
Andrea Mingardi ha reso pubblico ai media il proprio pensiero sullo stato attuale della musica. “Vilipeso il diritto d’autore e truffata la cultura delle differenze, il territorio della musica è diventato un luogo di razzia e facile conquista”, ha dichiarato l’artista bolognese (come riportato dall’agenzia Ansa). “Così le nuove generazioni sono costrette a verificare che la meritocrazia non esiste”.
Sul sito e nella pagina Facebook di Mingardi non sono riportate queste dichiarazioni, ma, alcuni giorni fa, il cantante aveva già spiegato il proprio pensiero in un’intervista rilasciata in occasione di un suo concerto con la “The Rosso Blues Brothers Band” nella provincia di Vercelli: “Nei corsi e ricorsi della storia, occorre che anche la musica cambi. Come tutte le cose, specialmente nei periodi di crisi. Essa deve tornare a essere quella che era: una musica suonata, fatta di strumenti veri, non quella di plastica, finta che oggi va per la maggiore ovunque. Occorre ripartire dal concetto di progetto musicale, rimettere il musicista e l’artista al centro dell’idea stessa della canzone. La musica è creazione, espressione libera, istinto non filtrato dalla ragione. E non, dunque, competizione, gara, sfida. La tv ha purtroppo ormai abituato il pubblico a continui concorsi, televoto, dove c’è spazio per tutto tranne che per la musica vera e gli artisti veri”, spiega Mingardi. “Si corre per vincere un premio, aggiudicarsi questo o quel reality, un podio in una trasmissione televisiva, non di certo per lasciare il segno, restare nel tempo, crescere e maturare, in un percorso fatto di passi concreti e fondati. E’ evidente che carriere futili nate dal piccolo schermo lasciano il tempo che trovano, si esauriscono nel giro di breve, in una sorta di irrefrenabile consumismo musicale. Ci sono artisti che le gare le hanno fatte, vedi ad esempio il Festival di Sanremo, come Zucchero o Vasco Rossi, e non le hanno mai vinte. Eppure, però, hanno vinto la sfida più importante, l’unica che conta davvero per un cantante: quella con il tempo e con il pubblico. Sono questi i modelli da seguire: occorre ripartire dalle sette note, dalla gavetta, se non si vuol far la fine di una nuvola di fumo”.