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«IL SENSO PER LA PAROLA DI SERGE GAINSBOURG - Marco Ongaro» la recensione di Rockol

Marco Ongaro - IL SENSO PER LA PAROLA DI SERGE GAINSBOURG - la recensione

Recensione del 14 feb 2022 a cura di Franco Zanetti

Caissa, 192 pagine, euro 19,50

Voto 9/10

La recensione

Leggo (correntemente) e traduco (abbastanza agevolmente) la lingua francese, ma non la comprendo facilmente se parlata. E' una lingua che mi piace, e della quale apprezzo la versatilità e la ricchezza espressiva. Forse anche per questo motivo ho trovato molto interessante questo libro di Marco Ongaro, veronese, cantautore (Targa Tenco nel 1987 per la miglior opera prima), autore, saggista, poeta e librettista d'opera, talento eclettico.
Di libri dedicati a Serge Gainsbourg ce ne sono parecchi, anche di autore italiano, e di alcuni ho già scritto, ma questo è... diverso. E non posso dire "migliore", perché ai precedenti questo non è paragonabile per l'originalità del contenuto. Nelle sue dense pagine, l'autore - pur non trascurando di riassumere la biografia del musicista francese, né di trattare i contenuti musicali della sua produzione - si concentra soprattutto sulle parole delle sue canzoni; e mi fa conoscere un aspetto che non avevo mai prima preso in considerazione, non essendone in grado, né avevo trovato sottolineato nella precedente bibliografia. 

Gainsbourg è stato un autentico giocoliere della parola; l'ha usata e piegata alle proprie esigenze, contorcendola e distorcendola, sfruttando le assonanze, la polisemia della pronuncia, e mescolandola spesso con altre lingue (in particolare l'inglese), vuoi per ragioni fonetiche vuoi, principalmente, per sfruttarne la potenzialità espressiva. E' davvero sorprendente la disinvoltura con cui Gainsbourg manipolava la parole; ed è altrettanto sorprendente la competenza con cui Ongaro ce lo racconta, facendoci scoprire una faccia assai meno nota del cantautore/pittore/attore/regista parigino. 
L'analisi è precisa e minuziosa, abbonda di esempi e di spiegazioni, e risulta comprensibile anche al profano; certo non è una lettura da prendere sottogamba, ma non si corre il rischio della noia. E si imparano cose nuove: ad esempio, che la tecnica della divisione di una parola alla fine della riga di un testo di canzone, con funzioni metriche e di rima, si definisce tecnicamente "tmesi": chissà se lo sa Max Pezzali, che di questa tecnica fa ampio uso. 
 

Franco Zanetti 

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