestissimo…» - come a dire che lui e i Litfiba sono già pronti per il futuro – e segue Pelù tra la folla. L’ultimo minuto di questi Litfiba lo si vede grazie alle telecamere: Piero Pelù fa il suo show personale andando a salutare le prime file del pubblico seguito da Terzani, poi torna sul palco per un ultimo saluto e sparisce inghiottito dal backstage. Le luci si spengono, lo spettacolo ora può continuare davvero, forse con un po’ meno di farsa e un po’ più di libertà. Quella vera, però. Auguri a tutti e due.
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