Pink Floyd: David Gilmour soddisfatto per la vendita del catalogo

Attualmente impegnato nelle tappe nordamericane del tour a supporto del suo ultimo album, “Luck and strange” (qui la nostra rececnsione), dopo le date di Roma (qui il nostro racconto) e di Londra, David Gilmour ha rilasciato una lunga intervista al “Los Angeles Times” toccando varie tematiche.
Tra le altre cose, il leggedario chitarrista ha parlato della vendita del catalogo dei Pink Floyd, un accordo che ha visto Sony Music entrare in possesso dei master, dei diritti connessi e dei diritti di immagine della storica band britannica per 400 milioni di dollari. Esprimendo la propria soddisfazione per l’operazione, Gilmour ha spiegato:
"È storia, fa tutto parte del passato. Questo materiale è per le future generazioni. Sono una persona anziana. Ho passato gli ultimi quarant’anni a cercare di combattere per il meglio, contro le forze dell’indolenza e dell’avidità, per fare il massimo con il nostro lavoro. E ora ho lasciato andare questa battaglia".
Ha aggiunto:
"Ho ricevuto il mio anticipo — perché, sapete, non si tratta di denaro nuovo o di chissà cosa. È un anticipo su quello che avrei guadagnato nei prossimi anni comunque. Ma è un piacere dire addio alle discussioni, i litigi e le assurdità che sono andate avanti negli ultimi quarant'anni tra questi quattro gruppi di persone così diversi e i loro manager, e quant’altro".
A margine della stessa intervista David Gilmour ha anche raccontato di quando si è sentito intimidito dalla etichetta discografica per l'ultimo album dei Pink Floyd, "The endless river" del 2014, uscito a distanza di vent'anni dalla pubblicazione del precedente "The division bell".
"Quando abbiamo fatto quell’album, c’era un progetto che Andy Jackson, il nostro ingegnere del suono, aveva messo insieme, chiamato ‘The Big Spliff’ – una raccolta di pezzi e frammenti di jam dalle sessioni del 1994 per 'The division bell' che erano in circolazione nei bootleg", ha spiegato il chitarrista: "Molti fan volevano ascoltare quel materiale che avevamo creato all’epoca, e abbiamo pensato di darglielo". Il materiale è stato quindi raccolto dalla band in "The endless river", un lavoro quasi interamente composto di musica strumentale, tranne che per “Louder than words,” l’unica canzone con voce principale. Nonostante l’entusiasmo dell'attesa, l'album ha poi ricevuto recensioni contrastanti al momento della pubblicazione.
"Il mio errore, credo, è stato quello di lasciarmi intimidire dalla casa discografica e di costingermi a farlo uscire come un vero e proprio album dei Pink Floyd," ha quindi ammesso Gilmour, suggerendo che le aspettative sull'album erano sproporzionate: "Avrebbe dovuto essere chiaro cos’era — non è mai stato pensato come il seguito di 'The division bell'. Ma, sai, non è mai troppo tardi per ritrovarsi in una di queste trappole".