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25° Premio Tenco: Idir, un algerino a Parigi (e a Sanremo)

Tra i personaggi che passano quest’anno al Premio Tenco, l’algerino Idir è senza dubbio uno dei più carismatici: 51 anni, nato il Cabilia, cantante dal 1973 con solo due o tre concerti all’attivo in Algeria prima di emigrare a Parigi, Idir pone l’accento sul problema dell’integrazione e dell’identità nel suo più recente album pubblicato dalla Sony, “Identities”. “Sono algerino e cabilo, parte di una minoranza in Algeria, e in quanto algerino sono anche parte di una minoranza in Francia. Mi pongo il problema di riuscire a mantenere il legame con la mia identità, con il mio bagaglio umano e culturale, e al tempo stesso sentirmi a casa in ogni parte del mondo”. Nell’impresa cui si è dedicato con questo ultimo lavoro, Idir è stato aiutato da amici illustri, da Manu Chao alle Zap Mama all’Orchestre National de Barbès. “E’ un disco che mi ha proposto la mia casa discografica; è nato come un tributo ad Idir, è diventato un tributo ad Idir con me stesso ospite fisso in tutte le canzoni, che sono scritte da me”. Quattro album all’attivo in 51 anni di vita non sono tanti: “No, èvero, ma d’altronde non mi sono mai preoccupato di fare dischi tanto per fare qualcosa. Ho bisogno di cose da dire, prima, di parole da cantare, e aspetto che siano le canzoni a venire da me. E’ stato così anche questa volta”. Come procede l’impegno sociale con “Algerie, la vie”, l’organizzazione che hai fondato con Khaled e che si occupa di sostenere economicamente chi ha bisogno e vive in Algeria? “Bene, grazie. continuiamo a lavorare, a organizzare concerti, raccogliamo fondi da mandare in Algeria”. E’ da tanto che dovete tornate a suonare nella vostra patria, ma non sembra molto facile riuscirci...: “Hai ragione, la situazione in Algeria è molto difficile. Molti algerini quando mi incontrano mi chiedono quando tornerò a cantare a casa, per farli ballare. Ma io non posso dimenticare che in Algeria c’è molta gente che muore di fame, per cui non credo che la cosa potrà succedere presto, almeno non prima che le cose si risolvano. Per me non ha senso portare musica in un paese che ha bisogno di altre cose, ben più urgenti”.

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