Gli 'oggetti smarriti' di Sergio Caputo
Settanta anni fa, il 31 agosto 1954, nasceva a Roma Sergio Caputo. Il suo esordio discografico sulla lunga distanza è datato 1983 con "Un sabato italiano" ed è un grande successo. L'originalità delle canzoni di Caputo conquistano immediatamente il favore del pubblico. Tra gli anni Ottanta e Novanta il musicista capitolino pubblica una decina di album. Con lo scorrere degli anni le uscite su disco si fanno più rare ma non per questo meno interessanti. A seguire proponiamo la lettura della recensione del live unplugged del 2018 "Oggetti smarriti".
Nel 1983 Sergio Caputo pubblicò l’album “Un sabato italiano”. Prima di quel disco il cantautore romano aveva pubblicato solo 45 giri e un mini LP intitolato con il suo nome. “Un sabato italiano” ebbe un grande e meritato successo dovuto alla qualità delle canzoni, alla originalità del lessico, colorato e scoppiettante, usato nei testi supportato da uno swing assai accattivante. Da quel ‘sabato italiano’ del 1983, Sergio Caputo puntualmente tornò ogni anno a pubblicare un disco e a mantenere una buona familiarità con le classifiche di vendita, questo sino alla fine degli anni Ottanta.
Gli anni Novanta portano in dote un cambio di stile musicale che - a dare lettura delle classifiche di vendita – non viene metabolizzato a dovere dal pubblico con conseguente calo di notorietà. Banalmente si può avanzare l’ipotesi che non sia riuscito a intercettare con le nuove canzoni e con il nuovo indirizzo musicale il gradimento del pubblico. Oppure, si può sentenziare che sia fisiologico non cavalcare l’onda del successo per un tempo infinito. Mai dimenticare che non è di molti possedere il tocco magico. E poi, parallelamente alla musica, esiste la vita con i suoi casi, le sue fortune e i suoi rovesci.
Da sempre innamorato del jazz Caputo si trasferisce, alla fine degli anni Novanta, negli Stati Uniti dove si concentra soprattutto sul suonare dal vivo quel genere musicale. Da questa parte dell’Oceano il suo ricordo è mantenuto vivo da pubblicazioni che ripropongono il catalogo dei bei tempi andati. Un repertorio che mai sfigura nella compilation di turno. Poi il ritorno in Italia e, storia dello scorso anno, unisce le sue forze a quelle di Francesco Baccini e insieme battezzano un progetto chiamato Swing Brothers che partorisce l’album “Chewing gum blues”. Swing e blues, cos’altro altrimenti.
Il presente di Sergio Caputo si chiama “Oggetti smarriti”, un album unplugged lungo undici brani che assembla tre inediti e otto remake. Un disco per chitarra e voce, tranne la nuova “Scrivimi scrivimi” scelta come singolo apripista che infatti apre la tracklist e ha l’incombenza, nella rotazione radiofonica, di catturare l’attenzione dell’ascoltatore, molto spesso distratto. Gli oggetti smarriti del titolo sono canzoni meno note del repertorio del cantautore che vanno a coprire un arco temporale molto ampio: si va infatti da “Libertà dove sei” datata, niente meno, che 1978 fino a “Straight from my heart”, cantata in lingua inglese, estratta dall’album del 2015 “Pop jazz and love”. Canzoni riproposte in forma acustica, chitarra, voce e, quando è il caso, strumenti meramente da accompagnamento come maracas, tamburello, armonica.
“Oggetti smarriti” è un viaggio lento, rilassato e molto godibile all’interno della poetica di Sergio Caputo. Il mood che il disco crea potrebbe essere quello di una serata attorno al fuoco sulla spiaggia con ‘pochi amici con cui tirare a far mattina’, come canta in “Meglio così” (dal q disc del 1981 “Sergio Caputo”). Un disco scarno, diretto e senza finzioni lontano dalle isterie metropolitane che evidenzia e sottolinea le capacità autoriali di Sergio Caputo. Credo che farà piacere ritrovare questi oggetti smarriti soprattutto a quanti abbiano già familiarità con il repertorio di Sergio Caputo.