Rockol30

L'ex-cantante dei Soundgarden racconta il suo album...

Con il senno di poi, l’album di Chris Cornell non sembra essere stato accolto con grande passione dai media: le aspettative erano alte, è vero, ma la delusione affiora dai resoconti e dalle recensioni di svariati periodici specializzati. L’arrivo in Italia di Cornell dovrebbe permettere all’artista di Seattle di presentare al meglio le atmosfere intimiste e intricate del suo album solista, che lo stesso Cornell aveva presentato a Milano qualche settimana fa, nel corso di una conferenza stampa che vi riproponiamo quasi per intero…
Avresti fatto comunque un album come solista se non si fossero sciolti i Soundgarden?
Probabilmente sì, ad un certo punto della vicenda, anche se non sarebbe certo stato come questo. Forse sarebbe stato un disco più semplice, fatto di demos, di cover, di versioni acustiche, perché non avrei voluto passare troppo tempo lontano dal gruppo.

Qual è stata la cosa più difficile da fare per questo disco, ora che sei senza Soundgarden?
…uhm…probabilmente fare le foto per la copertina del disco!

Quindi le cose funzionavano bene…!
Sì, in realtà sì…è una cosa molto diversa lavorare da soli o in gruppo. Da solo hai molta più libertà e poi questa musica mi rappresenta molto, scrivere per un gruppo significa calarsi in altre atmosfere.

Perché i Soundgarden hanno deciso di sciogliersi?
Credo che sia una cosa che ha a che fare con il passare del tempo. Fare quello che abbiamo fatto per tutti questi anni ci ha portato ad essere semplicemente stanchi. Dischi, concerti, promozione, scrittura di nuove canzoni, e poi di nuovo dischi, concerti… alla fine inizi a pensare quando tutto questo finirà, e l’unica cosa che puoi fare è fermarti. Nessuno di noi aveva più voglia di andare avanti, a un certo punto. E così la cosa più naturale è stata sciogliersi.

Il disco è prevalentemente fatto di ballate: è una tua scelta personale o quel tipo di canzoni ti viene con più facilità?
Veramente non saprei, anche perché questo disco sembra un album di ballad ma è suonato con molti strumenti, così come sembra un album all’antica e invece è registrato tutto in digitale. Posso soltanto dire che mi sono trovato molto bene a lavorare così perché puoi dare sfogo alla tua fantasia e lavorare per come ti viene. Avevo già lavorato così in occasione della colonna sonora di “Great expectations”, per cui non ho avuto problemi.

Perché a questo punto non hai usato l’elettronica e i computer?
In realtà ci sono diversi campionamenti e anche diverse tastiere, solo che non saprei dirti dove… mi sembra una combinazione interessante di musica rock e sperimentazione elettronica, una cosa che avevo sempre voluto fare. Per il resto non è certo il mio sogno quello di fare un disco solo di tastiere.

Cosa puoi dire del brano “Wave goodbye”, dedicato a Jeff Buckley?
E’ una canzone dedicata a lui, ma non parla di lui. Il testo parla del vuoto provocato dalla perdita di una persona cara, soprattutto quando è così giovane. Non parla di nessuno in particolare. Musicalmente è nata da una richiesta ben precisa di sua madre, che per il servizio funebre mi ha chiamato chiedendomi di fare qualcosa di gioioso o quantomeno di positivo. Così è nata questa canzone, un po’ in contrasto con la tristezza del momento. E “Sweet euphoria”?
In realtà “Sweet euphoria” viene da un verso di un’altra canzone, che si intitola “Follow my way”. Il concetto è quello di esplorare questo sentimento di felicità e al tempo stesso di debolezza, perché in quei momenti di estasi si cerca di sfuggire da qualcosa. Mi sembra il tema comune di tutti i brani del disco, oltre al fatto che molte canzoni sono nate al mattino presto, che per me è il momento migliore per scrivere. Appena sveglio mi sento pieno di voglia di fare…

Cosa hai provato quando Johnny Cash ha pubblicato una sua versione di “Rusty cage” dei Soundgarden?
Sono stato molto contento e, ascoltandola, mi sono reso conto che il testo di quella canzone era bellissimo. E’ stato come ascoltarla per la prima volta, forse perché nella versione dei Soundgarden le parole erano praticamente coperte dal suono! Spesso queste cose succedono in un gruppo, dove ognuno vuole comunque ottenere il massimo da quello che fa, mentre quando fai un album come solista ti muovi su un piano molto più personale.

Su questo album hai lavorato molto di più sulla voce, mentre sul versante delle composizioni sembri molto vicino al materiale dei Temple Of The Dog più che a quello dei Soundgarden…
Di sicuro ho approcciato i brani in maniera diversa, perché quando facevo parte dei Soundgarden la mia voce era uno degli strumenti della band. Ho cercato di esplorarne le potenzialità sia con i Soundgarden che con i Temple Of The Dog, approfittandone per muovermi verso differenti stili musicali.

Cosa ti ha fatto più paura e cosa ti ha emozionato di più di questo lavoro solista?
Niente che mi faccia paura…soltanto la solita domanda che ho sempre avuto da quando scrivo canzoni: ogni tanto ti fermi e ti chiedi se quello che stai facendo non sia soltanto merda! Tutto qui! Quindi alterni dei momenti di grande euforia a momenti di profonda depressione, quando pensi che tutto quello che hai fatto non valga nulla. Bisognerebbe distaccarsi sempre un po’ da quello che si fa…per quanto riguarda l’emozione, arriva, ed è fortissima, tutte le volte in cui ti sembra di aver creato qualcosa di unico, di speciale.

Come hai scelto i produttori dell’album, Alain Johannes e Natasha Schneider?
Avevo già lavorato con loro nella colonna sonora di “Great Expectations”, ma in realtà si è trattato di una serie di coincidenze. All’inizio dovevano soltanto aiutarmi a sviluppare i provini, che poi sarebbero stati messi in mano ad un altro produttore: erano canzoni molto semplici, ma a poco a poco sono diventate sempre più complesse grazie ai loro arrangiamenti e così alla fine non c’era bisogno di aggiungere altro…

Qualcuno dei Soundgarden ha ascoltato l’album e cosa ne pensano?
Matt l’ha ascoltato e mi ha detto che gli è piaciuto, Ben ha ascoltato l’album ma non so se gli è piaciuto. Per quanto riguarda Kim, non so che fine abbia fatto…

Il tuo cambio di look coincide con un cambiamento musicale: in entrambi i casi ti sei spostato da territori più duri a zone più raffinate…è un caso?
Mi ci fai pensare per la prima volta…oh Cristo! Non lo so, ma che razza di domande fai? Comunque ai tempi di “Superunknown” eravamo duri ma non avevo capelli! Comunque forse hai ragione, non ci avevo pensato...

Come saranno i tuoi concerti da solista?
Saranno in piccoli posti, club e teatri, perché queste canzoni hanno bisogno di atmosfera. In realtà penso che nessuna musica funzioni in uno stadio da baseball, a meno che il gruppo che ci suona non crei un’atmosfera da festa collettiva. Ma a quel punto la musica è soltanto uno degli elementi, insieme all’alcol, alle droghe, all’esaltazione collettiva. Io non sono mai stato troppo bravo a creare questa atmosfera da grande festa…

Ti ricordi il primo disco che hai comprato?
Credo di averlo rubato…forse era un singolo dei Beatles, quando avevo 6 o 7 anni. Mi ricordo comunque che i miei primi ascolti erano influenzati dalla musica progressive, con bands come gli Yes e Emerson, Lake & Palmer. Tutta roba di cui adesso mi vergogno molto…

Cosa pensi di concerti come i remake di Woodstock? Ci suoneresti?
No. Mi sembrano veramente iniziative fuori dal tempo. ci andrei se ci fossero ancora Jimi Hendrix o Janis Joplin, non adesso che sono soltanto occasioni di fare soldi rispolverando un marchio e dei valori che non esistono più. A quei tempi il feeling era sincero, rispecchiava un mondo e una generazione che scopriva nuovi modi di stare insieme. Parlare adesso di pace & amore non significa niente, anzi, a questi festival capita di mettere insieme tribù musicali che spesso hanno gusti e idee contrapposte, con il risultato che a volte diventano anche situazioni pericolose.

Farai cover nei tuoi concerti dal vivo?
Penso di no. Farò tutte le canzoni dell’album, più altri brani che ho scritto in precedenza. Se i saranno brani dei Soundgarden o dei Temple Of The Dog saranno poco conosciuti, oppure arrangiati in maniera molto diversa dagli originali. Stenterete a riconoscerli…

Altre interviste

Joe Strummer - Domanda: Quando si riformeranno i Clash? Risposta: Mai! (29/09/1999)

Stereolab - Parigi? No, grazie, meglio Londra. Là la gente è troppo stronza... (25/09/1999)

Ben Harper - Dietro le quinte del nuovo album, "Burn to shine"... (22/09/1999)

Ice-T - L'opinione di Ice: shit always happens! (19/09/1999)

Jarabedepalo - L'hit del momento: ecco il gruppo de "La flaca"! (16/09/1999)

© 2025 Riproduzione riservata. Rockol.com S.r.l.
Policy uso immagini

Rockol

  • Utilizza solo immagini e fotografie rese disponibili a fini promozionali (“for press use”) da case discografiche, agenti di artisti e uffici stampa.
  • Usa le immagini per finalità di critica ed esercizio del diritto di cronaca, in modalità degradata conforme alle prescrizioni della legge sul diritto d'autore, utilizzate ad esclusivo corredo dei propri contenuti informativi.
  • Accetta solo fotografie non esclusive, destinate a utilizzo su testate e, in generale, quelle libere da diritti.
  • Pubblica immagini fotografiche dal vivo concesse in utilizzo da fotografi dei quali viene riportato il copyright.
  • È disponibile a corrispondere all'avente diritto un equo compenso in caso di pubblicazione di fotografie il cui autore sia, all'atto della pubblicazione, ignoto.

Segnalazioni

Vogliate segnalarci immediatamente la eventuali presenza di immagini non rientranti nelle fattispecie di cui sopra, per una nostra rapida valutazione e, ove confermato l’improprio utilizzo, per una immediata rimozione.