Marinella Venegoni de "La Stampa" ha seguito il Tibetan Freedom Concert di Amsterdam. «La colonna sonora del mercatino pittoresco d’una tranquilla domenica di Amsterdam era la voce ipnotica e affascinante del grande Thom Yorke dei Radiohead che cantava «Street Spirit» solo e come sperso sul grande palco, oppure il reggae dolciastro di Joe Strummer (ah, i Clash!) con i suoi attuali Mescaleros, e ancora l’ugola solitaria e spoglia della tibetana Namgyal Lhamo in costume nazionale. Nella sera poi, mentre il tasso di birra saliva e il pubblico era intorno ai diecimila, sono arrivati gli Urban Dance Squad, i Garbage, e Alanis Morissette, e i Blur che hanno chiuso ben nove ore di musica brava, diretta, suonata in modo più artigianale rispetto ai soliti concerti di giro da "prendi i soldi e scappa". (...) L’affluenza totale presunta è stata di sole 30 mila persone di ogni lingua, razza, religione: ben meno dei 130 mila della due giorni dell’anno scorso allo stadio di Washington. Ma gli organizzatori sono contenti così. Quel che conta, infatti, è il "dopo". A causa della differenza dei fusi orari, ieri le manifestazioni del Tibetan Freedom Concert sono state sparpagliate nel tempo; ma le registrazioni verranno assemblate in un radioshow che subirà poi varie forme di commercializzazione per allargare i confini della causa».
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