Secondo album firmato Il Fieno, al secolo Gabriele Bosetti, Gianluca Villa, Alessandro Viganò e Paolo Soffientini; nove pezzi tra dream pop, wave e indie.
Ci siamo approcciati alla scrittura del disco con l’obiettivo di dare totale priorità al suono, consapevoli che la ricerca della forma canzone sarebbe comunque venuta fuori strada facendo, e così è stato. Sono cambiate tante cose nelle nostre vite in questi ultimi tre anni, nel bene e nel male, e credo che l’indefinitezza che aleggia spesso in “Riverberi” a livello strutturale, sonoro e testuale ne sia la diretta conseguenza.
Loro sono Gabriele Bosetti, Gianluca Villa, Alessandro Viganò e Paolo Soffientini, al secolo Il Fieno, band indie pop nata nel 2011 tra Milano e Varese.
“Riverberi” è il loro secondo lavoro in studio, in uscita a tre anni (quelli cui si fa riferimento qui sopra, in cui le vite dei membri del gruppo sono cambiate) da “I vivi”, disco che ai tempi ottenne un buon successo, trovando la candidatura al Tenco come Miglior Opera Prima e vincendo il premio MEI Superstage al MEI di Faenza. Sul piatto nove pezzi tra indie e dream pop, con un’occhio allo shoegaze di marca Jesus and Mary Chains e al dark pop dei Cure, vedi “Due ragazzi immaginari”, pezzo che cita Smith nel titolo e nel mood e gli scozzesi di “Just like honey” nella melodia e negli arrangiamenti. Una chiave di lettura che possiamo tranquillamente ampliare a tutto il disco, ottimo esempio di pop disilluso, cantautorale (i testi sono interamente ad opera di Bosetti), dalle sfumature dark, sintetiche e wave, ben prodotto e assemblato da Lele Battista. Anticipato dal primo singolo e opening track “Everest”, “Riverberi” è descritto dalla band come….
… un caos ragionato: è la messa in musica della consapevolezza che tutto va a rotoli senza un motivo particolare. A volte dalle macerie nasce qualcosa di buono, altre volte non nasce nulla. “Riverberi” vive di estremi, e rispecchia entrambe le cose. Ne siamo orgogliosi.
Un buon lavoro che lancia Il Fieno in una nuova fase creativa della propria esistenza, certificando l’acquisizione di un nuovo equilibrio tra pop e ricerca (entrambi dosati nella giusta misura, mai troppo dell’uno o dell’altro) che da qui in poi potrà tranquillamente diventare cifra stilistica. Un sound di certo non rivoluzionario ma che, alla luce dei fatti, effettivamente funziona: oltre alle già citate “Due ragazzi immaginari” ed “Everest”, “Galassie” e “Lotus” sono gli altri ascolti consigliati.
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