Marco Mengoni: "Ricostruiti sulle macerie. Ora ricominciamo"

"Tutto questo spettacolo parla di un percorso: della mia fragilità, della ricostruzione personale, di una società che prova a rimettersi insieme dopo essersi sbriciolata", Marco Mengoni racconta così il suo tour negli stadi di quest'anno. Dopo la data zero di Lignano Sabbiadoro, il cantautore ha dato il via ufficialmente al tour da Napoli, uno Stadio Diego Armando Maradona sould out, che diventa teatro di un’opera pop complessa, stratificata, emotivamente sincera.
La data partenopea di "Marco Negli Stadi 2025" è anche il punto di arrivo e di ripartenza di un percorso artistico e umano che ha attraversato crolli, dubbi, rinascite. "Abbiamo sempre fatto piccoli passi", racconta l'artista: "Dai club alle arene, dagli stadi italiani a quelli europei. E oggi siamo qui: dodici stadi, un tour che non è più solo un concerto, ma un racconto".
Mengoni non parla solo di musica, ma anche di scelte, di metodo e di tempo: "C’è chi va negli stadi al secondo disco, io ci ho messo tredici anni. Volevo arrivarci pronto", sottolinea la voce di "Guerriero": "Non per ambizione, ma per rispetto: verso me stesso e verso chi viene a vedermi. Non volevo mettermi alla prova prima di essere in grado di reggere il peso di tutto questo".
Il rispetto di cui parla Marco Mengoni si ritrova in ogni dettaglio dello show. Nonostante i continui cambi d’abito – tutti realizzati su misura, selezionati tra brand storici e giovani designer – il ritmo non si spezza mai. Mengoni, però, non vuole solo stupire. Vuole coinvolgere, portare dentro qualcosa di più profondo. "Ho vissuto un anno difficilissimo", confessa l'artista, che lo scorso 22 settembre ha pianto la scomparsa di sua madre Nadia: "Ho perso la cosa più importante della mia vita. E quando perdi così tanto, smetti di avere paura. Quello che porto sul palco è anche questo: un invito alla libertà. A vivere senza timore del giudizio".
Lo spettacolo, ispirato alla struttura della tragedia greca, è suddiviso in sei capitoli. Marco Mengoni va oltre l'estetica: ogni sezione è una tappa di un percorso di consapevolezza emotiva e collettiva. "Il mio monologo racconta proprio quello: siamo saliti in cima alla montagna, poi siamo crollati. Ora camminiamo sopra le macerie. La ricostruzione è lenta, ma possibile. Siamo edifici di vetro, fragili, ma capaci di riflettere la luce", afferma il cantautore. La parte più intensa arriva proprio lì, nel cuore del concerto, quando la musica si interrompe per un momento di parola nuda, sincera: "Pensavo che la paura fosse il sentimento peggiore. Mi sono scoperto nostalgico di quel sentire. Il buco nero della perdita resta, ma ora ci metto delle lucette intorno", dice poi Mengoni. Il cuore dello spettacolo, invece, è un manifesto politico ed esistenziale. Quando alza la bandiera della Palestina, il pubblico esplode. Marco non si tira indietro: "Non è una provocazione: è un dolore. Un simbolo di fragilità, di città distrutte, di umanità che urla. E no, non mi interessa se qualcuno ha da ridire", dichiara. Poi guarda negli occhi la folla e spara senza filtro: "Gli stronzi che comandano nel mondo stanno facendo disastri". Napoli applaude, urla, piange. Il Maradona diventa un unico corpo, un’unica voce. Qui la tragedia greca si fa politica.
Non manca una riflessione sul “Corsetto Gate” – come qualcuno ha ribattezzato ironicamente le critiche ricevute per le sue scelte di look. A riguardo, Mengoni è diretto: "Mi metto quello che mi fa stare bene. Punto. Se lo fa Damiano è un figo, se lo faccio io no? Forse perché sono più figo di Damiano. E vedrai quando mi metto il reggiseno". Poi si fa più serio: "Le mie parole non fermeranno la violenza del giudizio. Ma se riesco a far sentire libere anche solo un po’ di persone con questo concerto, allora ne è valsa la pena".
Alla domanda più attesa – il nuovo disco? – Mengoni risponde con calma e sincerità: "Mi sono preso una pausa. Non per pigrizia, ma perché questo mondo ti spinge a correre, a fare senza capire. E io volevo capire. Volevo portare in tour qualcosa di vero, non una promo in playback. La musica tornerà, presto. Ma intanto, questa, è già una dichiarazione d’intenti".
Con oltre mezzo milione di biglietti venduti, dodici stadi italiani e un tour europeo in arrivo, "Marco negli Stadi 2025" non è solo un live. È un rito collettivo, dove arte, parola, corpo e suono si fondono in un’unica narrazione. "Siamo sopravvissuti al crollo", ripete Mengoni, mentre l’ultimo brano – "Esseri umani" – si alza nello stadio. "Ora possiamo solo ripartire. E io voglio farlo con voi", conclude.