
"Ya!" è un'esortazione a muoversi, a cambiare. Ma "Ya!" è anche un invito al compromesso, alla fine di ogni conflitto ed è soprattutto il titolo dell'ultimo album di Raiz, l'ex cantante degli Almamegretta arrivato ormai al suo terzo lavoro da solista. "Ya!", pubblicato lo scorso 10 maggio per Universal, è un disco che mescola diverse influenze culturali e linguistiche: c'è l'inglese di "Full of love", c'è l'ebraico di brani come "Yalda Sheli" e "Ki eshmera Shabbat". Ma ovviamente non poteva mancare il napoletano, la lingua d'origine di Raiz che fa capolino in "A’ rosa (‘e int’o ciardino mio)" - che in realtà è una cover di un vecchio motivo israeliano - e in "‘O filo d’erba e ‘o mare", poesia di Salvatore Palomba musicata in chiave dub. E poi c'è anche la titletrack "Ya!", scelta anche per la colonna sonora di "Tatanka", il film di Giuseppe Gagliardo da poco nelle sale tratto da un racconto di Roberto Saviano.
Per creare il giusto suono, in grado di restituire questa mescolanza tra musica mediterranea ed elettronica, Raiz si è rivolto a tre amici come Gigi Canu, Sergio Della Monica e Sandro Sommella dei Planet Funk, che lo hanno così aiutato a fondere antico e moderno.
"Ci voleva una firma della musica elettronica oltre al contribuito degli Agricanto, il gruppo di Bari che suona nel disco", racconta il musicista napoletano, "Avevo bisogno di produttori che sapessero darmi quel giusto suono da club ma che sapesse anche confrontarsi con la tradizione del Mediterraneo: i Planet Funk in questo sono stati perfetti". Il titolo stesso del disco inneggia a questa mescolanza, a questo meticciato. Ma cose significa "Ya!"? Raiz ce lo ha spiegato nel corso della nostra videointervista.
Questo album è per Raiz un nuovo passo verso quella che lui chiama la costruzione di un "Mediterraneo immaginario". "La convinvenza nel nostro mare sta alla base del futuro nel mondo: se si risolvesse per sempre il conflitto israelo-palestinese, se si creasse una pace giusta e durevole molti altri conflitti si fermerebbero", sostiene il cantante. Ma cosa può fare un artista di fronte a questi problemi? "Deve preparare il terreno, deve provare a immaginare e descrivere un mondo che si manifesterà in futuro", risponde Raiz, "Io ad esempio in `A’ rosa (‘e int’o ciardino mio)´ ho tradotto una canzone israeliana in napoletano, ma nelle liriche aveva già un sentimento partenopeo. Magari un domani la cultura di un Mediterraneo unito e senza confini si esprimerà con canzoni di questo genere, con un beat elettronico forte ma anche con una grande tradizione mescolata, meticcia".
Non possono mancare due parole su Napoli e sul suo "vecchio" gruppo, gli Almamegretta. Con i quali non è escluso che possano nascere nuovi progetti. "Napoli per me è un luogo dell'anima, una città che accoglie chiunque a prescindere dalla provenienza. Con gli Almamegretta, con i quali ho ancora in piedi l'etichetta Sanacore faremo qualche concerto insieme in un microfestival chiamato Sanacore Soundlab. Il set sarà diviso in due parti: la prima senza di me e la seconda con i vecchi pezzi fatti insieme. E può darsi che da questa esperienza nasca un disco nuovo, ma non è detto. Se sul palco si creerà la giusta alchimia proveremo a trasportarla in studio: non vogliamo fare una delle reunion tristi e forzate che vanno di moda ultimamente, vogliamo che sia qualcosa di spontaneo", conclude Raiz.