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Francoise Hardy, "a casa sua", stasera su RAI5

Come la RAI raccontava la musica nel 1968 (spoiler: piuttosto male)
Francoise Hardy, "a casa sua", stasera su RAI5

La mia ormai lontana nel tempo, ma indimenticata, infatuazione adolescenziale per Francoise Hardy mi ha spinto a chiedere di poter vedere in anteprima il documentario "Chez vous - Francoise Hardy", che andrà in onda questa sera in seconda serata su Rai5, e che, diretto da Enzo Trapani nel 1966 (aiuto regista, Gian Carlo Nicotra), è una bella testimonianza dello "stile RAI" di più di 55 anni fa.

Costruito secondo una narrazione poco credibile - la troupe insegue la cantante in giro per Parigi, fra studi televisivi, profumerie, atelier di moda, night club (di giorno!), persino lo studio di una chiromante, Maria Gardini, e di un'astrologa, Maria Maitan (ma queste ultime due sequenze sono state girate a Roma durante le prove della trasmissione TV "Scala reale") con le obbligatorie inquadrature della Parigi turistica (Tour Eiffel, Arc de Triomphe, Montmartre), con interviste clamorosamente recitate a "passanti occasionali prese a caso" condotte da una signora di mezza età in cappotto con collo di pelliccia e collana di perle (Erica Cantani).

Nel frattempo, e senza nessuna logica narrativa, si ascoltano e si vedono altri cantanti esibirsi (in playback) mentre si aggirano in alcuni angoli della capitale francese (Les Compagnons de la Chanson con "Dove non so", Sergio Leonardi con "Non conta niente", Michel Orso con "Angelica"), si incontrano personaggi a caso (Fabrizio Capucci, marito di Catherine Spaak; l'attore Serge Reggiani; l'attrice Annie Girardot - che già che c'è canta "Che male c'è") ai quali la Cantani chiede un parere sulla Hardy.

Si passa anche da casa di Antoine, evidentemente stonatissimo (in quel senso là), che mima "L'alienazione" (particolare clamoroso: sulla parete di una stanza si vede ritagliata la parola "cunnilingus"!).

(lo so che pensate che me lo sia inventato: ecco qui sotto la prova, a destra)

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Compare persino Claudio Villa, negli studi dell'ORTF, dove ci sono anche Sacha Distel e Enrico Macias.

La Hardy entra in scena per la prima volta dopo nove dei 58 minuti del documentario, e sullo sfondo di una sua passeggiata per Parigi si sentono alcune sue canzoni - ovviamente "Tous les garcons et les filles", "La tua mano", "Ton meilleur ami", "L'amour s'en va" - alcune delle quali cantate in playback ("La maison où j'ai grandi", versione in francese di "Il ragazzo della via Gluck", "Ci sto", "Je suis d'accord") L'intervista (imbarazzante) alla protagonista è resa dalla voce di una doppiatrice che affetta un acccento francese, con risultati esilaranti.

E finalmente si arriva a "casa" di Francoise Hardy, dove senza alcuna apparente ragione si sono radunati alcuni cantanti italiani, che nel salotto della padrona di casa mimano le loro canzoni: Gianni Pettenati ("Bandiera Gialla"), Umberto Napolitano ("Mille chitarre contro la guerra"), Oscar Prudente (che non canta) e Riki Maiocchi (che non canta nemmeno lui). C'è anche Michel Polnareff, che inevitabilmente canta in playback "La bambolina che fa no". Risplende nel gruppo Marisa Sannia (canta "Dai", il lato B di "Tutto o niente") ed è deliziosamente candida, ingenua e adorabile (anche di lei ero invaghito, da adolescente...).

In "casa sua", la Hardy canta tre canzoni: "Parlami di te" (la presentò in gara a Sanremo nel 1966), "Non svegliarmi mai" e "Ci sono cose più grandi". E così finisce il documentario, tutto punteggiato dalla voce fuori campo della signora Cantani che recita perle di saggezza social-psicologica sui "giovani d'oggi" del 1968.

Badate, questo è un programma da non perdere: al di là del fatto che alcune canzoni meritano di essere riascoltate, al di là della presenza della Hardy e di Marisa Sannia, è interessantissimo come testimonianza del modo in cui la RAI trattava la musica all'epoca (non che oggi la tratti molto meglio) e come confronto con i tanti (troppi) documentari su cantanti che da qualche tempo stanno invadendo gli schermi televisivi.

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