Massimo Cotto, "SanremoLab" e la candid camera

Da questa mattina non faccio che rispondere al telefono a chi mi chiama per dirmi quanto è dispiaciuto per la scomparsa di Massimo Cotto. Non mi va di ricordare qui le tante cose che ho fatto insieme a Massimo, dalle due edizioni di "Radar" ai molti SanremoLab/Area Sanremo alle cinque edizioni dei Rockol Awards: non voglio entrare nella competizione su chi era più suo amico. E allora vi racconto, anzi vi faccio raccontare da lui (che l'ha rievocato nel suo "Pleased to meet you", il libro uscito nel 2013), lo scherzo che gli ho architettato, con molti complici, appunto nell'ultima giornata delle prime selezioni di SanremoLab del 2007. Così, per ricordarmelo con un sorriso.
SANREMOLAB, 2007. Se Dio vuole siamo alla fine delle prime selezioni. Trecento giovani e forti. La Commissione che presiedo ne deve scegliere duecento, che poi diventeranno cento, poi quaranta e infine dodici. Tra quei dodici Pippo Baudo sceglierà i tre che andranno al festival di Sanremo 2008. Stiamo per far entrare l’ultima concorrente. Come sempre, leggiamo prima il curriculum e il testo della canzone. Si chiama Melissa, ha studiato prima dalle Orsoline e poi in un altro istituto religioso. Il suo brano s’intitola "Lo voglio grosso". Il testo è un continuo doppio senso, a volte divertente altre volte ai confini del buon gusto. L’inciso inizia con il verso: “Mi piace chi ce l’ha grosso” e poi prosegue con “il conto in banca”. Vabbè, vediamo.
Melissa entra. Alta, magra, molto bella. Il mio tipo. Capelli lunghi, stivali con il tacco a spillo e calze velate color carne. Indossa un trench di pelle stretto e scuro. Semplicemente perfetta. Sto per dire le solite due parole per tranquillizzare i concorrenti e cercare di metterli a loro agio, ma Melissa mi precede: “Mi hanno detto che mettete tutti a proprio agio. Vorrei mettermi completamente a mio agio”. Si toglie il trench, lo getta a terra e rimane seminuda, in calze e sottoveste. Io sorrido. So per esperienza che i pazzi è meglio assecondarli. “Come vuoi, Melissa, ma noi preferiremmo...”
Entra in scena Davide della sicurezza. Raccoglie il trench, copre Melissa, la prende quasi di forza e la accompagna alla porta, dicendo: “A noi queste cose non piacciono”. Mentre la scorta verso l’uscita, Melissa mi guarda e dice: “Massimo, vuoi che dica a tutti che mi hai portato in un albergo ad Asti durante il tuo festival, promettendomi che mi avresti fatto passare?”.
Melissa esce. Mi manca l’aria. Prima che io ribadisca chiaramente che non avevo mai visto quella ragazza prima di allora, interviene Pierluigi Ferrantini dei Velvet, in Commissione con me: “Ma davvero te la sei scopata?”. Mi volto per fulminarlo. “Ma sei pazzo?”, dico. S’inserisce Enrico Ruggeri, altro commissario: “Forse non te lo ricordi”. Mi sembra un incubo. Prima regola: distacco totale dalle concorrenti. Nessuna eccezione. Guardo tutti quelli che sono con me nella stanza. Il presidente di Sanremo Promotion Maurizio Caridi, le assistenti, le segretarie, la Commissione, la sicurezza, i tecnici. I loro occhi dicono che non mi credono. Nessuno parla.
Poi, dopo un silenzio eterno, Franco Zanetti, grande amico e vicepresidente, mi indica con il dito un punto lontano, da cui esce l’estremità di una telecamera: “Sorridi, sei sulla nostra Candid Camera”.