Addio a Gianni Mura: il saluto di Riccardo Bertoncelli

Ho conosciuto Gianni Mura in tutte le sue “varianti”, e l'ho sempre ammirato, e il dolore di oggi è pungente – l'ennesima sorpresa di questo inverno che è andato a morire tirando calci furibondi.
Fummo giovani cronisti sportivi in una Italia e in un calcio che non ci sono più, e non è un modo di dire: il calcio dell'Italia di Bearzot, del Verona campione d'Italia, della tribuna stampa di San Siro al primo anello privilegiato, di Maradona che un giorno proprio da quella postazione vidi rimontato a metà campo da “Pinna” Marini ormai trentenne, e chi mi sta a dire che fu il più grande di tutti... anche Gianni, se non ricordo male, la pensava così.
Ma oltre al calcio (e al ciclismo, di cui è stato maestro – anzi, maître, a ricordare la sua passione per il Tour), oltre al calcio Gianni frequentava con amore e sapienza anche altri mondi. Era un gourmet attento ed esperto, categoria “tradizionalisti”, e se non sempre io, “futurista”, mi trovavo d'accordo con lui, sempre però ne rispettavo il gusto e soprattutto i modi – non si faceva incantare dai barbatrucchi, Gianni, era uno schietto che andava al sodo, nello sport come nella cucina voleva sincerità, e per quello era attendibile e autorevole.
E poi per anni l'ho incontrato al Tenco, perché sposava volentieri sport e canzoni come quel suo “cugino” d'antan, Sandro Ciotti, e lì trovava il mondo che preferiva: Guccini, Jannacci, Endrigo, Lauzi, i grandi francesi della chanson à texte. L'ultima volta che l'ho visto è stato proprio a proposito di canzoni, quando ha presentato quel suo librino così denso e divertente, "Confesso che ho stonato", in cui raccoglieva sparsi pensieri sul suo rapporto con la musica. Sparsi quei pensieri ma originali, e dritti, e puntuti, come spesso gli capitava: “Elogio della fisarmonica”, si chiamava uno dei capitoli, e un altro, per capirci “Live? No, grazie (ovvero: il karaoke fatelo a casa vostra)".
Volevo salutarlo quella volta, a fine presentazione, ma c'era gente che lo assediava e lasciai perdere. Tanto ci sarà un'altra occasione, pensai. Macché, la vita ti frega così. E allora Gianni, mi tocca salutarti a distanza, d'altronde è il trend dell'anno. Ti sia lieve la terra, come amava dire il nostro amato Giuànn, e sappi che da oggi ci sarà una tribù nuova oltre ai senzabrera. Ci saranno i senzamura, e non fare quella faccia così, e non mandarmi a quel paese, perché tu certe cose non volevi proprio sentirtele dire.
Te le devo dire invece, perché "magis amica veritas", come diceva quel laziale di provincia, e non era Lotito.
(però mi accorgo di avere usato i puntini di sospensione a un certo punto; e, insomma, chiedo venia)
Riccardo Bertoncelli