Moe Tucker dei Velvet Underground odia il brano-icona "Heroin": ecco i motivi

"Heroin", dal primo glorioso album dei Velvet Underground, è uno dei tipici classiconi del rock - e non solo. Uno di quei brani universali, che tutti praticamente conoscono e hanno assimilato a dispetto di età, barriere generazionali e trascorrere del tempo. Insomma, una vera icona. E' interessante scoprire, però, che proprio uno degli artefici del suo sound e della sua realizzazione, ovvero la batterista della band newyorchese Moe Tucker, è tutt'altro che soddisfatta e contenta di "Heroin". Anzi, la odia proprio e la disprezza.
Lo si scopre rispolverando dagli archivi il numero 4 della pubblicazione "What Goes On", oragno uficiale della Velvet Underground Appreciation Society e fondato a metà anni Settanta. In pratica era una sorta di rivista/fanzine a periodicità irregolare destinata ai fan della band. Il numero di cui si diceva uscì nel 1990 e conteneva una lunga intervista a Moe Tucker, in cui a proposito di "Heroin" si legge:
Ero felicissima di fare un disco [...]. Ma la produzione non mi piaceva. Allora non ci facevo troppo caso come ora [...]. “Heroin” è un disastro. Avevamo inciso il disco in otto ore di studio e il produttore era... Andy Warhol (ride). Nessuno sdi noi apeva quello che stava facendo, e lui nemmeno, come puoi sentire dal disco. Quando la MGM lo comprò e decise di pubblicarlo ci spedì per tre ore in studio, in California, per tentare di sitemare 10 pezzi. In tre ore non combini nulla. Riuscimmo a lavorare su “Heroin”, ne sono abbastanza sicura, “Waiting for the Man” e forse un altro paio. [...] Tutto di fretta. “Heroin” mi fa davvero arrabbiare. E' un pezzo così bello, ricordo che avevo i brividi ogni volta che la suonavamo, poi la sento nel disco e mi deprime. Penso a chi la sente e non ci ha mai visto farla dal vivo. E pensa: "Tutto qui?". Su disco è un mucchio di immondizia. Per registrarla gli altri si collegarono direttamente al mixer. Non hanno usato i loro amplificatori col volume al massimo e io non sentivo niente. [...] A un certo punto mi sono fermata. [...] E loro hanno continuato ed è la take che abbiamo poi usato (ride).