Rockol30

The Shaggs, come un album diventa di culto

L'unico LP del trio femminile si intitola "Philosophy of the world", ed ha una storia incredibile
The Shaggs, come un album diventa di culto

Abbiamo sbagliato, ricominciamo da capo, dice una delle tre ragazze nei Fleetwood Studios di Revere, nel Massachusetts. Il tecnico del suono è letteralmente incredulo e, rivolgendosi al suo assistente, gli chiede: ma come fanno a dire che hanno sbagliato, se tutto è sbagliato? L’impressione, neanche troppo lontana della realtà, è che le tre ragazzine in studio non sappiano neanche imbracciare i propri strumenti. Sono tre sorelle appena adolescenti e hanno le tipiche acconciature shaggy, un taglio mosso e scapigliato molto in voga nella seconda metà degli anni ‘60. Poco lontano dai fonici siede il padre delle ragazze, che ha pagato affinché le loro figlie registrassero un disco, e mal sopporta un timido tecnico del suono che gli suggerisce forse non sono pronte, tornate tra qualche mese.
Era il 1969. L’anno dell’uomo sulla Luna, dell’esplosione di Woodstock, dell’inarrestabile ascesa della controcultura. Mentre Jimi Hendrix incendiava il suo pubblico (e pure la sua Fender Stratocaster) e i Beatles registravano il loro epico addio con “Abbey Road”, nel piccolo borgo di Fremont, nel New Hampshire, lontano dai clamori delle grandi città, un padre ossessionato da una visione stava plasmando un progetto destinato a cambiare le regole del gioco.
Lo so, siete confusi. Quindi cominciamo dall’inizio, perché questa che mi appresto a raccontarvi è una storia incredibile, ma realmente avvenuta. La storia dell’album più assurdo mai realizzato: “Philosophy of the World”.

La premonizione di una nonna, l’ossessione di un padre, la riluttanza di tre figlie

Austin Wiggin Jr. non era un uomo qualunque. Sua madre, anni prima, aveva predetto tre cose: si sarebbe sposato con una donna bellissima dai capelli biondi, avrebbe avuto tre figlie (due delle quali nate dopo la sua morte) e, infine, le ragazze avrebbero formato una band di successo. Le prime due premonizioni si erano avverate con una precisione inquietante. Mancava solo la terza.
Nel 1965 Austin decise che il destino delle sue figlie non sarebbe stato lasciato al caso. Ritirò Dorothy (Dot), Betty e Helen dalla scuola, comprò loro strumenti musicali e impose loro di formare una band: le The Shaggs (per via proprio della loro acconciatura). Nessuna delle tre ragazze aveva mai mostrato un interesse particolare per la musica. Nonostante lezioni private e prove incessanti, i risultati erano disastrosi. Nostro padre era capriccioso e irascibile”, avrebbe ricordato Dot anni dopo, “e noi obbedivamo senza protestare.
Il debutto avvenne al municipio di Fremont. Ogni weekend, per anni, le tre sorelle si esibirono di fronte a un pubblico riluttante, incapace di comprendere quella musica tanto distante dai canoni tradizionali. Ma Austin, impermeabile alle critiche, continuava a credere nella sua visione.

Philosophy of the World: la filosofia del mondo secondo le The Shaggs

A marzo del 1969 Austin portò le figlie ai Fleetwood Studios per registrare l’album di debutto. L’ingegnere del suono rimase sgomento: strumenti scordati, ritmi irregolari, una totale mancanza di coerenza musicale. Il produttore Bobby Herne ricordò l’esperienza come un incubo: “Non avevano idea di cosa stessero facendo”.
Eppure, quel disco non era solo una raccolta di canzoni dissonanti e testi ingenui. Era l’espressione più pura e incontaminata della creatività di tre adolescenti. Non vi aspettate canzoni introspettive e poeticamente elaborati. Con brani come “My Pal Foot Foot” (dedicata al gatto di Dot che era scappato di casa) eIt’s Halloween”, le The Shaggs raccontavano un mondo ingenuo e surreale, lontano dalle complessità tecniche della musica mainstream. Tra le reticenze di tutti, meno dell’uomo che aveva finanziato le registrazioni, il disco si chiuse.
Per la postproduzione i nastri passarono alla Third World, sempre nel Massachusetts, che avrebbe dovuto mixare, masterizzare e stampare l’album, che nel frattempo aveva anche un titolo: “Philosophy of the World”. Sulle note di copertina Austin fa scrivere che “le The Shaggs amano fare musica e la loro arte è vera, pura e non influenzata dai preconcetti esterni.

Austin commissionò 1000 copie dell’album, ma ne ricevette solo 100: a quanto pare qualcuno della Third World scappò con le restanti 990. Insomma: un altro capitolo misterioso di una storia già di per sé stravagante.
Quando Austin morì improvvisamente nel 1975, il progetto si interruppe. Le sorelle vendettero gli strumenti e chiusero con la musica. Sembrava la fine di una vicenda già di per sé bizzarra. E invece no.

La (ri)nascita di una leggenda

“Ma una notizia un po’ originale non ha bisogno di alcun giornale, come una freccia dall'arco scocca, vola veloce di bocca in bocca, cantava un genovese niente male. E così negli anni ‘70, alcune copie di “Philosophy of the World” iniziarono a circolare tra musicisti e collezionisti. L’album divenne un culto sotterraneo, un gioiello nascosto che sfidava ogni logica. Ma soprattutto, in assenza di internet e di una diffusione capillare, per molti le The Shaggs divennero una leggenda metropolitana.
Nel 1980, grazie alla Rounder Records, venne ristampato, segnando il primo passo verso la sua riscoperta. La critica rimase spiazzata. Rolling Stone USA descrisse l’album come meravigliosamente terribile, mentre NME lo inserì nella lista dei 100 migliori dischi che non hai mai ascolato.
Ma fu negli anni ’90 che “Philosophy of the World” raggiunse la vera consacrazione. Kurt Cobain, leader della band che più di tutte aveva dato voce a quel decennio, dichiarò che era uno dei suoi dischi preferiti di tutti i tempi, definendolo puro e sincero. Anche Frank Zappa, maestro dell’avanguardia musicale, lo considerava un capolavoro. 
Per entrambi l’album delle The Shaggs, essendo privo di qualsiasi competenza musicale, era contestualmente privo di qualsiasi preconcetto artistico. Un accordo suonato male, per chi non sa cos’è un accordo suonato bene, non può essere un errore. Insomma per Zappa e Cobain si trattava di un disco puro, che riportava la musica alla sua urgenza espressiva primordiale. Avulso da tecnica e regole prestabilite. Un’opera d’arte sincera e, a suo modo, rivoluzionaria.

L’eredità delle The Shaggs

Con il tempo, le The Shaggs sono diventate le madrine inconsapevoli dell’outsider music, un genere che celebra l’imperfezione e la libertà creativa. Il critico musicale Irwin Chusid ha descritto questa corrente comeuna ribellione contro gli standard convenzionali”, e le sorelle Wiggin come le sue pioniere. 

Ma dove sono le Shaggs oggi?
Helen, la batterista, è venuta a mancare nel 2006. Nel 2017, in una rara apparizione, Dot e Betty sorelle sono tornate sul palco del Solid Sound Festival, accompagnate da una band di musicisti professionisti. Ciò che colpì il pubblico fu l’abilità dei musicisti di ricreare esattamente quelle dissonanze e quei ritmi irregolari che avevano reso le The Shaggs uniche. Provate a chiedere a un chitarrista professionista di suonare una chitarra scordata, o a un batterista di suonare fuori tempo: questo è quello che dovettero fare i membri della formazione che accompagnò Dot e Betty sul palco del Solid Sound Festival.

Insomma le The Shaggs, alla fine, sono davvero diventate una band di culto. La terza profezia di Austin Wiggin Jr. si è quindi davvero realizzata?

 

La musica è fatta di suoni, certo, ma anche di storie, connessioni e rivoluzioni culturali, piccole o grandi che siano. Nei miei articoli cerco di raccontarla così: con amore, attenzione ai dettagli e una passione smodata per l'aneddotica. Perché dietro ogni canzone c’è una parte di universo che si muove. Lo storytelling come approccio alla critica e al racconto musicale. La mia più grande fonte di ispirazione, in tal senso, è Federico Buffa.
Mi chiamo Marco Brunasso, mi occupo di musica da sempre (e ne scrivo da qualche anno), esplorando artisti, dischi e movimenti che reputo irresistibili e interessanti. Alcuni dei miei articoli sono già stati pubblicati su Rockit e TechPrincess (per quest’ultimo portale ho creato una rubrica di storytelling chiamata Dentro la Canzone). Da pochi giorni ho co-fondato un magazine online chiamato Eye On Hype, e sono fondatore, cantante e bassista della band indie-rock LEHAVRE.

 

 

La fotografia dell'articolo è pubblicata non integralmente. Link all'immagine originale

© 2025 Riproduzione riservata. Rockol.com S.r.l.
Policy uso immagini

Rockol

  • Utilizza solo immagini e fotografie rese disponibili a fini promozionali (“for press use”) da case discografiche, agenti di artisti e uffici stampa.
  • Usa le immagini per finalità di critica ed esercizio del diritto di cronaca, in modalità degradata conforme alle prescrizioni della legge sul diritto d'autore, utilizzate ad esclusivo corredo dei propri contenuti informativi.
  • Accetta solo fotografie non esclusive, destinate a utilizzo su testate e, in generale, quelle libere da diritti.
  • Pubblica immagini fotografiche dal vivo concesse in utilizzo da fotografi dei quali viene riportato il copyright.
  • È disponibile a corrispondere all'avente diritto un equo compenso in caso di pubblicazione di fotografie il cui autore sia, all'atto della pubblicazione, ignoto.

Segnalazioni

Vogliate segnalarci immediatamente la eventuali presenza di immagini non rientranti nelle fattispecie di cui sopra, per una nostra rapida valutazione e, ove confermato l’improprio utilizzo, per una immediata rimozione.