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‘Repubblica’ intervista Renato Zero

‘Repubblica’ intervista Renato Zero
In occasione del tutto esaurito di ieri allo Stadio Olimpico di Roma, Giuseppe Videtti ha incontrato per "Repubblica" Renato Zero:
"Un quarto di secolo fa il mondo della cultura lo ignorava. Le sue canzoni entravano dalla porta di servizio nelle case dalle monumentali librerie. Forse solo Pasolini ne avrà canticchiata qualcuna... pochi giorni dopo che al Pavarotti & friends Zero ha cantato Il cielo col tenore più famoso del mondo. Che è successo, la canzone ha stipulato con l'arte un trattato di non belligeranza?

"Il tempo aiuta i mestieranti".
Gli artisti, vorrà dire.
"Gli uomini tutti. Li segna con le rughe, li affloscia con le smagliature, ma li consola anche con un grande dono, avvicinandoli ogni giorno di più alla verità. Evidentemente non era impossibile che diverse discipline artistiche s'incontrassero. Ma non è vero che la cosa è così nuova. L'avanspettacolo, ad esempio, faceva incontrare generi diversi d'intrattenimento, ma quella scuola è stata dimenticata".
(...) Il progetto Fonopoli riuscirà ad abbattere le barriere?
"Voglio dimostrare che Fonopoli è un modo efficace di far vivere armoniosamente un'orchestra sinfonica e un gruppo rock. Proprio perché so che hanno esigenze diverse. La Fracci ha bisogno di un parquet di pino marino per danzare sulle punte e deve esserle garantito. Come alla gente comune deve essere agevolato l'accesso a un'opera di Puccini o a un monologo di Gassman".
Riuscirà a dare un corpo a questo sogno e a mettere in piedi una città della musica?

"Paul McCartney, che sta lavorando a un progetto simile a Liverpool, ci ha cercato per creare delle sinergie. Come anche Strasburgo e un parlamentare irlandese. Questo vuol dire che l'Europa viaggia in questa direzione".
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