Nils Frahm dal vivo è un'esperienza unica

Ci sono concerti che andrebbero visti almeno una volta nella vita di un/una appassionato di musica. Uno è sicuramente quello che ci sarebbe dovuto essere in questi giorni a San Siro (anche se l’artista non è più quello di un tempo, come raccontava lucidamente l’anno scorso Ernesto Assante). Ma un altro che mi viene in mente è Nils Frahm, passato il 30 maggio al Fabrique di Milano, per l’ultimo dei 4 concerti italiani: una forma di performance unica, un uomo solo sul palco circondato da decine di strumenti che usa per creare un'esperienza totale e che abbatte le barriere dei generi musicali.
Il compositore tedesco è uno dei più eclettici in circolazione: un simbolo di quella che spesso viene chiamata “neo classica” - e il suo ultimo album "Day" è di minimale piano solo - e ha inciso album di elettronica, ambient (lo stupendo e lunghissimo "Music for animals" di un anno fa), passando tra diversi approcci con una naturalezza impressionante. Ma i suoi live sono un'esperienza ancora più sorprendente e spiazzante: sul palco c'è praticamente uno studio di registrazione suonato in diretta, con una decina di diverse tastiere (dall'harmonium ad un piano verticale, con tutto quello che è possibile in mezzo), loop machine, arpeggiatori, campionatori sintetizzatori e pure strumenti origin come un cono di vetro ruotante che toccato fa una sorta di effetto simile a quel gioco del passare il dito su un bicchiere.
Inizia da quello, per poi passare ad una tastiera, inserendo quindi loop, beat. Il primo brano parte da "Harmonium in the well" per diventare una lunga suite di oltre 20 minuti che da sola vale il concerto.
Finito il brano, si rivolge al pubblico, chiedendo di fare versi di animali: li campiona in diretta e li usa per la performance successiva. Il concerto alterna momenti minimali - come un paio di brani al piano verticale, tra cui "Hammer", uno dei suoi più noti, accolto da un applauso - a costruzioni più complesse. La sequenza di "Says"-"Toilet brushes" è da brividi: il primo è la sua "signature song", parte da un arpeggiatore su cui costruisce pezzo a pezzo un crescendo fino alla spettacolare entrata del piano - mentre il secondo inizia usando davvero degli spazzolini da bagno usati per percuotere la cassa del piano. Questi tre nrano sono tutti in "Spaces", album dal vivo di qualche anno fa che è quello da recuperare, se non lo conoscete, assieme al più recente "Tripping with Nils Frahm" - che è anche un film-concerto. Lo avevo intervistato quando era uscito quest'ultimo e mi aveva reccontato:
La mia musica è un dialogo simbiotico con le macchine. Cerco di controllarle come un capobranco, ma le macchine hanno una sorta di loro volontà. È come cavalcare un cavallo selvaggio, rischi di cadere. Ma non è diverso dal rock: un chitarrista ha i miei stessi problemi nel trovare il suono giusto, usando magari la pedaliera.
Uso la tecnologia per modificare i suoni: per un ascoltatore casuale può non essere la parte più interessante, ma per il musicista è parte della sua identità. È come non trovare le scarpe giuste per una persona che ama la moda. Se non trovi il riverbero o il delay giusto non ti senti sicuro e orgoglioso come vorresti. Con i miei ingegneri ho costruito strumenti che mi permettono di controllare i suoni come voglio, anche in diretta sul palco.
Un concerto così, probabilmente, andrebbe visto in un teatro più che in un club come il Fabrique: in Italia ha suonato al Vittoriale, al Regio di Parma e le altre date di quetsto giro erano in posti come il Duse di Bologna- ma a Milano peraltro erano presenti oltre mille persone, nonostante una serata che minacciava violenti temporali.
Ovunque lo vediate, quello di Nils Frahm è un concerto davvero unico per idea, performance ed impatto emotivo: quando tornerà sappiate che è imperdibile.