Ci sono momenti in cui mi vergogno di far parte dell'ambiente della musica. Uno di questi l'ho vissuto ieri sera, mercoledì 4 aprile, all'Auditorium di Milano.
Ebbene, se non ho visto male, il solo giornalista di quotidiano o d'agenzia presente ero io. E badate che ieri sera a Milano non c'erano altri eventi concomitanti di maggiore attualità. Semplicemente, la stampa quotidiana ha ignorato l'appuntamento.
Certo, in platea ho incontrato alcune belle persone la cui presenza ha un significato importante: Nanni Ricordi, Monica Palla, Alice - donna e artista degna della più grande stima -, Luciano Tallarini, Matteo B. Bianchi, e qualcun altro che forse non conosco e che andrebbe ricordato. Ma dov'erano il Mario e il Marco e il Cesare, la Marinella e l'Enzo e il Gigio, dov'era la compagnia di giro dei “grandi” giornali? Forse a inseguire l'anteprima - bruciata dalla concorrenza dei mensili - del disco di Vasco, forse a preparare le valigie per il prossimo viaggio all'estero (organizzato e pagato da una casa discografica) durante il quale assistere - da privilegiati e non da appassionati - alla prima di qualche tour internazionale, forse a una cena “ristretta” con qualche campione delle classifiche.
Ma non c'erano nemmeno i loro vice, e non c'erano nemmeno i discografici e gli addetti ai lavori che abitualmente incontro in occasioni analoghe e che non mancano quasi mai nella “guest list”. E per questo mi sono vergognato. Perché a Giuni Russo noi che campiamo di musica dovremmo riservare attenzione e rispetto e ammirazione. Anche chi non la conosce bene, anche chi non le vuole bene, ieri sera ci sarebbe dovuto essere. C'erano, per fortuna, tanti entusiasti ammiratori, che l'hanno subissata di battimani e l'hanno ricoperta d'affetto e le hanno offerto fiori. E sono certo che Giuni Russo preferisce l'applauso sincero del pubblico al sorrisetto d'occasione del collega o del giornalista.
A Monica Passoni, seduta accanto a me, dicevo queste cose ieri sera. E lei - che è una persona che ha testa e ha cuore - se n'è uscita con una frase che mi ha fatto pensare: “Dovrebbero invitare lei al Pavarotti International”. E' vero. E' verissimo. Se c'è una voce che meriterebbe quel palcoscenico, se c'è un'interprete che non sfigurerebbe in un contesto internazionale (anche se un po' troppo attento alle mode e alla popolarità) come quello dell'evento di Modena, è proprio Giuni Russo.
Già: e come si fa? Giuni Russo attualmente non ha contratto discografico, anche se un professionista accorto come Bruno Tibaldi sta pensando di farle realizzare un disco dal vivo. E chi potrebbe telefonare a Nicoletta Mantovani, patronessa del Pavarotti International, per suggerirle di invitare Giuni Russo?
Lo farei io, se conoscessi la signorina e potessi ottenerne udienza. Le direi: c'è un brano perfetto, nel repertorio di Giuni - “Muero porque non muero” - da eseguire in duetto con Luciano Pavarotti. Ma la mia voce non conterebbe nulla.
Allora ho pensato: e se provassi comunque, a titolo personale, a lanciare l'idea attraverso Rockol? Chissà che qualcuno non la condivida, non la sottoscriva, non la appoggi. Gente del mestiere e gente comune, colleghi giornalisti e discografici, uffici stampa e manager: se si cominciasse a far circolare la proposta, se per una volta ci si dimenticasse dei propri banali interessi d'azienda e di testata e di bottega e si cercasse di fare tutti insieme una cosa buona e giusta?
Così la scrivo. Se qualcuno che mi legge ha voglia di fare qualcosa - una telefonata alla persona "che conta", una raccolta di firme, una catena di email - per aiutarmi almeno a provare a realizzare questo progetto, si faccia vivo. Credo che dobbiamo fare un tentativo. Sapete dove e come trovarmi. Fatevi vivi.
Franco Zanetti
Giuni Russo vi ha tenuto un recital che si può riassumere solo con un aggettivo purtroppo abusato: straordinario. Bellini e Donizetti e Battiato, poesie sufi e melodie tradizionali giapponesi, canzoni popolari irachene, canti cinesi e quartine persiane, pagine di diario di Santa Teresa d'Avila: un repertorio al tempo stesso raffinatissimo e popolare, eseguito con ammirevole versatilità dal trio composto da Stefano Medioli, Corrado Medioli e Marco Remondini, ed interpretato da una delle voci più pregevoli della musica italiana. Due ore di incanto sonoro ed emozionale.
Ebbene, se non ho visto male, il solo giornalista di quotidiano o d'agenzia presente ero io. E badate che ieri sera a Milano non c'erano altri eventi concomitanti di maggiore attualità. Semplicemente, la stampa quotidiana ha ignorato l'appuntamento.
Certo, in platea ho incontrato alcune belle persone la cui presenza ha un significato importante: Nanni Ricordi, Monica Palla, Alice - donna e artista degna della più grande stima -, Luciano Tallarini, Matteo B. Bianchi, e qualcun altro che forse non conosco e che andrebbe ricordato. Ma dov'erano il Mario e il Marco e il Cesare, la Marinella e l'Enzo e il Gigio, dov'era la compagnia di giro dei “grandi” giornali? Forse a inseguire l'anteprima - bruciata dalla concorrenza dei mensili - del disco di Vasco, forse a preparare le valigie per il prossimo viaggio all'estero (organizzato e pagato da una casa discografica) durante il quale assistere - da privilegiati e non da appassionati - alla prima di qualche tour internazionale, forse a una cena “ristretta” con qualche campione delle classifiche.
Ma non c'erano nemmeno i loro vice, e non c'erano nemmeno i discografici e gli addetti ai lavori che abitualmente incontro in occasioni analoghe e che non mancano quasi mai nella “guest list”. E per questo mi sono vergognato. Perché a Giuni Russo noi che campiamo di musica dovremmo riservare attenzione e rispetto e ammirazione. Anche chi non la conosce bene, anche chi non le vuole bene, ieri sera ci sarebbe dovuto essere. C'erano, per fortuna, tanti entusiasti ammiratori, che l'hanno subissata di battimani e l'hanno ricoperta d'affetto e le hanno offerto fiori. E sono certo che Giuni Russo preferisce l'applauso sincero del pubblico al sorrisetto d'occasione del collega o del giornalista.
A Monica Passoni, seduta accanto a me, dicevo queste cose ieri sera. E lei - che è una persona che ha testa e ha cuore - se n'è uscita con una frase che mi ha fatto pensare: “Dovrebbero invitare lei al Pavarotti International”. E' vero. E' verissimo. Se c'è una voce che meriterebbe quel palcoscenico, se c'è un'interprete che non sfigurerebbe in un contesto internazionale (anche se un po' troppo attento alle mode e alla popolarità) come quello dell'evento di Modena, è proprio Giuni Russo.
Già: e come si fa? Giuni Russo attualmente non ha contratto discografico, anche se un professionista accorto come Bruno Tibaldi sta pensando di farle realizzare un disco dal vivo. E chi potrebbe telefonare a Nicoletta Mantovani, patronessa del Pavarotti International, per suggerirle di invitare Giuni Russo?
Lo farei io, se conoscessi la signorina e potessi ottenerne udienza. Le direi: c'è un brano perfetto, nel repertorio di Giuni - “Muero porque non muero” - da eseguire in duetto con Luciano Pavarotti. Ma la mia voce non conterebbe nulla.
Allora ho pensato: e se provassi comunque, a titolo personale, a lanciare l'idea attraverso Rockol? Chissà che qualcuno non la condivida, non la sottoscriva, non la appoggi. Gente del mestiere e gente comune, colleghi giornalisti e discografici, uffici stampa e manager: se si cominciasse a far circolare la proposta, se per una volta ci si dimenticasse dei propri banali interessi d'azienda e di testata e di bottega e si cercasse di fare tutti insieme una cosa buona e giusta?
Così la scrivo. Se qualcuno che mi legge ha voglia di fare qualcosa - una telefonata alla persona "che conta", una raccolta di firme, una catena di email - per aiutarmi almeno a provare a realizzare questo progetto, si faccia vivo. Credo che dobbiamo fare un tentativo. Sapete dove e come trovarmi. Fatevi vivi.
Franco Zanetti
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