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Sanremo 2023: i voti della sala stampa siano palesi e nominali

Torniamo a riproporlo, per il quarto anno consecutivo
Sanremo 2023: i voti della sala stampa siano palesi e nominali

Con l'età, si sa, si diventa fastidiosi. Quindo non vogliatemene troppo se per il quarto anno consecutivo torno a riproporre un tema che mi è già costato in passato qualche discussione non proprio piacevole con i miei (ex?) colleghi.
Scrivevo nel 2020:

"Mi considero un ex della Sala Stampa dell'Ariston, perché da tre anni ho interrotto la lunga sequenza di presenze al Festival che avevo iniziato nel lontano 1979. Non sono dunque tacciabile di interesse privato nel commentare la richiesta della FIMI che a votare le canzoni (e quindi a contribuire alla graduatoria finale) non siano tutti i giornalisti accreditati in sala stampa, ma solo quelli che abitualmente si occupano di musica.

In effetti, la sala stampa dell'Ariston rispecchia abbastanza fedelmente l'informazione che si trova sui media durante il Festival: cinque per cento di musica e canzoni, 95 per cento di gossip e polemiche più o meno artatamente innescate.

A parte il fatto che mi domando come sarebbe possibile scriminare fra i giornalisti presenti quali siano quelli che si occupano sistematicamente di argomenti musicali (notate che non ho scritto "di musica") - che si fa, si porta una documentazione degli articoli scritti durante gli ultimi 12 mesi? e chi sarebbe il responsabile della valutazione? - a parte questo fatto, già nelle mie ultime presenze sanremesi avevo espresso a voce alta il mio parere sull'inconguità della votazione della sala stampa.
La sala stampa non vota per competenza musicale: vota per bande, per campanili, per compagnie di merende. Vota per simpatie, per amicizie, per compiacere un ufficio stampa o una casa discografica. Generalizzo, ovvio: qualche mosca bianca c'è, ma sono sempre più rare.

Rockol ha - in totale solitudine - lanciato una proposta alla quale finora hanno aderito solo i giornalisti di Rockol (il che la dice lunga): e cioè quella di rendere palesi le votazioni dei singoli giornalisti. Così si saprebbe chi ha votato chi, e magari si scoprirebbero un po' di altarini (o si eviterebbe che gli altarini venissero costruiti).

Il voto alla sala stampa è stato una mossa di captatio benevolentiae inventata dall'organizzazione del Festival per far sentire più coinvolti i giornalisti. Il mio umile parere è che andrebbe, semplicemente, abolito.

I giornalisti hanno già il Premio della Critica, per far conoscere il proprio orientamento. E' più che sufficiente. Semplifichiamoci la vita: aboliamo il voto della Sala Stampa, e lasciamo che a votare siano le giurie e il pubblico.

In seguito, un mio giovane amico che lavora in un quotidiano importante mi aveva rimproverato, dicendo che la proposta di rendere palesi le votazioni dei singoli giornalisti non è mai stata avanzata pubblicamente. Aveva ragione: nessuno di Rockol ha mai alzato la manina in sala stampa per formalizzarla. Ma "la parola convince, l'esempio trascina", o almeno dovrebbe, come dice il proverbio: ed è noto a tutti i twittaroli (compagnia della quale io non faccio parte, ma il mio amico sì) che le persone che rappresentano Rockol nella sala stampa di Sanremo da due o tre anni esplicitano, appunto via Twitter, ma anche nei loro articoli, i voti da loro espressi.

Peraltro, quando in sala stampa ci andavo, regolarmente ogni anno mi battevo, rompendo i coglioni con una domanda al giorno, perché venisse comunicato il dettaglio delle votazioni (tutte: quelle delle giurie demoscopiche, quelle dei televotanti, quelle delle cosiddette Giurie di Qualità composte in maggioranza di gente che con la musica non ha niente a che spartire); chi c'era ricorderà i miei scontri con l'allora deus ex machina del Festival, Gianmarco Mazzi (oggi sottosegretario di stato al Ministero della Cultura), che prometteva che il dettaglio del voto sarebbe stato comunicato la domenica mattina "per non influenzare le votazioni", e poi la domenica mattina mi rispondeva che, a Festival concluso, non essendone più lui il responsabile non poteva più mantenere la promessa.


L'ultima volta che sono andato al Festival ho rotto i coglioni quotidianamente chiedendo che i voti della Giuria di Qualità o degli Esperti o di come minchia si chiamava quell'anno venissero comunicati nome per nome, chi ha votato chi: mi hanno risposto che per ragioni di privacy non era possibile. Figuriamoci: perché a "Ballando con le stelle" sì, e al Festival di Sanremo no? 


A proposito di un'altra frase che avevo scritto, questa:

La sala stampa non vota per competenza musicale: vota per bande, per campanili, per compagnie di merende. Vota per simpatie, per amicizie, per compiacere un ufficio stampa o una casa discografica. Generalizzo, ovvio: qualche mosca bianca c'è, ma sono sempre più rare.

sempre il mio amico mi scriveva che a lui "nessuno ha mai chiesto di fare cordate o altro. E se non lo chiedono alle testate di prima fila mi sembra complicato...".


Ora, non so bene cosa intendesse lui per "testate di prima fila": se intende quelle che stanno sedute per tradizione o diritto divino nelle prime file della sala stampa, o se intende quelle più note, più storiche, ovverossia i giornali di carta.


Ma le cordate non si formano chiedendo a qualcuno di farne parte: sono aggregazioni spontanee, intorno a "linee ideologiche" - non in senso politico, ma un po' anche in senso politico - che sono ben note a chi bazzica l'ambiente. E comunque non è da ieri che "le prime file" (della sala stampa di Sanremo, ma anche delle conferenze stampa che si tengono durante l'anno per le presentazioni dei nuovi dischi) concordano una linea comune: avete mai letto una voce esplicitamente discordante in senso critico su un disco unanimemente lodato? o, viceversa, una voce che lodasse esplicitamente un disco per il quale "la linea" era di smorzare e sopire, sminuire e non elogiare?.
Purtroppo è da molto tempo che di voci controcorrente non se ne sentono e non se ne leggono più, salvo quelle di chi va controcorrente a prescindere.


Si mormorava che tutta questa agitazione rispetto alle votazioni della sala stampa di Sanremo fosse connessa al progettino di istituire una sorta di "Academy di Sanremo", della quale naturalmente avrebbero fatto parte solo le "prime file".
Niente in contrario: che mi frega? Se c'è un gruppo di giornalisti che vuole fregiarsi di una medaglietta faccia pure, si accomodi. Quello che mi disturba è il pensiero che c'è dietro: e non è un pensiero che riguarda una sorta di graduatoria professionale fra illuminati o meno, privilegiati o meno, prime file o seconde file.

Per quale ragione un gruppo di persone che si occupano di scrivere di cantanti (perché questo sono i giornalisti musicali: non sono critici, sono cronisti) dovrebbe sentirsi investito della missione di correggere, con la propria supposta competenza su quale sia una bella canzone e quale lo sia meno, le presunte storture del televoto, o delle giurie demoscopiche? Ma scendiamo tutti un po' giù dal pero, amici e/o colleghi: il nostro parere, in termini di musica popolare, vale quanto quello di una persona che televoti (e che almeno paga per televotare).


Certo: il televoto rispecchia la popolarità del cantante, la numerosità o l'attivismo del suo fan club, magari anche l'appartenenza geografica. E allora, che c'è di male?  Che c'è di sbagliato? Che c'è da "compensare" o correggere?.

Il Festival di Sanremo non è più da anni (purtroppo) una gara di canzoni, ma è un'altra cosa. E' una manifestazione televisiva, un fenomeno di costume, un evento sociale, e lo è perché si autoalimenta con l'attenzione dei media: quando i giornali non andavano più a Sanremo per il Festival, sul finire degli anni Settanta - e io c'ero - del Festival agli italiani non importava quasi più una cippa (un saluto affettuoso a Mino Vergnaghi). E se i giornali, e oggi anche le televisioni e le radio, non andassero più a Sanremo, il Festival se lo farebbero in corso Matteotti e non se ne parlerebbe più in là di Ospedaletti (a ovest) e di Arma di Taggia (a est).
Quindi, a me pare giusto che il Festival lo vinca chi dei concorrenti è più popolare. Chi dei concorrenti ha più fan. Chi dei concorrenti ha portato la canzone più orecchiabile, piacevole, cantabile dalla gente.


La stampa musicale, che tanto era soddisfatta quando una camarilla della Giuria di Qualità faceva vincere "Sentimento" degli Avion Travel (2000), e tanto si stracciava le vesti quando a Sanremo vincevano gli amici di Maria (Marco Carta, 2009; Valerio Scanu, 2010; Emma Marrone, 2012), poi è diventata amicissima, di Maria.


"Come si cambia", cantava Fiorella Mannoia. E allora, dicevo io, la stampa musicale non dovrebbe accontentarsi di esprimere un proprio voto, separato e autonomo da quello che contribuisce a formare la graduatoria finale? Che magari non si chiamasse più Premio della Critica; che magari non fosse più assegnato dall'intera sala stampa, ma solo dai giornalisti che si occupano abitualmente di musica, o da quelli ammessi a far parte della ventilata Academy; che magari - come del resto avviene da anni - venisse annunciato durante la serata finale del Festival. Ma che fosse una valutazione separata da quella popolare.


Tanto, poi, il Festival lo vince non chi arriva primo, ma chi vende di più - o meglio, dato che ormai di vendere dischi non se ne parla, chi grazie all'aver partecipato a Sanremo può aumentare di più il cachet dei suoi spettacoli dal vivo. E chi "davvero" arriva primo non lo decide la stampa musicale; anche se essa ne è ancora, pateticamente, convinta.


L'anno dopo, nel 2021, avevo aggiunto:

Sia nella conferenza stampa sanremese di ieri sia in quella di oggi si sono levate lamentazioni, da parte di coloro che partecipano al rituale delle domande-e-risposte, in merito agli esiti delle votazioni delle giurie demoscopiche.


Ai certi sapientini sedicenti giornalisti musicali non sono piaciuti i risultati delle votazioni perché non hanno premiato i loro preferiti, dal che hanno dedotto che la giuria demoscopica è composta da incompetenti.


Ora, l'ho già scritto in passato e in tutte le salse: il Festival è una manifestazione per il pubblico e non per pochi eletti; i pochi eletti hanno già a disposizione - per far conoscere le loro preferenze - il Premio della Critica; non si vede in base a quale privilegio essi debbano avere la sapienza infusa; e soprattutto non si capisce perché - ma questo è un vizio atavico di chi si considera un "intellettuale" - se qualcuno ha un parere diverso dal loro si debbano permettere di pensare che il loro è più fondato, più "giusto", più rispettabile. E non si capisce perché (o meglio: si capisce, ma non è una ragione condivisibile) sia stato dato loro il ruolo di "correttori" della presunta insipienza della gente comune.


Poi, come avevo pure già scritto, suscitando l'irritazione di alcuni dei suddetti eletti, i giornalisti musicali si schierano per bande, per appartenenze geografiche, per sudditanze psicologiche; per cui i beniamini della stampa sono già abbastanza privilegiati da un surplus di attenzione e di benevolenza perché debbano anche essere considerati "penalizzati" da una presunta "incompetenza" della giuria demoscopica.
 

Ecco. Scusate se l'ho fatta lunga, ma le premesse mi sembravano doverose per spiegare come e qualmente quest'anno torno a riproporre che i voti della sala stampa, se proprio ci devono essere (Codacons o no), siamo resi palesi e nominali. Cioè, che i singoli voti espressi dai singoli giornalisti siamo pubblicati ufficialmente. Lo (ri)faccio formalmente, e prima dell'inizio del Festival. Se poi l'organizzazione, per qualsiasi (da me non condivisa) ragione, non volesse pubblicare i voti nominali della giuria della sala stampa, invito chi ne fa parte a rendere noti i suoi voti comunque, a titolo personale. In nome della trasparenza e del doveroso coraggio delle proprie opinioni. Rockol, se voterà, lo farà, come fa regolarmente da qualche anno.

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