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I Depeche Mode sono ancora i più grandi

Se gestire la crisi diventa un'arte - mai fatta così bene. La recensione del concerto a Torino...
I Depeche Mode sono ancora i più grandi

I Depeche Mode vengono sempre in Italia, dove da decenni allevano con cura uno dei fandom più ricchi e affezionati del mondo. I Devoti: è questo il nome della larghissima cerchia di boomer e millennial che militano in stadi e palazzetti, con la maglietta d’ordinanza della loro band preferita. Sette anni dopo l’ultima apparizione, il palazzetto più grande d’Italia - ora ribattezzato “Inalpi Arena” - accoglie ancora una volta il combo inglese a Torino, per il primo dei tre sold out italiani di questo Memento Mori World Tour.

Si intitola proprio “Memento Mori” il quindicesimo album in studio della formazione di Basildon, nato dal dolore e dal superamento della morte di Andrew Fletcher, membro fondatore e colonna portante dei Depeche Mode scomparso prematuramente nel 2022. Un disco nato per «trovare stabilità in ciò che conosciamo e amiamo e concentrarci su ciò che dà significato e scopo alla vita», per citare le parole con cui Dave Gahan e Martin Lee Gore hanno presentato il loro ultimo capitolo discografico al mondo. Fa impressione pensare oggi ai Depeche come a un duo, eh? D’accordo, ci sono sempre Peter Gordeno e Christian Eigner, che definire ancora turnisti dopo un quarto di secolo è leggermente oltraggioso, ma i Depeche Mode sono rimasti in due. «And then there were two», come scrisse l’ex-membro Alan Wilder commentando la triste dipartita di Fletcher, fornendo anche una spiazzante didascalia per le foto promozionali dell’album e del tour, con Dave e Martin, rimasti soli, stagliati su uno sfondo fuori fuoco, mentre guardano guardano negli occhi Vita e la sua oscura sorella e sfidarle, ancora una volta.

I Depeche hanno superato decisamente di peggio, soprattutto Gahan che si è guadagnato negli anni il soprannome “The Cat”, per la sua straordinaria capacità di eludere più volte una fine che sembrava certa e tornare più forte e carismatico di prima. Appena sale sul palco viene da pensarlo: ma come fa? Come fa a sessantadue anni a essere ancora così? Tira indietro i capelli, allarga le braccia e respira a pieni polmoni. I suoi movimenti di bacino sono ancora suadenti, la sua voce ancora più cupa, le sue piroette un po’ più plastiche, ma al limite del fantascientifico per questioni quantomeno anagrafiche. Inizia a girare come una trottola e nelle due ore di durata si ferma solo per riproporre i suoi iconici passi a due con l’asta del microfono, in un lussurioso vortice di sensualità che è da sempre la sua personalissima firma in calce al concerto. Se fosse un attore, diremmo che è in perenne overacting. Accade ormai da diversi tour, almeno da “Sounds of the Universe”, ovvero da quando i Depeche hanno deciso di alzare l’asticella della spettacolarità e diventare una delle più amate e redditizie live band di sempre. Quindi forse, in questo caso, l’eccesso diventa necessario e soprattutto bramato dalle migliaia di persone che sembrano mosse dai fili invisibili di un burattinaio senza tempo.

In questa nuova tappa nell’arena indoor torinese serve proprio la scintilla di Dave per accendere la miccia, perché a inizio serata c’è invece forse l’unico asterisco dello show, laddove l’apertura è affidata ovviamente a “My Cosmos Is Mine”, già opener del disco. Ammettiamolo: è una delle aperture più sottotono che si siano mai viste  in un tour dei Depeche Mode. Meglio dire cautamente “una delle” per non essere troppo perentori, ma l’effetto sulla platea non è esattamente quello che ci si aspetta da uno dei concerti più attesi dell’anno. Va decisamente meglio con “Wagging Tongue” - l’unico pezzo di Memento mori scritto a quattro mani da Gahan e Gore - ma per fortuna arriva subito la granitica “Walking in My Shoes” a settare il giusto tono e far esplodere la serata in un boato degno della grandezza di questa celebrazione.

Ogni momento in scaletta ha il suo rito, come il potentissimo sing-along di “Precious”, o l’atmosfera che si viene a creare durante l’intermezzo da assoluto protagonista di Martin Lee Gore. Come di consueto, la sua toccante “Home” si conclude con un coro di rara bellezza con il quale tutto il palazzetto si stringe intorno al suo paroliere preferito. O ancora l’outro di “Never Let Me Down Again”, come sempre accompagnato da un isterico movimento di braccia al cielo, comandato da Dave e dalla sua insaziabile fame. Pretende energia vitale dalla sua platea, che risponde all’appello con ogni preziosa goccia del proprio sudore. Stupisce poi “Ghosts Again”, super singolo apripista di questa nuova fase di carriera che viene accolto con la stessa frenesia dei grandi classici e che ha già trovato un posto privilegiato nei cuori dei Devoti.

L’assenza di Andrew Fletcher si fa presenza, ed è massiccia. Il suo spirito aleggia, elettrico ed elettronico, e quando gli viene dedicata “Behind the Wheel” la temperatura all’Inalpi Arena si abbassa di qualche grado, dando i brividi. La mancanza di Fletcher è per il morale ciò che l'abbandono di Alan Wilder fu per la creatività, ma non va dimenticato - e forse è impossibile farlo, almeno per chi li segue criterio e/o passione - che i Depeche Mode sono dei redivivi e sono sempre stati in grado di fare della gestione delle crisi un’arte. Lo fanno ancora oggi. Anzi, forse non l’hanno mai fatto così bene. Per questo dopo l’ennesima stupefacente chiusura con “Personal Jesus” ce lo si chiede. Ma dopo tutti questi anni, come fanno a essere ancora i più fighi del pianeta?

Setlist:

SETLIST

Speak to Me (registrata)
My Cosmos Is Mine
Wagging Tongue
Walking in My Shoes
It's No Good
Policy of Truth
In Your Room
Everything Counts
Happy Birthday to You - Cover di Mildred J. Hill & Patty Hill
Precious
My Favourite Stranger
Strangelove
Home
Ghosts Again
I Feel You
A Pain That I'm Used To
Behind the Wheel
Black Celebration
Stripped
Enjoy the Silence

BIS #1

Waiting for the Night
Just Can't Get Enough
Never Let Me Down Again
Personal Jesus

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