Sanremo 2025: Shablo, un producer/manager sul palco del Festival

Con “La mia parola”, Shablo debutta quest'anno in gara a Sanremo come artista. Accanto a lui ci sono Guè, Joshua e Tormento, con cui ha scelto di presentare le cover di “Amor de mi vida” e “Aspettando il sole” insieme a Neffa alla serata del venerdì. "Sono molto felice che finalmente la figura del produttore venga messa alla pari di quella di un artista", racconta l'artista, ospite della Rockol Lounge, presso la sede del Club Tenco.
Rockol: Non è la prima volta di un producer sul palco di Sanremo, ma è la prima volta che è una figura del genere è l'artista principale.
Shablo: Sono molto felice che finalmente la figura del produttore venga messa alla pari di quella di un artista. Nel resto del mondo è già così, la figura del produttore è stata già innalzata. In Italia il mainstream non sa ancora bene cosa faccia un produttore; quindi, sono molto contento di poter dare il mio contributo a spiegare un po' quello che succede. Il produttore è un po' come il regista di un film, quello che ha la visione di quello che vai a costruire poi, che coinvolge gli attori che sono i cantanti, i protagonisti.
Rockol: Come è nata la scelta di partecipare in gara?
Shablo: Per me è nato in maniera abbastanza spontanea, stavo lavorando il mio disco, non avevo assolutamente in mente di presentare un brano per Sanremo, avevo fatto questa canzone da un'intuizione di Joshua che aveva fatto questa parte melodica del ritornello e un mio collaboratore, Jacopo Pesce, che lavora con me nella parte discografica, è impazzito sentendo la canzone. Ha detto: “Questa è una hit”. Per me non era neanche un singolo. Poi, per fortuna c’è un team che a volte ti fa aprire gli occhi sulla questione, quindi da lì la decisione di presentarla e ora eccoci qui.
Rockol: Quando hai detto a Guè, Tormento e Joshua, “andiamo a Sanremo”, quale è stata la reazione?
Shablo: È stato divertente. Nessuno se lo aspettava con un brano del genere. Non essendo stato fatto per Sanremo, non è che ho detto: “Facciamo un pezzo per Sanremo” - come di solito si fa, visto che tutti tentano di fare la hit per Sanremo.
Guè ha detto: “Ma sei pazzo?! Arriveremo ultimi!”. Per lui è una canzone che ha fatto propria, pensando a come fa i pezzi lui, quindi un brano totalmente in stile rap: non ha neanche un argomento vero e proprio se devo dire. È una canzone che ha una forma che si fa contenuto, dico io, perché comunque ha il tipico linguaggio del rap. Joshua ha iniziato a cantare da qualche anno, è un emergente a tutti gli effetti: ritrovarsi su questo palco, catapultato in così poco tempo, non l'ha realizzato neanche lui.
Rockol: Per Tormento è un ritorno, dopo la partecipazione del 2001 con i Sottotono.
Shablo: per me è la parte più interessante, perché ha una storia su questo palco molto forte, che purtroppo non gli ha portato fortuna, per cui ritornare oggi e poter chiudere in maniera diversa quella storia, secondo me, è molto importante.
Rockol: In realtà, tu Sanremo l’hai già fatto, dietro le quinte. Che effetto ti sta facendo nel cambio di prospettiva?
Shablo: L’ho fatto più volte da dietro le quinte: da produttore, da compositore, da manager, vincendolo anche. Conoscevo già il dietro le quinte: i meccanismi, la grande macchina che rappresenta. Farlo da artista è un'esperienza nuova, un'emozione totalmente diversa, e devo dire che è molto più facile farlo da artista che da addetto ai lavori, questo lo posso garantire.
Rockol: Quest'anno sei a Sanremo in doppia veste: come artista e come manager. Non è la prima volta che accade al Festival: precedentemente c'era stato Celentano, che era in gara e poi aveva il clan con i suoi artisti del Clan.
Shablo: Pensavo di essere unico. C'è sempre qualcuno prima che mi rovina...
Rockol: Come si gestisce una situazione di questo genere?
Shablo: È una situazione un po' anomala per me. Essere manager e artista allo stesso tempo è un po' strano, perché devi sdoppiare la personalità costantemente. Io ho chiesto un po' di pazienza ai miei artisti perché sarò un po' meno presente in questa settimana. Ho un fantastico team di management che mi dà una mano a seguire. Ho comunque seguito tutta la preparazione, i brani, e abbiamo lavorato a tutta la preparazione insieme. In questa settimana ho chiesto un po' di pazienza perché ovviamente non ho tempo fisico, e siamo anche concorrenti, da un certo punto di vista c'è anche una sana competizione.
Rockol: Preferiresti vincere tu o che vincesse uno dei tuoi artisti?
Shablo: Per me è già una vittoria essere qui. Se dovessi scegliere tra me e i miei artisti, vorrei che vincesse uno di loro, sarei più contento, lo dico veramente senza falsa modestia.
Rockol: Ci racconti la scelta della cover?
Shablo: È avvenuta in maniera molto naturale. Si trattava di portare su questo palco qualcosa che appartenesse al grande repertorio della musica italiana. E poter presentare due canzoni tanto iconiche per il nostro genere, come “Amor de mi vida” dei Sottotono e “Aspettando il sole” di Neffa, per me è un'occasione un po' unica. È stata una scelta molto simbolica, sia Tormento che Neffa hanno rappresentato due delle più grandi influenze che ho avuto nel mio periodo di formazione quando mi sono avvicinato al rap italiano. Poterli portare su questo palco per me è veramente una grandissima emozione. Ed è anche un onore condividere il palco proprio con Tormento e con Neffa.
Rockol: La tua è una proposta particolare: sei l'artista principale, accompagnato da 3 artisti e da un coro. Come avete pensato la messa in scena della canzone?
Shablo: Quando ho dovuto pensare alla performance, mi sono dovuto inventare qualcosa di nuovo, di diverso. Non essendo un cantante io, allo stesso tempo non volevo essere neanche relegato a semplice musicista, messo magari di lato al palco. Con un designer ci siamo inventati questa console che abbiamo creato proprio fisicamente. Sopra la console ci saranno quelle che sono le apparecchiature classiche dell'hip hop, con un controller che ricrea i giradischi per scratchare. C’è un mpc di nuova generazione per mandare delle sequenze, per fare delle parti ritmiche di batteria e dei campionamenti. E poi ho proposto il coro gospel perché all'interno del brano ci sono grandissime influenze gospel, blues, jazz. Mi piaceva portare anche in maniera estetica questa grande influenza che c'è nel brano, che è soprattutto rimarcata nel videoclip del brano, che va a riprendere l'estetica dell'immaginario tutti i grandi film di Spike Lee, da cui prende l'ispirazione la canzone.
Rockol: È un immaginario "old school", vero?
Shablo: Assolutamente. e va a ripescare un po' nelle origini della musica nera. Sentivo questa necessità, perché ritengo che l'urban di oggi abbia un po' perso questo contatto con le radici, ed è un grande peccato perché credo che si possa arricchire ancora di più. C'è una grande omologazione nella produzione musicale di oggi, e avere delle influenze può arricchire un po’ di più gli arrangiamenti, o riportare in voga i suoni organici, suonati, degli strumenti.
Le interviste di Rockol sono realizzate al Club Tenco, in collaborazione con Evolution ed SCF.