Non riusciamo più a immaginarci Venditti e De Gregori separati

Quello di domani sera alle Terme di Caracalla nella loro Roma, prima data del tour che li terrà impegnati sui palchi delle più suggestive location all’aperto dello stivale, sarà il quarantaquattresimo concerto di una reunion che nei piani iniziali doveva limitarsi a un solo evento, quello allo Stadio Olimpico di Roma annunciato nel 2019, originariamente in programma nel 2020 e poi slittato di due anni a causa della pandemia. Da quell’ideale stretta di mano che i due si sono scambiati un anno fa davanti ai 44 mila spettatori dell’Olimpico, Antonello Venditti e Francesco De Gregori si sono fermati solo per due mesi, tra settembre e ottobre dell’anno scorso. A settembre, alla fine del tour in (ri)partenza, ammonteranno a quota 60 gli show insieme, per un totale di oltre 250 mila biglietti venduti in un anno e qualche mese.
Sarà che da quella magica serata all’Olimpico che un anno fa li ha visti mettere via antichi livori e dissapori i due sembrano paradossalmente essere stati davvero sempre “una cosa sola”, per usare per parole di Venditti, con quelle diversità artistiche e caratteriali apparentemente insormontabili che alla fine si sono rivelate tra loro compatibili. Nella serie Falegnami & Filosofi a loro dedicata, uscita su Discovery+, De Gregori dice che Venditti è sempre stato più pop di lui. Antonello non condivide: "Non è così. Il successo non lo cerchi: è lui a venire da te. Io ho scritto pezzi come 'Sora Rosa' e 'Lilly', fatto battaglie in prima linea. Parla la mia storia". Sarà che ormai i loro due cognomi legati da una congiunzione rappresentano un brand vincente, che permette ai due di raggiungere numeri che probabilmente, in questa fase delle rispettive carriere, con il primo che non pubblica un nuovo album di inediti da otto anni (l’ultimo, “Tortuga”, uscì nel 2015) e il secondo addirittura da undici (“Sulla strada”, ultima fatica discografica di De Gregori ad essere composta da pezzi originali, risale al 2012), da soli i senatori della canzone italiana non raggiungerebbero. Ma ormai non riusciamo più a immaginarci Venditti e De Gregori separati.
Cosa fosse successo una volta terminata la promozione dell’album d’esordio congiunto “Theorius Campus”, in quel lontanissimo 1972, non è stato mai chiarito. E non dev’essere stato semplice per i due mettere da parte l’orgoglio e riportare indietro le lancette del tempo di cinquant’anni, cancellando con un colpo di spugna frecciatine e commenti al vetriolo. Francesco De Gregori ha smentito categoricamente che “Piano bar”, il ritratto amaro contenuto in “Rimmel” dietro al quale nel ’74, quando le loro strade avevano già preso direzioni diverse, parlasse di Venditti: “Un falso mito, che ho già smentito: non parlavo di lui”. Sarà un caso, ma nella scaletta dei concerti del tour non c’è. Antonello Venditti non ha mai smentito, invece, che “Francesco” fosse dedicata a De Gregori: “Scusa Francesco / mi hanno ingannato / mi hanno portato via i ricordi”, cantava Cicalone, il soprannome che gli affibbiarono gli ai tempi delle primissime esibizioni sul palco del mitico Folkstudio, la culla del cantautorato romano degli Anni ’70, nel brano contenuto in “Sotto il segno dei pesci”. Sarà un altro caso, ma nella scaletta non c’è neppure “Francesco”.
Negli anni, allontanamenti e riavvicinamenti. Nel 2003, in un'intervista ai due cantautori realizzata da Vincenzo Mollica, Venditti - rivolgendosi a De Gregori, seduto al suo fianco, e riferendosi alla sua collaborazione con De André - disse scherzosamente: "Quando De André si accorse prepotentemente di De Gregori io rimasi solo. Avevo una vena più popolare ma non per questo meno severa della loro, un linguaggio meno forbito ma ugualmente forte, e colto. Dicevo: 'Ma questi due fighetti cosa vogliono?'". Non sono mancate dichiarazioni poco gentili. Come quelle che Venditti si lasciò scappare nel 2008 chiacchierando con una cronista di Libero, che le registrò e le riportò: lì il cantautore sostenne che l'amico De Gregori fosse un “caso patologico” per aver dato retta a Dalla sul progetto del tour congiunto "Banana Republic". "Era una forma di protezione nei suoi confronti. Mi sembrava che nel rapportarsi a Lucio, Francesco pendesse dalle sue labbra. Come cercasse una strada. Mi pareva eccessivo. De Gregori è un genio, ma non può essere soltanto un compagno di viaggio. Non segue la linea, ma eventualmente la dà. Deve e può prendersi la responsabilità della sua rotta", chiarì poi in un'intervista a Il Fatto Quotidiano. Il ricongiungimento sul palco è avvenuto nel 2018 all'Arena di Verona, durante il primo concerto del tour dedicato al quarantennale di "Sotto il segno dei pesci": "Siamo diversi, certo, ma essere diversi non implica necessariamente essere rivali: la competizione è un gioco da giornalisti musicali che non mi appartiene", ebbe a dire Venditti parlando con i giornalisti. Pochi mesi dopo l'Arena, un nuovo duetto, stavolta sul palco del Palazzo dello Sport di Roma durante la tappa capitolina dello stesso tour, e poi nel marzo del 2019 al Teatro Garbatella in occasione di un concerto di De Gregori.
Oggi guardarli scambiarsi e spartirsi le rispettive hit sul palco, da "La leva calcistica della classe ’68" a "Alice", passando per "Ci vorrebbe un amico", "La donna cannone", "Alta marea", commuove: “A me di Antonello è piaciuta moltissimo ‘Che fantastica storia è la vita’. Altre le ho riscoperte adesso condividendole con lui. Alcune sono pure fuori dalla mia portata, come ‘Unica’, che però mi ha conquistato comunque”, dice De Gregori. E Venditti: “Quelle di De Gregori le conosco tutte. C’è un’affinità, un’amicizia, una stima. Anche se non volessi, Francesco fa parte della mia vita. Questo concerto è come un’unica grande canzone. Non è il concerto di due. Siamo due in uno. Il nostro rapporto, che è stato a lungo un discorso interrotto, ora si è finalmente compiuto. Ci possiamo mandare a quel paese veramente, non attraverso intermediari. Ma lo facciamo da amici, non da nemici. Ci sono alti e bassi, ma rimane la sostanza: la nostra fratellanza”.