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The Observer 2013: l'intervista ai Faz Waltz

The Observer 2013: l'intervista ai Faz Waltz

Un paio di settimane fa abbiamo presentato i Faz Waltz sulle pagine di The Observer. Poi è arrivato il turno della recensione della loro terza opera in studio, il buonissimo“Back on mondo”.

Oggi, per chiudere lo spazio di The Observer a loro dedicato, abbiamo fatto quattro chiacchiere direttamente con la band, giusto per conoscerli più da vicino. Abbiamo incontrato Faz La Rocca e compagni appena prima di vederli salire su un palco per uno dei loro live più recenti, in quel di Brescia. Il primo passo è, ovviamente, fare le dovute presentazioni: “La band si è formata nel 2007” esordisce Faz, “ho iniziato io a scrivere dei pezzi e poi ho cercato qualcuno con cui poter suonare pescando nel mio giro di amicizie. Quando anche questo non è più stato sufficiente, vuoi perché la scena punk non era così sviluppata, vuoi per il livello dei musicisti, ho iniziato a cercare anche fuori dalla cerchia di amici. Dal primo disco a oggi ci sono stati diversi cambi di line up, è vero, ma nessuno dovuto a scazzi o chissà cosa. Sono subentrati, per esempio, impegni con l’università, lavoro etc, e da quattro che siamo partiti, oggi siamo un trio a tutti gli effetti. Va detto che è stato anche un cambiamento naturale visto anche i nuovi pezzi, più adatti alla forma a tre”. Un cambiamento già nell’aria dunque prima dell’uscita del nuovo “Back on mondo”: “I pezzi erano già da un po’ nettamente più semplici e diretti rispetto al passato, con molto meno spazio da dedicare ai vari virtuosismi. Il nostro chitarrista precedente, infatti, era un virtuoso per eccellenza e con questa evoluzione del suono ha trovato sempre meno spazio. Il fatto che il nostro modo di suonare è cambiato non è quindi, come forse si potrebbe pensare, una conseguenza dell’essere rimasti in tre. E’ proprio il contrario, cioè siamo rimasti in tre per una questione di evoluzione del suono”.



Ma chi è che scrive i pezzi in casa Faz Waltz, e come nascono? La risposta ce la da sempre Faz La Rocca: “Fin dal principio ho sempre scritto musica e testi io. Io porto i pezzi in sala prove e ci si lavora. Partiamo da un’idea mia, che poi è già il pezzo al settanta/ottanta percento e poi, tutti insieme, si sviluppa; si mettono a punto i dettagli. Può succedere che un riff mi venga in mente mentre sono al lavoro, oppure mentre gioco con la chitarra in mano. Da un seme poi nasce tutto il resto. Certo, qualcosa è nato anche in studio e in sala prove, e un paio di pezzi sono il frutto di un’iniziale improvvisazione, ma la maggior parte delle volte funziona che mentre sto lavorando mi viene in mente qualcosa, me lo appunto sul telefono e poi ci lavoro a casa”.

Rimanendo in tema songwriting, la discussione si sposta poi sugli obiettivi che i Faz Waltz si erano posti prima di entrare in studio per dare vita al “Back on mondo”: “Rispetto a quanto fatto in passato, questa volta l’idea era di registrare il tutto in presa diretta. Visto che i nuovi pezzi, più scarni e più semplici, lo consentivano, abbiamo cercato di dare un’impronta più live al tutto. Abbiamo registrato quindi al Tup Studio con Pier Ballarin, il tutto in analogico, presa diretta su bobina”. Una tendenza, quella della registrazione in presa diretta, che ultimamente è tornata parecchio in auge… “E per fortuna sta tornando di moda”, incalza il batterista Marco Galimberti. “Per quanto mi riguarda, io amo percepire l’intenzione live su un disco”. “Per il genere che facciamo noi, poi è l’ideale” chiosa Faz. “Le band migliori che fanno glam, rock’n’roll e garage hanno sempre registrato in questo modo”.




Il riferimento ai generi fatto da Faz ci porta poi a entrare nell’argomento dalla porta principale. Parlando dei Faz Waltz, infatti, spesso si tirano in ballo (e l’abbiamo fatto anche noi nella recensione) nomi quali David Bowie, Marc Bolan, i Queen… “Sono tutti nomi di artisti che hanno influenzato, chi più chi meno, il nostro modo di fare musica, e che aiutano chi non ci conosce a farsi una prima idea di ciò che sta andando a sentire”. Per “Back on mondo” quindi, parlando d’influenze, c’è qualcuno o qualcosa che ha avuto un ruolo determinante, anche in ambito extra musicale, durante il processo di scrittura? “Fondamentalmente ci sono una serie di ritorni al concept del disco precedente, “Life on the moon”, che a sua volta era legato al primo album e al primo Ep. Sulle copertine dei primi tre dischi sono rappresentati degli animali, e la mia idea, il concept vero e proprio fin dal principio, era che questi animali, questi personaggi, fossero degli alieni giunti sulla terra per portare la loro musica. Quando suonano dal vivo questi animali si devono adattare, sfoggiando delle maschere “umane”, che poi saremmo noi. La cosa è andata avanti nel primo Ep e nel primo disco. In “Life on the moon”, come si capisce già dal titolo, questi personaggi fanno tappa sul loro pianeta d’origine, la luna appunto, mentre il nuovo “Back on mondo” è un ritorno, l’ennesimo, sul pianeta terra”.

Un ritorno sul pianeta terra che, musicalmente parlando potrebbe essere inteso come un ritorno alle origini. Una cosa che quaglia bene con il discorso fatto in precedenza relativo alla nuova forma a tre dei Faz Waltz: “Sì, “back on mondo” può essere interpretato come un ritorno alle radici” concorda Faz. “Se ci fate caso sulla copertina del disco ci siamo noi, pronti per essere sparati sulla terra con un cannone. La particolarità è che è la prima volta in cui noi compariamo in copertina con i nostri volti umani: si torna quindi sulla terra, ma non più mascherati, ma “semplicemente” come esseri umani”.



Esseri umani che devono far quadrare la vita nella band, con la vita di tutti i giorni. “Tutti noi abbiamo lavori, per così dire “reali”. Questo è un po’ il nostro dopo scuola”, ammettono sorridenti i Faz Waltz al completo. Un “dopo scuola” che però ha portato la band ad esibirsi già un paio di volte a Londra: “L’anno scorso abbiamo suonato in un club non molto grande nel nord di Londra, ma pieno di gente. Una partecipazione pazzesca, non facevi in tempo a finire il pezzo che già tutti erano sotto a incitarci per il successivo” ricorda Marco, “tutta gente che ha pagato un biglietto ed è venuta apposta per vederci suonare, con la voglia di vederci suonare”. “Ed è questa la cosa pazzesca” insiste Faz. “Ormai con internet è molto più facile farsi conoscere, ma fa sempre un certo effetto vedere un esercito di persone dall’altra parte del mondo starti di fronte pronti ad applaudirti. Tanti mi chiedono perché canto in inglese. Perché ok, io ascolto musica inglese, mi piace quella e suono questo genere di cose, ma anche perché non vogliamo limitarci cantando in italiano, una cosa che funziona principalmente solo in Italia. L’accoglienza che abbiamo avuto noi a Londra è stata davvero assurda. E noi siamo un gruppo italiano che fa cose in inglese. Sarebbe come se un inglese venisse da noi per insegnarci a fare la pizza. Tra l’altro è stato ancora più assurdo sentirsi dire che per fortuna ci sono gruppi come il nostro che fanno ancora bene questo genere di musica (glam rock e rock’n’roll), visto che da loro ormai sono tutti concentrati a fare indie ed elettronica”.


I Faz Waltz sembrano quindi particolarmente orgogliosi della nuova prova in studio: “E’ il disco che forse più ci appartiene” ammette Faz. “Sento che questi sono i Faz Waltz, al netto delle influenze e di tutto quello che ci sta intorno. Sono molto soddisfatto di com’è venuto, di com’è stato registrato, di come suona. Per dire, ogni volta che posso me lo ascolto e mi piace da matti”. Qualche consiglio quindi su come ascoltarlo? “Ascoltatelo in cuffia, su vinile. Crea dipendenza”. Prossime tappe invece? “Conquistare il mondo”. Questo o la luna? “Per adesso accontentiamoci di questo; suonando il più possibile”.
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