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Mary J. Blige: spleen, sofferenza e tanta autenticità

La J della musicista statunitense dopo il suo primo nome sta per Jane
Mary J. Blige: spleen, sofferenza e tanta autenticità

Nella giornata di oggi Mary J. Blige compie 53 anni. Una curiosità: la J sta per Jane. Per alcuni la musicista nata a New York l'11 gennaio 1971 è la più importante artista femminile di musica black dell'ultimo quarto di secolo. Del resto i numeri che può vantare sono di quelli da fare tremare i polsi, ha venduto infatti 50 milioni dei suoi quattordici album. L'ultimo di questi, "Good Morning Gorgeous", è stato pubblicato nel febbraio 2022. Per festeggiare il suo compleanno ripubblichiamo la recensione di quel disco scritta per noi da Michele Boroni.

Quei tre brevi minuti di set a Los Angeles durante l'Half Time Show del Superbowl hanno mostrato al mondo intero, e in questo caso non è una frase fatta, una Mary J Blige ancora in gran forma e che in molti oggi stanno (ri)scoprendo. Sicura delle sue capacità, la Blige era uscita due giorni prima con un nuovo disco di inediti “Good Morning Gorgeous” suo 15mo album a cinque anni dal suo precedente “Strenght of a woman”.

Se “Strenght of a woman” raccontava la fine burrascosa del suo matrimonio dopo 14 anni con il produttore Martin Kendu Isaacs, questo “Good Morning Gorgeous” racconta principalmente la sua nuova vita da single. Che ovviamente non è tutta rose e fiori, perché nella “narrazione Blige” ci deve essere sempre un po' di spleen e sofferenza. Quindi in questo disco c'è la libertà ritrovata e il mondo dei party (“Amazing” con il solito Dj Khaled), ma c'è anche la delusione da “one night stand” (in “Here with me” con Anderson .Paak), il tema della solitudine e della voglia di innamorarsi ancora (“Love without the heartbreak”, “Falling in love”).

Da sempre la Blige è un punto di riferimento per la comunità afroamericana femminile per la sua estrema autenticità nell'aver trattato in passato temi come la dipendenza e la violenza domestica con grande sincerità. Quindi la Blige è qualcosa di più di una semplice cantante r&b ma è anche una via di mezzo tra terapeuta, confessore e coach dell'autostima: la visione del doc su Amazon Prime “My life” fa capire molte cose dell'artista newyorkese attraverso la sua burrascosa biografia e anche del rapporto con i suoi fans.

Lottatrice, sopravvissuta, sacerdotessa dell'amore e del dolore, tanti sono stati gli appellativi che le sono stati affibbiati, come anche quella di regina dell'hip-hop soul quando arrivò negli anni '90 supportata anche da due padrini d'eccezione come Dr. Dre e Puff Daddy. Se la sua voce a quel tempo era una sorta di diamante grezzo, cruda e inesperta, oggi la consapevolezza artistica e personale è massima, al punto che anche le tante collaborazioni presenti nel disco, da Usher a Anderson.Paak fino al giovane rapper Fivio Foreign, sono tutte al suo servizio: è lei che gestisce il gioco e tutti gli altri diventano una sorta di coristi di supporto.

Musicalmente il disco mescola e dosa con dovizia r&b (“Come see about me”), ballatone soul (“Falling in love”), hip-hop (“On top) e certi shuffle che ricordano il new-jack degli anni '90. Tra i credit da segnalare c'è quello di H.E.R. che ha co-scritto e co-prodotto la bella title track. Sempre nella logica del girl power. Quindi la risposta al titolo del capitoletto è decisamente affermativa.

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