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Geolier all’Ippodromo di Agnano: "È Napoli che ha scelto me"

Il rapper annuncia un tour negli stadi nel 2026 con tappa nella sua città e parla del nuovo disco.
Geolier all’Ippodromo di Agnano: "È Napoli che ha scelto me"

L’Ippodromo di Agnano è immenso e nel tardo pomeriggio sembra un’enorme vasca che bolle. L’aria è densa, la tensione è quella dei grandi eventi. Il palco, le luci, il drone show, l’orchestra, la band, gli ospiti. Ma al centro, a suo agio, c’è un ragazzo con l’aria tranquilla, la voce bassa, gli occhi limpidi. Geolier ha portato a compimento il suo progetto più ambizioso. Due date consecutive, 116.000 spettatori complessivi, un drone show progettato da anni, un volo sul pubblico, e una scaletta che – canzone dopo canzone – ha raccontato chi è, da dove viene e dove vuole andare. Ma prima di tutto, ha confermato un'impressione che in molti avevano già: Emanuele Palumbo è un ragazzo gentile, diretto, disponibile. Uno che parla con la stessa sincerità con cui scrive i suoi testi.

“No, niente video, niente foto,” dice qualcuno entrando nel backstage. “È una cosa tra di noi, una chiacchiera.” La conferenza stampa pre show si trasforma presto in un dialogo aperto, a cuore nudo. “Dopo che hanno montato palco e fuochi, è andato tutto bene. Ora vediamo come va”. La sera poi, sul palco, si apre con un’intro orchestrale che subito detta il tono: eleganza, potenza, intensità. Segue un freestyle che mette in chiaro le coordinate del live: sarà uno spettacolo, ma sarà anche un’esibizione vera, personale, serrata. La prima parte della scaletta è tutta ritmo, sudore e identità: "Money", "Moncler, Capo", "Tu ed io": tracce che parlano di strada, di asfalto e di riscatto. Ma non è solo rap da palco: è racconto diretto, confessione in tempo reale

Emanuele si muove senza sovrastrutture. Non cerca di dominare il palco, ci vive dentro. Ogni gesto, ogni pausa, è un contatto con il pubblico. E quando arrivano i momenti più intensi – "Episodio d’amore", "Per sempre", "Scumpar", "Chiagne" con Lazza – il rap diventa dialogo. È lì che Geolier entra in connessione, espone il cuore e lo lascia aperto. Poi si alzano gli occhi. Parte il drone show. Cinque minuti di animazioni luminose nel cielo di Napoli: immagini dell’artista, della città, messaggi, simboli. Cinquecento droni, un sistema completamente automatizzato, figure larghe oltre 200 metri, e una quota di volo fino a 120 metri. E poi l’annuncio scritto fra le stelle: 26 giugno 2026 – Stadio Diego Armando Maradona, nuova data del tour “Geolier Stadi 2026”. “Era un sogno che avevo con mio fratello da tempo,” ha spiegato. “Me l’ha fatto vedere mia nipote a Disneyland. Ho pensato: lo devo fare. Prima costava troppo, ora ce l’abbiamo fatta.”

Nel momento più teatrale del live, è Geolier in prima persona ad alzarsi in volo. Sfiora le teste degli spettatori mentre canta "Campioni in Italia" e "P Secondigliano". “Volevo andare anche da quelli dietro. L’Ippodromo è lungo, quelli dietro non vedono. Il momento è stato pensato per questo, non solo per lo spettacolo.” La parte centrale del live vira verso il club: DJ set di Poison Beatz, beat serrati e una sequenza che vede sul palco Rocco Hunt, SLF, Luché. È un flusso che tiene alta la temperatura, ma senza perdere l’equilibrio. Il finale arriva con "Give You My Love", a chiudere il cerchio con delicatezza.

La scenografia è imponente, mentre l’atmosfera è quella di un grande raduno collettivo. In platea c’è un pubblico trasversale, ma il cuore batte nei quartieri. È lo stesso Geolier a dirlo: “Non è che Geolier è Napoli. È Napoli che è Geolier. Mi hanno scelto loro. Io non mi sono preso la bandiera, me l’hanno data loro.” E sul legame con il pubblico aggiunge: “Io ho il bisogno quotidiano di avere a che fare con i miei fan. Quando mi vedono mi chiamano Manué. Ieri qui fuori c’erano duemila persone. Ho venti uscite per andarmene, ma io esco dalla parte dove ci sono i fan. Perché non sarei mai andato sotto il sole a un concerto, nemmeno per Michael Jackson, invece loro per me lo hanno fatto.”

Nel backstage, prima di salire, parla anche della piattaforma G-Fam che lancerà a breve per i fan. “Non sarà a pagamento. Scannerizzi un codice e puoi parlare con me, vedere spoiler, magliette, melodie. È per stare più vicino a loro. Io rispondo sempre ai messaggi, anche solo per un ‘tutto a posto’.” Poi c’è il racconto privato, quello che non sta sui social: Pozzuoli, il terremoto, il primo live. “Ho comprato casa, ho finito i lavori. E poi c’è stata la scossa, quella forte, 4.8. E ho dovuto rifare i lavori daccapo. Ho pensato a quelli che non possono fare come me. Per il concerto, prima di tutto abbiamo pensato alla sicurezza. Il problema non è il terremoto, ma il panico. ”C’è spazio anche per un sogno, un live al Teatro di San Carlo. “Mi piacerebbe. Solo piano e voce. Magari cominciare con un omaggio a un grande napoletano tipo Mario Merola. Una cosa intima. Come cantare in giardino, in compagnia. Jovanotti mi ha detto: ‘Negli stadi sei lontano’. E anche io voglio stare vicino.” 

E poi l’America, i nuovi suoni. “Los Angeles è la capitale dell’hip hop. Ho lavorato con gente che ha prodotto per Beyoncé, 50 Cent. Ho imparato un sacco. Anche un po’ d’inglese. Ma non posso dire nulla sul nuovo disco. Ci sarà l’impossibile. Spero di portare nuova musica già nei prossimi live.” Alla fine, rimane solo una frase. E forse è l’unica che serve davvero a spiegare tutto: “Io non ho studiato niente a tavolino. Se succede, succede. Sempre come abbiamo fatto: naturali, veri.” E quando lo dice, non sembra un’espressione fatta. Sembra un modo di stare al mondo.

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