
Trovarsi davanti Gaetano Curreri, leader degli Stadio ed uno dei più apprezzati autori di pop music italiana, significa trovarsi al cospetto di un grande e importante pezzo di storia della canzone tricolore: Rockol ha incontrato la voce della band a Milano in occasione della nuova fatica in studio del gruppo, "L'amore volubile". Un periodo strano per cantare d'amore, questo... "Certo, proprio per questo abbiamo scelto di realizzare un album così", ammette sorridente Gaetano: "Sono proprio i tempi che stiamo vivendo a rendere problematico l'amore. C'è questo concetto di 'usa e getta', non solo in ambito discografico, a condizionare la nostra vita. Oggi l'amore è quasi accessorio, e spesso passa in secondo piano: ci è piaciuta l'idea di riportarlo all'attenzione che merita, con le parole e i modi semplici che da sempre ci contraddistinguono". Parole e modi semplici, appunto: non è un caso che - tra le canzoni che compongono il disco - trovi spazio anche una brano intitolato "Canzoni per parrucchiere": "Quello è il nostro 'manifesto'", sottolinea sicuro Gaetano: "Innanzitutto sfata un mito, cioé quello dei parrucchieri futili e disinpegnati: a quello dove vado io, a Bologna, non è raro trovare in filodiffusione Brian Eno. E in secondo luogo vuole rinvendicare la dignità ed il diritto alla semplicità, spesso confusa superficialmente con la banalità". La "dimostrazione pratica" di questa tesi è la presenza, nella traccia che chiude "L'amore volubile", "Senza parrucche", di Paolo Fresu, uno dei più grandi jazzisti italiani, che ha prestato la sua tromba al gruppo: "Paolo è stato un grande, soprattutto perché ha accettato la nostra sfida. Noi gli abbiamo mandato la traccia strumentale, si è incuriosito, e ci ha raggiunti in studio. In sala, dopo un paio di fraseggi bellissimi, Paolo ha carburato iniziando un lungo, bellissimo solo che abbiamo lasciato per intero. Perché crediamo che quando uno strumento venga suonato con ispirazione e perizia possa benissimo sostituire la voce umana". Parlando della tua carriera come autore, ti sei mai pentito di aver donato un tuo pezzo a qualche interprete? "Mai, davvero, perché ho sempre scritto 'addosso' all'interprete. E penso sia questo il segreto di un bravo autore: capire le pontezialità del cantante e sfruttarle al meglio. Ho anche provato ad interpretare personalmente canzoni che ho scritto per altri, ma il risultato mi ha sempre lasciato perplesso". E cosa ti piace di più (e cosa di meno) nel panorama delle "nuove leve"? "Mi piacciono tantissimo i Negramaro. Li ho incontrati personalmente e non ho mancato di dichiararmi loro fan. Si vede che nascono dal sudore e dal sangue della ribalta, che si sono affinati - proprio come noi - sui piccoli palchi di provincia. Sono bravissimi e sono rimasto sinceramente commosso quando si sono dichiarati a loro volta nostri fan. Cosa non mi piace? Difficile dirlo. A volte vedo artisti di scarso talento portati in palmo di mano da tutti i media. Ma non mi domando più perché avvengano certe cose...".
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