Grandi album da (ri)ascoltare, nel frattempo: "Quello che non c'è" degli Afterhours

Il primo album degli Afterhours del nuovo millennio esce nel 2002 e si intitola “Quello che non c'è”. La band capitanata da Manuel Agnelli è orfana della inconfondibile chitarra di Xabier Iriondo, fuoriuscito dal gruppo per seguire altri progetti, e sposta ulteriormente il proprio centro musicale verso un pop rock d'autore, mentre i testi si fanno maggiormente malinconici e riflessivi.
Vi proponiamo quindi di fare un salto indietro nel tempo e di ascoltare o riascoltare, per chi già lo conoscesse, un album che nasconde al suo interno delle vere e proprie perle. Il maledetto coronavirus ci ha costretto in casa e ci ha dilatato le giornate, la compagnia di un buon disco crediamo sia una delle migliori che ci possiamo augurare. Più sotto le parole che avevamo speso per presentarlo ai nostri lettori tanti anni fa. Buon ascolto!
Il coraggio non è mai mancato agli Afterhours. Se qualcuno avesse bisogno di un’ulteriore conferma, eccola. “Quello che non c’è”, nuovo album della band guidata da Manuel Agnelli, è un disco spiazzante e stupendo.
Spiazzante perché dopo “Non è per sempre”, dopo il live elettrico/acustico dello scorso anno era facile aspettarsi un disco di “canzoni” che proseguisse su quella strada, oppure un disco di rock elettrico. “Quello che non c’è” non è nessuna delle due cose, eppure le è entrambe.
Tutto il disco, a ben vedere, è fondato su questa linea, il tentativo di riscrivere la forma della canzone rock. In alcuni casi, come “Non sono immaginario”, gli Afterhours rimangono tutto sommato vicini alla tradizione del rock anglosassone: riff semplice, ritmica sostenuta e ritornello ripetuto per un brano che, immaginiamo, sarà un piacere per la band suonare dal vivo. Ma, sulla stessa linea, “Varanasi baby” è un’altra cosa: una rock irregolare, che sembra richiamare la tensione dello Springsteen di "Nebraska", riproposta in versione elettrica (ricordate la bella cover di “State trooper”?).
“Quello che non c’è” è quindi un tassello importante nel panorama del rock italiano. Un disco che fa apparire naturale l’accostamento di questi due termini; cosa che, ahinoi, è tutt’altro che scontata nel panorama musicale nazionale.
(Gianni Sibilla)