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I Negrita sono tornati al rock (e ci sanno fare, come sempre)

Dopo anni di concerti unplugged nei teatri, la band rialza il volume e suda nei club: la recensione
I Negrita sono tornati al rock (e ci sanno fare, come sempre)

 I Negrita riattaccano la spina e tornano nei club a divertirsi con il rock. Per i distratti forse è un’informazione strana, visto che per la band aretina “club e rock” sono il DNA. Eppure negli ultimi anni avevano subito una mutazione genetica: via le spine sostituite da un concerto acustico e non più nei club ma nei teatri. Questo era il profilo che avevano tenuto per ben due tour nell’arco temporale dal 2019 al 2021. Dal 11 agosto 2021 (quindi due anni fa) non erano più saliti sul palco. A questo si aggiunga un silenzio discografico che dura dal 2018 (“Desert Yacht Club” il loro ultimo album). C’è da stupirsi ma anche no, vista l’assenza, nel vedere i sold out arrivare numerosi in questo tour 2024 che riporta, dopo anni, il trio aretino nel contesto più consono.

Evidentemente il radicamento di una delle storiche rock band italiane è ancora forte sebbene la loro carriera, in termini di “dischi” iniziata nel 1994, sia alle soglie del 30° anno. Ma per loro si sono anche aperte le porte per un pubblico anagraficamente nuovo, prossimo ai 30/40 anni. Lo si vede “plasticamente”, quando le porte dell’Alcatraz si aprono al pubblico. A correre in transenna per stare vicino agli artisti non sono gli attempati tardo cinquantenni/sessantenni che ci si aspetterebbe di trovare, quelli arriveranno dopo, ma ragazzi di 30 max 40 anni.

Il tour 2024 li vede approdare a Milano con un sold out e una data vicina al tutto esaurito, due live che si svolgono nel club più grande della città, il cui colpo d’occhio sul pubblico è impressionante. Quella di Milano sono la decima e l’undicesima data del tour.

La lunga assenza dal palco e il ritorno alle origini dei Negrita hanno dato loro un’enorme carica che mettono a terra con grande precisione rendendo le oltre due ore dello show un vero concentrato di energia e di rock dipanato nelle sue mille sfaccettature. Paolo “Pau” Bruni non è caldo, di più: è “on fire”, si muove sul palco mangiandoselo e percorrendolo in largo e in lungo come se il passare degli anni non fosse un problema suo. I suoi storici soci e chitarristi Enrico "Drigo" Salvi e Cesare "Mac" Petricich sono maestri di chitarra con Cesare (alla ritmica) che gioca ad imitare alcune movenze di Keith Richard. Con loro i fidati musicisti che li accompagnano da tempo: Giacomo Rossetti (basso, cori), Guglielmo Ridolfo Gagliano (tastiera), Cristiano Dalla Pellegrina (batteria).

Liberi dai vincoli di un nuovo disco da presentare i Negrita possono mettere in campo una scaletta antologica che unisce gli immancabili classici con brani che non hanno un’esecuzione live da tempo. come nel caso di “Milano 1” di “Io sono”, ballata del 1995 assente dalle scalette da tempo immemore.

La partenza è al fulmicotone, tre brani che danno il perimetro della dimensione rock entro cui si tornano a muovere facendolo con sicurezza ed autorevolezza. Passata la prima sfuriata è il momento dei saluti al pubblico, della sorpresa di vedere l’Alcatraz pieno (fatto che non si spiegano) ed è anche il momento di appunto fare un primo salto nel tempo per ritrovare un poco suonato brano del 1995.

La scaletta vede diversi blocchi: dopo quello rock iniziale ne segue uno molto lungo in cui alternano brani rock potenti con ballate rock più o meno “sporche” e/o più o meno melodiche (si fa per dire insomma). È comunque un trionfo delle chitarre elettriche, un’apoteosi di suoni che non danno adito a dubbio; i Negrita sono tornati al rock e ci sanno ancora fare.

Soprattutto sanno ancora come coinvolgere il pubblico, il quale sa come lasciarsi contagiare e sfrutta i tanti momenti in cui ci si fa travolgere da questo tzunami di energia. E i Negrita martellano duro, lasciano le chitarre davanti a tutto, dietro di loro si muove un basso profondo il giusto e una martellante batteria. Il tutto si appoggia su un leggero tappeto di chitarre, quasi un velo il più delle volte sovrastato dal volume delle sei corde.

Finita la sfuriata rock gli aretini affrontano quella parte più colorata e ritmica del loro repertorio, quel mondo sonoro che si sono riportati a casa dopo un lungo viaggio in sud America. È lo spazio per “Radio conga” dove ritmi in levare e chitarre alla Bombino si uniscono, oppure “Notte Mediterranea” diventa un r’n’r mediterraneo che fa ballare tutto il club come nella successiva “Rotolando verso sud” dal sapore sud americano. Il blocco si chiude sull’antipolitica di “Salvation” che ha un forte sapor di Clash.

La successiva parte della scaletta presenta i Negrita riflessivi, intimisti ed acustici, alle prese con i ricordi e il tempo che passa. Si va verso la fine e per farlo si torna nuovamente sulla strada del rock.

Terminato il concerto arrivano dopo pochi minuti i canonici bis nei quali la band ha concentrato i propri successi. S’inizia con “Cambio” che è come gettare benzina su un già infiammato Alcatraz. Energia che per tutti i tre brani del bis viene amplificata coinvolgendo il pubblico che gode e canta.

Un concerto bello e divertente, che dimostra che il rock in Italia si può fare e che ha ancora un suo spazio di manovra a livello di pubblico ed a livello artistico. Certo per l’occasione tutto è proiettato nel passato ma spesso non si sente il passare degli anni in un contesto che pare senza età. I Negrita si confermano come una delle più forti entità rock del paese; a dispetto degli anni hanno energia da vendere. Bravi

Scaletta:

Siamo ancora qua
Bambole
Il libro in una mano
Io sono
Negativo
Non ci guarderemo indietro mai
In ogni atomo
Hemingway
Il gioco
Che rumore fa la felcità
Brucerò per te
Radio conga
Notte mediterranea
Rotolando verso sud
Salvation
Non torneranno più
Ho imparato a sognare
Il giorno delle verità
La tua canzone
A modo mio

Bis
Cambio
Mama Maè
Gioia infinita

Schede:
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