
Il “Corriere della Sera” di oggi, lunedì 5 ottobre, concede un’intera pagina ad Adriano Celentano, per una lettera aperta a Lucio Battisti. Si tratta di una lunga rievocazione dell’ultima visita di Battisti a casa Celentano, nel 1994. Dopo un preambolo dedicato al giardiniere, avvertito dell’arrivo di Lucio («Quando arrivano i forti, bisogna tagliare l’erba due volte. E di forti in tutt’Europa, siamo rimasti solo in tre»), Celentano parla del primo incontro, combinato da Mogol.
(«Non mi piacevi tanto. Forse perché Mogol ti esaltava. Diceva che avevate fatto una canzone per me da un milione di copie. La canzone era “Per una lira”, e francamente non mi piaceva. Ma adesso, per dire circa quattro anni fa, era diverso. Tu, io, Grazia, tuo figlio e Claudia ci sedemmo attorno a un tavolo. I nostri discorsi durarono dalle 11 del mattino fino alle 2 di notte. Tante sono le cose che abbiamo detto. Ma spesso le parole, anche se erano solo dei frammenti, cadevano su un personaggio di cui non si poteva non fare il nome: Mogol.» (...) «“Se è vero” - mi dicesti - “che le vendite dei miei dischi sono calate dopo la nostra separazione, è altrettanto vero che lui da quel giorno ha smesso di brillare”».
«“Io dico che dovremmo vederci di più” - mi dicesti - “per fare qualcosa insieme. Non necessariamente per il pubblico, ma per divertirci noi”».
«“Sono d’accordo. L’unico rischio è che se ci divertiamo troppo poi facciamo anche successo”. Cominciammo a ridere e scherzare. Ma forse avevo sottovalutato il tuo stato d’animo. Tre giorni dopo telefonasti dicendomi che se volevo saresti venuto volentieri a Galbiate a fare un quattro chiacchiere. Quel giorno avevo un appuntamento a Milano e per una serie di sfortunate coincidenze dimenticai di richiamarti come avevo promesso. Il giorno dopo telefonai a casa tua ma non rispose nessuno. Poi un giorno telefonai a Mina dicendole che mi era venuta un’idea storica. “Un disco veramente rotondo... tu, io e Battisti. Ho pensato anche al titolo: “H2O”. Naturalmente tu saresti l’Acca”.
“E’ una formula perfetta” - disse lei - “Se riesce avremo da bere per parecchi mesi. Quando si comincia?”
“Telefono a Battisti e veniamo a casa tua”. Da quel momento ho cominciato a cercarti quasi ovunque. Ma tu eri sparito, neanche la Sony sapeva dov’eri. Finalmente dopo 20 giorni riesco a parlarti, e al telefono mi resi conto che quel giorno a Galbiate l’avevo fatta grossa. Il tono della tua voce era freddo. Per quanto forte e divertente fosse l’idea di fare un disco in tre, non era abbastanza per colmare l’amarezza che ti avevo procurato. Più parlavo e più mi rendevo conto di non essere credibile: le mie scuse risultavano mischiate a una richiesta di lavoro e quindi non del tutto disinteressate. “L’idea è bella” - mi dicesti - “ma ci devo pensare”.
“Capisco. Comunque io non ti telefonerò più. Qualora tu decida di dare il via a questo progetto, che mi sembra importante come regalo ai tuoi fans, sappi che io e Mina siamo pronti”.
(«Non mi piacevi tanto. Forse perché Mogol ti esaltava. Diceva che avevate fatto una canzone per me da un milione di copie. La canzone era “Per una lira”, e francamente non mi piaceva. Ma adesso, per dire circa quattro anni fa, era diverso. Tu, io, Grazia, tuo figlio e Claudia ci sedemmo attorno a un tavolo. I nostri discorsi durarono dalle 11 del mattino fino alle 2 di notte. Tante sono le cose che abbiamo detto. Ma spesso le parole, anche se erano solo dei frammenti, cadevano su un personaggio di cui non si poteva non fare il nome: Mogol.» (...) «“Se è vero” - mi dicesti - “che le vendite dei miei dischi sono calate dopo la nostra separazione, è altrettanto vero che lui da quel giorno ha smesso di brillare”».
«“Io dico che dovremmo vederci di più” - mi dicesti - “per fare qualcosa insieme. Non necessariamente per il pubblico, ma per divertirci noi”».
«“Sono d’accordo. L’unico rischio è che se ci divertiamo troppo poi facciamo anche successo”. Cominciammo a ridere e scherzare. Ma forse avevo sottovalutato il tuo stato d’animo. Tre giorni dopo telefonasti dicendomi che se volevo saresti venuto volentieri a Galbiate a fare un quattro chiacchiere. Quel giorno avevo un appuntamento a Milano e per una serie di sfortunate coincidenze dimenticai di richiamarti come avevo promesso. Il giorno dopo telefonai a casa tua ma non rispose nessuno. Poi un giorno telefonai a Mina dicendole che mi era venuta un’idea storica. “Un disco veramente rotondo... tu, io e Battisti. Ho pensato anche al titolo: “H2O”. Naturalmente tu saresti l’Acca”.
“E’ una formula perfetta” - disse lei - “Se riesce avremo da bere per parecchi mesi. Quando si comincia?”
“Telefono a Battisti e veniamo a casa tua”. Da quel momento ho cominciato a cercarti quasi ovunque. Ma tu eri sparito, neanche la Sony sapeva dov’eri. Finalmente dopo 20 giorni riesco a parlarti, e al telefono mi resi conto che quel giorno a Galbiate l’avevo fatta grossa. Il tono della tua voce era freddo. Per quanto forte e divertente fosse l’idea di fare un disco in tre, non era abbastanza per colmare l’amarezza che ti avevo procurato. Più parlavo e più mi rendevo conto di non essere credibile: le mie scuse risultavano mischiate a una richiesta di lavoro e quindi non del tutto disinteressate. “L’idea è bella” - mi dicesti - “ma ci devo pensare”.
“Capisco. Comunque io non ti telefonerò più. Qualora tu decida di dare il via a questo progetto, che mi sembra importante come regalo ai tuoi fans, sappi che io e Mina siamo pronti”.
Ma non c’era più spazio per una telefonata, l’orgoglio ormai, non solo tuo ma anche mio, aveva occupato tutti gli spazi possibili della “comprensione”. Forte del fatto che dovevi essere tu a darmi una risposta, io non ti telefonai più».
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