Fabrizio De André: "L'Indiano" compie 40 anni. La storia di "Verdi pascoli"

VERDI PASCOLI
Musica e parole di Fabrizio De André e Massimo Bubola
Un reggae che richiama la melodia di "Get back" dei Beatles per chiudere in scioltezza un album intenso e gradevole (arrampicato fino al secondo posto dei più venduti del 1981 in Italia), atto d’amore e di espiazione per la Sardegna prima dell’impero e per l’America prima degli Stati Uniti: “E ora non piangere perché presto la notte finirà / con le sue perle stelle e strisce in fondo al cielo”. Verdi pascoli è un sogno leggero e tragico, tratto da autentiche ballate pellerossa, la promessa di un paradiso di abbondanza e di pace, quello che gli indiani hanno vissuto prima dell’arrivo dei conquistatori e che ora diventa solo una speranza per l’aldilà da cantare ai bimbi e con i bimbi in una sorta di grottesca filastrocca. “Ogni angelo è un bambino sporco e birichino / lassù, lassù nei verdi pascoli… / Non c’è da andare a scuola, ti basta una parola… / C’è carne da mangiare, erba da fumare… / Papà non ci ha da fare, papà ti fa giocare / lassù, lassù nei verdi pascoli”.
Con quella che è un’ingenua speranza già scivolata lungo le patetiche frecce dei guerrieri cheyenne: “E ora sorridimi perché presto il concerto finirà / con le sue stelle arrugginite in fondo al mare”. Quel “concerto” è la guerra di conquista dichiarata dai Soldati Blu, le stelle, che non arrugginiranno negli abissi, ma splenderanno spietate sulla bandiera, sono quelle della Confederazione. E i "Verdi pascoli" si riveleranno solo le tristi riserve e i sogni di un paradiso perduto.
Questo testo è tratto da "Tutto De André" di Federico Pistone, pubblicato da Arcana, per gentile concessione dell'autore e dell'editore. (C) 2020 Lit edizioni s.a.s.
