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Il suono dell’indie rock: 10 canzoni per (ri)scoprire Bob Mould

Il cantante e chitarrista racconta le sue canzoni, da “Here We Go Crazy” agli Hūsker Dü e agli Sugar
Il suono dell’indie rock: 10 canzoni per (ri)scoprire Bob Mould

Ci sono nomi che sono davvero iconici e leggendari, al di là dell’abuso che si fa di questi aggettivi. Bob Mould è uno di questi: con gli Hūsker Dü, insieme al compagno Grant Hart, è tra i padri fondatori del rock indipendente. La band arrivava dalla scena hardcore di Minneapolis, ma univa chitarra a volume altissimo con melodie e ritornelli. Fu tra le prime a firmare per una major e rimase un modello per le generazioni a venire - tanto che Bob Mould, nella chiacchierata che ha dato vita a questo pezzo, mi ricorda che fu tra i candidati considerati dai Nirvana per produrre quello che sarebbe diventato “Nevermind”. La storia è andata diversamente, ma nel 2011 Dave Grohl lo avrebbe chiamato a collaborare con i Foo Fighters, mettendo in piedi anche un concerto tributo.
Mould ha una lunga e prolifica carriera: gli Hūsker Dü si sciolsero (malissimo) nell’87 e lui iniziò un percorso solista interrotto da un altro trio, gli Sugar, che all’inizio degli anni ’90 ebbero un bagliore di successo nel periodo del boom del grunge.
È appena uscito “Here We Go Crazy”, nuovo album, il primo in 5 anni. La formula è quella classica: chitarre e melodie, ma per raccontare un mondo che va a pezzi. Con Mould, che abbiamo raggiunto a Berlino via Zoom, abbiamo messo assieme una playlist di una decina di canzoni della sua carriera, raccontate e spiegate, per riscoprire uno dei grandi del rock indipendente americano: in fondo trovate la playlist. Bob Mould tornerà in Italia dopo molti anni, per due concerti a novembre, l'11 e il 12 Roma e a Milano.

“Here we go crazy” / “By your side”

La canzone di apertura e quella di chiusura del nuovo album, una sorta di introduzione a un album che racconta come sopravvivere in un mondo che sembra impazzito.
Bob Mould: “Here We Go Crazy” non era stata scritta come title track. Mentre lavoravo alle nuove canzoni mi è sembrato chiaro che fosse la dichiarazione più forte che potessi fare in questo momento. Il mio disco precedente, “Blue Hearts”, era più politico, qua volevo condividere un tempo e un luogo: gli ultimi anni e il deserto della California meridionale, dove io e mio marito trascorriamo molto tempo. Palm Springs è una città molto LGBTQ friendly, è circondata da montagne, molto bella ma è una vita molto diversa da quella da musicista che faccio di solito. Per me questa canzone è un po’ come l’intro di “Sgt. Pepper”, presentare un tempo, un luogo e alcuni personaggi. “By Your Side” è la chiusura, è la fine della storia: se il mondo sta crollando, voglio essere di fianco a te. È una canzone che ho scritto mostrando a mio marito come suonava la musica di Minneapolis: usa quel tipo di progressione di accordi. È semplicemente accaduta: il ritornello sembra uscito proprio da una radio di college rock degli anni ’80.”

“Dear Rosemary” (Foo Fighters)

Non è una canzone di Bob Mould, ma mostra il rispetto che gode nel rock americano: per “Wasting Light” del 2011 Dave Grohl chiama Mould a cantare con lui e se lo porta anche in tour. Se non ci fossero stati gli Hüsker Dü, i Nirvana non sarebbero esistiti.
Bob Mould: “Conoscevo Dave dai suoi tempi in una band hardcore e Kurt dai tempi di Seattle. Venni preso in considerazione per produrre quello che sarebbe diventato ‘Nevermind’, ma sono contento che sia andata come è andata. Abbiamo suonato assieme nel ’91, ‘The Year the Punk Broke’, come diceva un documentario. Nel 2010 ci siamo ritrovati in a Washington, D.C., al 9:30 Club, per una celebrazione, una specie di anniversario del locale. Era dove Dave probabilmente aveva visto suonare gli Hüsker Dü quando era un ragazzino. Mi disse: ‘Mi piacerebbe che tu mi aiutassi a scrivere una canzone per il nuovo disco’. Ho immaginato la parte centrale di quella canzone, il bridge, come se io suonassi un assolo di chitarra a 12 corde alla Byrds, alla Roger McGuinn. Dave mi ha portato in tour ed è stato generoso a condividere il suo pubblico e la sua fama con me.”

“Poison years” / “See a little light”

La carriera solista di Bob Mould iniziò nel 1988, dopo la fine degli Hūsker Dü, con un album acustico che spiazzò i fan, ma che rimane a suo modo un capolavoro. Viviamo ancora in anni avvelenati? “See a Little Light” invece 20 anni dopo diventò il titolo della sua autobiografia.
Bob Mould: “Per me fu un periodo pesante, all’epoca. La fine della mia band, io mi ritirai in una fattoria nel nord del Minnesota. Ero piuttosto isolato e stavo cercando di trovare nuovi modi di fare musica, nuovi modi di suonare la chitarra, nuove storie da raccontare. Un anno e mezzo prima avevo smesso completamente di bere, perché a 20 anni ero già alcolizzato. “Poison Years” è una canzone che parla di aver perso del tempo, di aver perso la fiducia nelle persone. “See a Little Light” è invece una canzone più ottimistica: l’ho scritta dopo avere acquistato una nuova chitarra, la Stratocaster blu che ho usato per molti anni, ma accordandola come un dulcimer. È letteralmente una canzone più luminosa in un disco molto cupo.”

“Black sheets of rain”

Il secondo album solista di Mould: si torna all’elettrico, ma con un suono ancora più cupo - una canzone amata dai fan (e suonata spesso da Ryan Adams, grande fan di Mould e degli Hūsker Dü).
Bob Mould: “Lo incisi con la stessa sezione ritmica, con Tony Maimone al basso e Anton Fier dei Golden Palominos alla batteria: ho sempre lavorato in trio, con le mie band e da solo. È un album nato suonando in tour in questa formazione. Ero uscito male da una relazione - ma poi quando le relazioni finiscono bene? E si sente eccome in queste canzoni…”

“If I Can’t Change Your Mind” (Sugar)

Dopo due primi dischi solisti, Mould fonda una nuova band, gli Sugar, sempre un power trio. Dureranno pochi anni, ma diventano un piccolo grande successo, soprattutto in Inghilterra.
Bob Mould: “Credo che il formato degli Sugar e degli Hüsker Dü fosse familiare al mio pubblico, che ci fosse anche una distanza giusta: chitarra, basso, batteria, canzoni forti e melodiche, più brevi. Fu il quarto singolo dell’album e fu importante per me soprattutto per il video, che raccontava l’amore anche attraverso coppie dello stesso sesso: erano gli anni ’90 ed era un messaggio politico. Gli Sugar erano già abbastanza popolari, ma credo che con il video MTV abbia risposto molto bene e poi le radio commerciali hanno seguito l’esempio e hanno iniziato a suonare la canzone, e quindi Sugar è diventato molto popolare anche negli Stati Uniti. Fu una bella combinazione: una canzone molto orecchiabile, una chitarra a 12 corde e un video politico ma morbido, ed MTV.”

“I'm sorry, baby, but you can't stand in my light any more”

Un salto in avanti nella carriera solista. Dopo gli Sugar, Bob Mould prima sperimenta con l’elettronica e il DJing. Poi torna al suo suono, soprattutto con “Life and Times” del 2009: questa è un classico mid-tempo acustico alla Mould - da sempre nelle sue scalette.
Bob Mould: “Per me è una canzone che è strutturalmente e sonoramente molto simile a quelle degli anni ’70, quell'era della radio FM con le ballate tristi. Quel disco uscì 20 anni dopo “Workbook”, e il tono musicale non è molto diverso.”

“The war”

Da “Beauty and Ruin”, album del 2014: la canzone con cui di solito Bob Mould apre i suoi concerti.
Bob Mould: “È un buon brano, con un bel ritmo. Funziona bene come apertura, anche per scaldarmi: non ci sono molte urla, quindi posso entrare nello spettacolo senza forzare. Con l’avanzare dell’età, mi ci vuole qualche minuto per scaldare voce e mani. La storia parla di mio padre, ha un sacco di significati e di bagaglio emotivo, ma in termini di performance dal vivo è una buona canzone per iniziare. Se riesco a suonare quella canzone in quei quattro minuti, mi dico: ‘Bene’, tutto funziona.”

“Celebrated Summer” / “Ice cold ice”

Chiudiamo con alcune canzoni degliHüsker Dü, due classici da “New Day Rising”, 1985, e “Warehouse: Songs and Stories”, 1987. “Ice Cold Ice”, e soprattutto Celebrated Summer” canzone che viene costantemente suonata ai concerti da Mould, una delle sue più amate.
Bob Mould: “‘Ice Cold Ice’ è la canzone preferita di Dave Grohl. Me la fece suonare con lui a un concerto tributo e gli risposi che non la sapevo più… ‘God damn it, learn it, it’s my favorite song, learn it!’, mi rispose, e così feci…
‘Celebrated Summer’, invece, la suono ancora oggi. È una canzone che è una sorta di racconto della fine della giovinezza. La fine dell’estate, l’ammettere che ora siamo cresciuti e si hanno responsabilità, ma possiamo sempre guardare indietro per un momento.”

“Flip your wig” / “Makes no sense at all”

Le canzoni degli Hüsker Dü più amate da Mould, dal “Flip your wig” del 1985
Bob Mould: “Credo che sia il mio album preferito e la canzone è davvero bella. E adoro ‘Makes No Sense at All’, l’ho suonata a ogni concerto. Credo sia stato l’album in cui io e Grant Hart abbiamo lavorato meglio insieme. ‘Flip Your Wig’, il titolo dell’album, derivava dal gioco da tavolo dei Beatles. Io ho scritto una strofa e un bridge, Grant ha scritto una strofa e un bridge. E così abbiamo cercato di essere i Beatles. A modo nostro…”

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