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«JEFF BUCKLEY - ASPETTO NEL FUOCO - Chiara Papaccio» la recensione di Rockol

Chiara Papaccio - JEFF BUCKLEY - ASPETTO NEL FUOCO - la recensione

Recensione del 24 nov 1999

Giunti editore, £ 24mila

La recensione

Una vita che scorre d’un fiato. Poche esibizioni celebrate, un fugace ricordo anche tra gli appunti di quanti lo videro esibirsi – soltanto tre volte – in Italia. La ricostruzione di un’infanzia difficile, di un volo spiccato finalmente quando non era più possibile nascondersi da se stesso, uno stato di Grazia durato troppo poco – il tempo di un album, di esibizioni tramandate a voce in un misto di leggenda, sogno e realtà – una sensibilità profonda spesso ferita, e curata dai solchi di canzoni alate. C’è poco su questo libro del Jeff Buckley allegro e compagnone che molti raccontano, c’è più del ragazzo indifeso, figlio orgoglioso e riluttante di un cognome e di un padre più grandi di lui. Vittima predestinata di quello che visto oggi sembra un incantesimo assurdo, lo stesso che aveva portato via già suo padre. Nel libro di Chiara Papaccio, però, c’è lo spazio per accostarsi a Buckley in un modo anonimo e personale, lontano dalle celebrazioni, dalle ricorrenze e dalle scomode definizioni. C’è spazio per il silenzio e per lasciarsi pilotare dalle parole del libro verso una musica che sembra fuori dal tempo. “Grace” cristallizza una vita, una carriera, un momento eterno: non è un caso che il disco successivo – uscito già postumo - si parli molto meno. Eppure è quello che Jeff forse sentiva ancora più suo. Equivoci inconsapevoli, potere maledetto dell’arte. “Aspetto nel fuoco” racconta l’anima di Buckley vista da fuori, nel viatico infinito del suo essere errante, con la voglia continua di ripartire da zero, di sondare se stesso e le sue canzoni in concerti in cui si esibiva sotto falso nome. C’è buona parte del suo mondo, raccontato tra le pieghe di questo libro, ed è un mondo che darebbe la voglia di calarsi in quel mistero anche a chi, fino a oggi, non avesse avuto modo di conoscerlo. E di conoscere la sua anima musicale, “una pura goccia di suono”, per usare le parole di Bono poste a chiusura del libro, “in un oceano di rumore”.

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