Biografia

I Traffic nascono nell’aprile del 1967 quando Steve Winwood, già enfant prodige e vocalist di squillante timbrica soul nello Spencer Davis Group, decide di lasciare una delle band simbolo dell’r&b revival per creare un nuovo gruppo di orientamento più “progressivo” e in linea con le nuove tendenze. Lo raggiungono il fiatista Chris Wood (già nei Locomotive), il chitarrista/autore Dave Mason e il percussionista e cantante Jim Capaldi, entrambi ex membri degli Hellions e dei Revolution conosciuti durante le sedute di registrazione del singolo dello SDG “I’m a man”. Le prime prove del quartetto hanno luogo al club Elbow Room di Aston (Birmingham), ma poco dopo il manager e titolare della Island Chris Blackwell convince i musicisti a trasferirsi in un cottage di campagna nel Berkshire per concentrarsi sul lavoro creativo. I primi frutti di quel volontario isolamento ottengono il successo sperato ma provocano già le prime tensioni interpersonali: Mason, autore dei singoli “Paper sun” e “Hole in my shoe”, rispettivamente n. 5 e n. 2 nelle classifiche inglesi, propende per sonorità pop psichedeliche di impronta commerciale; gli altri tre, per contro, desiderano avventurarsi su territori più ambiziosi e sperimentali. La dicotomia emerge con forza nel primo album, MR. FANTASY, colorato manifesto musicale che include splendide ballate come “No face no name no number” e il tour de force di “Dear mr. Fantasy”, da lì in avanti destinato a diventare il brano simbolo della band. I conflitti interni portano a un primo allontanamento di Mason, che tuttavia rientra nei ranghi per le registrazioni di TRAFFIC, il secondo album uscito nel 1968: aperto a poliedriche influenze a tutto campo, com’è nelle intenzioni programmatiche del gruppo e di Winwood in particolare, il disco annovera altri classici firmati dal leader (“Pearly queen”, “No time to live”) e da Mason (“Feelin’ alright”), che tuttavia abbandona nuovamente nell’ottobre di quell’anno. Dopo un primo tour negli Stati Uniti, anche Winwood annuncia la sua decisione di lasciare il gruppo per unirsi ai Blind Faith, supergruppo che lo vede al fianco degli ex Cream Eric Clapton e Ginger Baker e del bassista Ric Grech, già nei Family. Mentre la Island fa uscire LAST EXIT, compilazione di singoli, scarti di studio e brani dal vivo, i Traffic non esistono più: ma una volta terminata la meteorica esperienza dei Blind Faith ed esaurita anche la militanza temporanea (accanto a Wood) negli Airforce di Baker, Winwood viene convinto da Blackwell a sfruttare le sue qualità di polistrumentista per registrare un disco in solitaria, che prende il titolo provvisorio di “Mad shadows”. Il progetto, complice la scarsa sintonia con il produttore designato Guy Stevens, si incaglia fino a quando Winwood non richiama accanto a sé Wood e Capaldi, che lo aiutano a confezionare JOHN BARLEYCORN MUST DIE (1970): il disco che apre ai ricostituiti Traffic le porte del mercato americano e che viene salutato come il loro capolavoro, scoppiettante fusion musicale e sintesi perfetta tra sonorità jazz, soul, prog, etniche e folk (la title track è la rielaborazione acustica di un brano tradizionale inglese risalente al XVII secolo). Il successivo tour americano viene rinforzato dalla presenza di Grech, e i concerti del 18 e 19 novembre al Fillmore East di New York vengono registrati in vista di un album dal vivo che non vedrà mai la luce (fino alla pubblicazione parziale, nel 2011, nel “bonus disc” che arricchisce la deluxe edition di JOYHN BARLEYCORN), rimpiazzato da un altro live, WELCOME TO THE CANTEEN, che documenta nel ’71 la nuova formazione a sei (oltre a Mason, tornato un’altra volta all’ovile, ci sono il percussionista africano Reebop Kwaka Baah e il batterista Jim Gordon, già con Derek and the Dominos accanto a Clapton). Lo stesso anno l’album di studio THE LOW SPARK OF HIGH-HEELED BOYS conferma un gruppo ancora in stato di grazia e capace di espandere ulteriormente (soprattutto nella ipnotica title track) le sue esplorazioni sonore. Un altro capitolo si chiude con SHOOT OUT AT THE FANTASY FACTORY (1972) e con il live ON THE ROAD dell’anno successivo; nel 1974, per il sottovalutato WHEN THE EAGLES FLIES, i Traffic sono di nuovo in quattro, con il bassista giamaicano Rosko Gee a dare man forte all’asse Winwood-Capaldi-Wood. Sarà il testamento della band, mentre Winwood e Capaldi si lanciano nelle rispettive carriere soliste (la prima molto più fortunata della seconda) e Wood sparisce progressivamente di scena fino alla prematura morte, nel 1983, per complicazioni legate a una polmonite. Nel 1994 Winwood e Capaldi resuscitano il glorosio marchio, per un discreto disco (FAR FROM HOME) e una esaltante tournée in formazione allargata documentata anni dopo da un dvd (THE LAST GREAT TRAFFIC JAM) che testimonia il grande affetto del pubblico americano (a San Francisco, per “Dear mr. Fantasy”, sale sul palco anche Jerry Garcia dei Grateful Dead). Dopo quella esperienza, i due vecchi amici riprendono la propria strada, e Capaldi, nei primi mesi del ’98, va in tour con Mason: la sua morte nel gennaio del 2005 pone fine per sempre alla saga dei Traffic. Wnwood, Pete Townshend, Cat Stevens, Gary Moore, Paul Weller e molti altri musicisti gli renderanno omaggio nel gennaio del 2007 con un concerto alla Roundhouse di Londra documentato da un doppio cd/dvd intitolato “Dear mr. Fantasy”. (06 dic 2017)